Notizie sparse e in salsa agrodolce dalla PA: ce n’è per tutti i gusti!
Una attenta lettura dei giornali dei giorni scorsi “regala” una serie di spunti particolarmente interessanti riferiti alla nostra pubblica amministrazione, davvero buoni per tutti i gusti: un modo per restare “freschi” e sulle notizie, in un periodo caldo, in tutti i sensi. Vediamone alcuni, in grado di “accontentare” “palati” diversi: si va dal tranquillo deja vù in terra siciliana prima di virare su qualcosa assolutamente portatore di arrabbiatura tout court, per arrivare anche alla nota di (quasi) buonumore. E per finire, un “invito alla lettura” per l’estate: da casa, in albergo o sotto l’ombrellone (in questi ultimi due casi: per i pochi – come dicono le statistiche- che quest’anno ci andranno).
10 Luglio 2012
Tiziano Marelli
Una attenta lettura dei giornali dei giorni scorsi “regala” una serie di spunti particolarmente interessanti riferiti alla nostra pubblica amministrazione, davvero buoni per tutti i gusti: un modo per restare “freschi” e sulle notizie, in un periodo caldo, in tutti i sensi. Vediamone alcuni, in grado di “accontentare” “palati” diversi: si va dal tranquillo deja vù in terra siciliana prima di virare su qualcosa assolutamente portatore di arrabbiatura tout court, per arrivare anche alla nota di (quasi) buonumore. E per finire, un “invito alla lettura” per l’estate: da casa, in albergo o sotto l’ombrellone (in questi ultimi due casi: per i pochi – come dicono le statistiche- che quest’anno ci andranno).
La Regione Siciliana sempre sugli scudi
Proprio nelle ore che precedono la sentenza riguardante il nostro ultimo corsivo (mi raccomando: non fate diminuire il flusso positivo d’energia richiesto!) la Regione Sicilia non intende assolutamente recedere dal suo ruolo di protagonista delle barzellette, in una speciale e immaginaria classifica del settore: se mai ci fosse qualcuno deputato a compilarla son certo che le istituzioni della nostra isola maggiore si piazzerebbe al top. Per quanto mi riguarda, ad esempio, da tempo ha staccato nettamente il pluricitato nelle storielle Pierino, con l’unica differenza che l’eroe di tutti i lazzi ilari di un tempo era personaggio del tutto inventato, mentre quello che riescono a combinare gli amministratori siciliani è sempre e assolutamente vero.
Se protagonista nella nomina di Felice Crosta – come abbiamo già scritto solo una settimana fa – era stato l’ex-governatore Cuffaro, per non farsi mancare niente e a pochi giorni dallo scioglimento della sua assemblea, Raffaele Lombardo si sta producendo in una serie di nomine a raffica che lo impegnano in un tour de force encomiabile, affrontato giusto per lasciare un po’ di gatte da pelare in più a chi lo seguirà. In questo indefesso suo operare, però, si è lasciato prendere un po’ la mano, letteralmente, nel firmare anche la nomina di tale Eugenio Trafficante (!) a presidente del collegio sindacale della “Sicilia-e-servizi”, partecipata regionale fra l’altro (ma questo non dev’essere stato elemento già di per sé decisivo nel soprassedere all’atto) in via di smantellamento. L’unico problema è che il signor Trafficante da qualche giorno era già ospite delle patrie galere, denunciato per l’ennesima volta e quindi assicurato al carcere di Sciacca per le molestie arrecate ad una signora della sua città, Agrigento.
