Oltre che fannulloni, anche corrotti? La relazione del Presidente della Corte dei Conti: io l’ho letta!

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Vi elenco i titoli di alcuni articoli usciti ieri online dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti con le relazioni del Presidente Lazzaro e del procuratore generale Pasqualucci. 

12 Febbraio 2009

C

Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Vi elenco i titoli di alcuni articoli usciti ieri online dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti con le relazioni del Presidente Lazzaro e del procuratore generale Pasqualucci. 

Potrei continuare ancora per pagine e pagine…

Le due relazioni che per altro trovate in prima pagina di www.corteconti.it, in effetti evidenziano alcuni problemi anche gravi nella PA. Mancano invece nelle relazioni quelle generalizzazioni nei giudizi e quel tono di allarme sociale che i commenti riportano. Ancora una volta di fronte alla necessità di discernere, di capire, di valutare si preferisce sparare nel mucchio. Se poi i dipendenti pubblici fanno fatica ad essere motivati e ad essere orgogliosi del proprio lavoro non c’è da stupirsi.

Ma veniamo ad un paio tra i temi evidenziati dalla Corte che vorrei sottolineare:

  • necessità della trasparenza: “dove manca la trasparenza si genera il cono d’ombra entro cui possono trovare spazio quei fatti di corruzione o di concussione che rendono poi indispensabile l’intervento del giudice penale" dice la relazione del Presidente Lazzaro e ancora: "è necessaria la massima trasparenza in ogni agire della pubblica amministrazione; là dove essa manchi il cittadino percepisce la funzione pubblica come un qualcosa di estraneo, di diverso da sé e dal proprio mondo, da qui la disaffezione verso le istituzioni e anche verso i centri della politica: male, questo, oscuro e sottile che può costituire un rischio mortale per la vita stessa della democrazia” . Non si potrebbe dire meglio: peccato che spesso trasparenza vuol dire anche comunicazione. Peccato che in un’ansia risparmiatrice la "dittatura del rubinetto" (si legga la Ragioneria Generale dello Stato) abbia imposto tagli lineari sul capitolo della comunicazione di pubblica utilità pari al 50% della spesa storica. Abbiamo già detto tante volte che è un metodo scriteriato che non valuta la buona comunicazione rispetto alla cattiva, che non si chiede cosa serve e cosa no e che, last but not least, premia i meno virtuosi. Ora anche la Corte ci da ragione…

Veniamo, infatti, al secondo tema:

  • Inappropriatezza dei tagli lineari: leggiamo ancora la relazione"in periodi come l’attuale di congiuntura economica negativa occorre ridurre la spesa complessiva di funzionamento dell’amministrazione – a beneficio di quella di investimento – ma analisi effettuate in più occasioni dalla Corte mostrano che tagli lineari di bilancio possono generare – attraverso il ricorso a riconoscimento di debito, o altro – rimbalzi negli anni successivi con conseguente violazione dei principi di bilancio e formazione di debito sommerso". Non ci vuole tanto a capirlo e a capire che il metodo “starve the beast” (affama la bestia) se non mirato non ottiene un corpo tonico e snello, ma un rottame. Non ci vuole neanche tanto a constatare che se io taglio in forma indiscriminata delle spese, suscito un’insana e italianissima voglia di aggirare la legge con mille escamotage. La strada non può che essere quella di lavorare sui saldi: confermando così la necessaria autonoma responsabilità delle singole amministrazioni e dei loro dirigenti.
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Come sempre mi fido che la relazione ve la leggiate da soli e, quindi, non la riassumo. Permettetemi,  però, da osservatore “non neutrale” un’ultima notazione. Che una buona  CdC sia un presidio democratico nessuno ha dubbi. Che, però, negli anni la nostra Corte abbia interpretato spesso anche un ruolo di freno e di spauracchio per i dirigenti della PA più innovativi e che tale azione sia stata forte con i piccoli e piccola piccola con i grandi (si pensi a enormi danni erariali del genere dell’affaire Alitalia) è ahimè altrettanto vero.  Sinceramente, pur nel rispetto costituzionale per l’Istituzione, avrei voluto leggere nelle due relazioni due cose che non ho letto: una costruttiva autocritica e insieme un impegno a divenire sempre più “valutatore” delle politiche pubbliche. L’impegno, quindi, a giudicare l’efficacia oltre che l’efficienza, l’impatto delle azioni oltre che l’aderenza alle norme. Certo che per far questo una Corte di soli giuristi mi sa proprio che è inadeguata: servirebbero economisti, project manager, ingegneri gestionali, statistici, econometristi… Ma questa è un’altra storia. Se volete sapere come andò a finire quando il Ministro della Funzione Pubblica provò a rendere più multidisciplinare la composizione della Corte, chiedetelo a Franco Bassanini (ne ha parlato anche al convegno di giovedì scorso sui giovani talenti nella PA e trovate qui la registrazione audio) e… fatevi una risata amara.

Infine una cosa che nella relazione ho letto e che avrei preferito non leggere: è l’accento di corporativo arroccamento che ho riscontrato nel giudizio negativo dato della nuova Autorità per la valutazione nella PA che sta nascendo per volontà bipartisan del Parlamento (è la legge delega di cui abbiamo già parlato). Non è un’autorità contro la Corte né la esautora di alcun potere costituzionale. Certo è, o almeno dovrebbe essere e speriamo che sia, un organo in grado di usare la valutazione in positivo: per fare, per innovare, per rendere la PA più agile, flessibile ed adeguata a rispondere con prontezza a bisogni dei cittadini e delle imprese in così rapido cambiamento.

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