Rendendo poco onore al suo cognome e nonostante i ripetuti ammonimenti dei carabinieri, infatti, il nostro prode… trafficava per non lasciare in pace la malcapitata e quindi, insistendo vieppiù nella sua opera di molestia continuata, non poteva finire – per lui – diversamente che così. Ma non finisce, invece la nostra barzelletta: infatti, se Lombardo era evidentemente stato mal consigliato sull’uomo senza approfondire direttamente la conoscenza sulle sue “doti”, ne doveva sapere senz’altro di più il commissario (liquidatore, fra l’altro) della società in questione, che però si è difeso, giuro, in questo modo: “Qualcuno avrebbe dovuto comunicarci in tempo utile che il professionista designato era stato colpito da un provvedimento restrittivo!”. Avete letto bene: chi ha messo in condizioni Trafficante di non nuocere più al gentil sesso doveva anche contemporaneamente avvisare chi lo doveva nominare ai vertici di “Sicilia-e-servizi” . Della serie: “E che diamine, cosa ci vuole a comportarsi con un po’ di buona creanza e collaborazione?”.
Vitaccia da portantino speciale
Un’abitudine ormai antica mi porta spesso a leggere con attenzione le lettere che vengono inviate ai quotidiani, quindi non me ne è sfuggita una comparsa su Repubblica qualche giorno fa. Eccola, parola per parola, inviata e firmata da un lettore romano: “Mio figlio di 19 mesi ha eseguito un esame del sangue al Policlinico Umberto I. Dopo molti giorni non ho ancora i risultati, necessari per sostenere una visita a pagamento nello stesso ospedale, non perché non siano pronti, ma perché il portantino incaricato di trasportarli dal laboratorio allo sportello di consegna al pubblico è andato in ferie. L’addetto allo sportello mi ha così informato che nessuno, a parte il portantino, è autorizzato a trasportare questi fogli da un ufficio all’altro, che nella mia condizione ci sono altre decine di persone, e che – testuale – il servizio funziona così da 35 anni, quindi nessuno può farci niente. Non vorrei nemmeno perdere tempo scrivendo di quanto questa situazione sia ridicola in tempi di digitalizzazione dei dati, ma penso alla bizantina elefantiasi di un servizio pubblico così importante, penso al mio contratto a progetto rinnovato di sei mesi in sei mesi e comincio a chiedermi se ancora troverò inaccettabile la Fornero quando parla di licenziabilità degli statali”.
È talmente tutto chiaro che non ci sarebbe da aggiungere nient’altro, se non una piccola (magari solo mia) curiosità: ma i portantini negli ospedali sono quelli che port(antin)ano i referti da un ufficio all’altro? E a port(antin)are gli ammalati chi provvede, magari un postino interno? Oppure, mi allargo: esistono diversi tipi di portantini, e per diventare di un tipo piuttosto che un altro bisogna sostenere esami di portantinità diversi? Qualcuno mi sa illuminare, di grazia?
Vedi il San Paolo e poi ti sposi, con foto ricordo
All’assessore allo sport del Comune di Napoli, Pina Tommasiello, quando si è sentita chiedere da una sua paziente (è anche medico) il permesso di far entrare sua figlia con il futuro sposo all’interno del mitico stadio San Paolo per una foto-ricordo in vista delle nozze con l’aggiunta di una bonaria minaccia – “O mi aiutate voi o faccio come tutti: caccio 50 euro al custode dello stadio e entro senza problemi” – si è aperto tutto un mondo. Sono allora bastati pochi e veloci controlli per scoprire quello che praticamente tutta la città sapeva, cioè che la fila all’ingresso dei mitici cancelli era folta fin dai tempi di Diego Armando Maradona, e che sul congruo arrotondamento campavano almeno cinquanta dipendenti dell’impianto, bravi nel dividersi oneri (l’apertura e l’accompagnamento sul campo degli sposini) e onori (l’incasso, che quotidianamente non era male). Ulteriore bonus messo a disposizione dei “clienti”: un paio di comode alcove ricavate sotto gli spalti, gentile concessione però con sovrapprezzo finale e – facile a scherzarci – consumazione compresa.
Grande disponibilità da parte dei custodi in questione dev’essere dipesa anche dal fatto che facevano parte di quella categoria denominata “lavoratori socialmente utili” (Lus), e che forse proprio per questa spiccata predisposizione alla “socialità” avevano così allargato le loro competenze. Quasi immediatamente, quindici di loro (i più probabili fruitori del business calcistico-amatorio: non è stato possibile individuarli con certezza tutti) sono stati trasferiti immediatamente nella zona di Soccavo per darci dentro di ramazza e mutare così la loro utilità provvedendo alle pulizie stradali di zona. Ma chi ha preso la decisione è forse stato improvvido, oppure di calcio capisce davvero poco visto che proprio da quelle parti si trova la sede degli allenamenti dello squadrone azzurro cittadino, e immaginare ad un nuovo impeto di creatività applicata… sul campo non è pensiero azzardato.
In ogni caso, e a proposito di creatività, ne ha mostrata immediatamente e al volo anche l’assessore Tomasiello che, visto l’appeal suscitato dal sito nelle coppie (e da adesso anche in single, gruppi di amici e chi più ne ha più ne metta) ha fissato “municipalmente” la possibilità di fare foto all’interno del San Paolo al prezzo di 60 euro, che da adesso finiranno per intero nelle casse comunali. Naturalmente, consumazione (come la si intendeva prima) assolutamente esclusa.
Buona lettura. Anzi: ottima
È uscito da poco, e ne consiglio caldamente la lettura, il libro “Impiegati. Oltre i luoghi comuni”, scritto da Paola Lo Mele ed edito da Ediesse in collaborazione con Cgil (ma, ci tengo a sottolinearlo subito, il taglio della pubblicazione è tutt’altro che “sindacale”). Si tratta di un bellissimo racconto dedicato al mondo del pubblico impiego, un viaggio che spazia un po’ in tutti i settori della nostra PA e che vuole andare oltre i pregiudizi correnti per offrire invece uno spaccato di un pezzo particolare, corposo e significativo del nostro Paese troppo spesso – ed è un eufemismo – sottostimato.
Sono trenta le storie che l’autrice ha raccolto, e si tratta in tutti i casi di racconti particolari, in un universo fatto di vita e di lavoro, e proprio di questo (del loro lavoro) i protagonisti parlano con entusiasmo, sottolineandone la scelta coerente e assolutamente voluta e perseguita, dispiacendosi solo di come le cose potrebbero andare meglio se tutto funzionasse come dovrebbe e sarebbe auspicabile per un Paese come il nostro. Il denominatore, minimo e comune, di tutti questi “impiegati” è la passione messa nell’adempiere ai propri doveri, l’orgoglio di essere parte della “macchina” dello Stato e di operare per risolvere bisogni ed esigenze dei cittadini.
All’inizio in molti avevano chiesto all’autrice di poter mantenere l’anonimato, ma alla fine è possibilità alla quale hanno rinunciato tutti mettendoci invece faccia, nome e cognome. Così – fra le tante altre – le storie di Angelo (infermiere del 118, di Franco (vigile del fuoco), di Francesca (addetta alla sicurezza in un museo), di Maurizio (tecnico Asl alla prevenzione), di Antonio (impiegato all’Agenzia delle Entrate) si snocciolano senza veli fra piccole difficoltà di tutti i giorni e grandi emergenze risolte con la soddisfazione per il bene della collettività, e se ne ricava la certezza che niente sia meglio per la loro coscienza aver fatto il proprio dovere. Un attaccamento al concetto, assolutamente azzeccato, di “spazio pubblico” (la citazione è di Hanna Arendt) che dovrebbe aiutare tutti noi a capire quanto lontano sia – o debba essere – lo stereotipo del travet, checché ne dica chi si immagina una PA dominata invicibilmente da fannulloni o soggetti mediocri, capaci solo di tirare a campare, soprattutto sulle nostre spalle. Invece, bisogna avere il coraggio di andare “oltre i luoghi comuni” per scoprire che la situazione è (anche) completamente diversa, e il libro di Paola Lo Mele ci aiuta, splendidamente, a farlo. Buona lettura!