Oltre la crisi. Il ruolo della PA per un Paese più competitivo basato sul merito e l’innovazione. L’intervento del Ministro Brunetta.

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La trascrizione dell’intervento tenuto dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta in apertura del convegno inaugurale di FORUM PA 2010 il 17 maggio.

1 Giugno 2010

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Renato Brunetta*

Articolo FPA

La trascrizione dell’intervento tenuto dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta in apertura del convegno inaugurale di FORUM PA 2010 il 17 maggio.

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Convegno inaugurale
Oltre la crisi. Il ruolo della PA per un Paese più competitivo basato sul merito e l’innovazione
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FORUM PA – 17 maggio 2010

RENATO BRUNETTA
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione

Quest’edizione di FORUM PA capita in un momento particolare per il nostro Paese, in un momento di bilanci. Sono passati due anni dall’insediamento del nuovo Governo, molte cose sono state fatte e molte altre ancora sono da farsi.
Due anni fa, pochi mesi dopo aver cominciato, ci siamo trovati davanti ad una grande crisi: quella dei subprime. Oggi siamo in un’altra bufera, ma il Governo tiene la barra dritta.
Molti giornalisti mi hanno chiesto che cosa si sta preparando, io voglio tranquillizzarvi: il Governo sta lavorando in maniera collegiale per rispondere alle particolari esigenze che la crisi attuale ci porta a dover affrontare. Abbiamo assistito alla vicenda della Grecia, legata agli eccessi di spesa corrente e all’aver in parte taroccato i conti del proprio bilancio, e abbiamo registrato anche un qualche ritardo da parte dell’Unione Europea nell’intervenire a proposito dei conti pubblici di un Paese membro. Il ritardo è stato ora colmato, lo sforzo è stato fatto dai Paesi dell’Eurogruppo, Italia compresa, ma ciò non è bastato. Nel senso che la speculazione si è poi rivolta ad altri Paesi, attaccando più complessivamente l’Euro, che nel frattempo si è indebolito e ha fatto indebolire anche le Borse. A questo punto serve una risposta strutturale da parte dell’intera Unione Europea per quanto riguarda la solidità dei conti pubblici di tutti i Paesi membri. È di questo che si sta discutendo in queste ore a Bruxelles ed è a questo obbiettivo che sarà tenuto il nostro Paese.
L’Italia però può vantare in questi due anni (che si potrebbero definire “da una crisi a una crisi”) un comportamento migliore rispetto alla media degli altri Paesi europei. Noi abbiamo attraversato la prima crisi – quella dei subprime – meglio degli altri Paesi: con più coesione sociale e avendo messo sotto controllo la finanza pubblica con il Decreto n.112, poi diventato Legge 133/2008. Grazie a quel Decreto, di 34,5 miliardi di euro in tre anni, abbiamo messo in sicurezza la nostra finanza pubblica. Da noi non è fallita nessuna banca e nessun cittadino ha fatto la coda agli sportelli per ritirare i propri risparmi, a conferma della fiducia nel sistema bancario. Il Governo ha fatto da garante di ultima istanza dei depositi dei cittadini, ma anche della solvibilità delle banche. Non ce ne è stato bisogno, però il Governo l’ha fatto. Il Governo poi non ha lasciato soli i lavoratori, mettendo in campo una marea enorme di ammortizzatori sociali, dei quali – per fortuna – non è stata utilizzata neanche la metà. Nessun lavoratore colpito dalla crisi (cinque/seicentomila quelli oggetto di cassa integrazione ordinaria e speciale in deroga) è stato lasciato solo, il che vuol dire compensazioni di reddito all’80%, se non al 90%.
Queste cose le ha fatte il Paese, grazie anche alla saggezza delle parti sociali, che mai come in questa vicenda hanno dimostrato senso di responsabilità, soprattutto a livello locale. Nei territori, azienda per azienda, le imprese hanno stretto i denti e hanno tenuto sull’occupazione e sugli investimenti. Ciò ha permesso al nostro sistema delle imprese di mantenere efficienza, investimenti e buone relazioni sindacali. Il sindacato ha tenuto e hanno tenuto anche le Pubbliche Amministrazioni. Proprio in un momento così difficile infatti noi siamo riusciti – e questo va a onore di tutti – a chiudere per esempio tutti i contratti della Pubblica Amministrazione per il biennio 2008/2009.
Il sistema Paese in questi due anni ha voluto due grandi riforme, che di fatto sono state approvate in maniera bipartisan: la riforma della Pubblica Amministrazione e il federalismo fiscale. La mia legge è stata voluta ed elaborata con grande collaborazione da parte dell’opposizione, anche se nel momento finale del voto la forma ha prevalso sulla sostanza, e il federalismo fiscale è stato votato in maniera esplicitamente bipartisan.
Queste due riforme fondamentali hanno lo stesso obbiettivo: far funzionare meglio la Repubblica, così come essa viene definita dal Titolo V. Il Paese siamo tutti noi: la Repubblica è interpretata dal livello centrale di Governo, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni (e dalle Città Metropolitane quando ci saranno…).
Entrambe queste riforme riguardano dei temi fondamentali per la vita di tutto il Paese. La mia riforma riguarda la trasparenza, la produttività, il merito, la customer satisfaction: temi centrali per migliorare l’efficienza e la produttività, per ottimizzare l’offerta di beni e servizi pubblici.
La gente mi chiede cosa vuol dire in pratica tutto questo. Io rispondo che vuol dire migliorare l’intero ciclo di vita, dagli asili nido alla scuola, dall’università agli ospedali, dalla giustizia alla burocrazia. Vuol dire avere la giustizia celere, la sicurezza di noi tutti cittadini in Italia e la sicurezza nel mondo garantita da tutti i nostri connazionali che ci difendono (e che abbiamo ricordato già con amarezza e dolore nel minuto di silenzio di stamattina per i caduti in Afghanistan).
La mia riforma lavora su tutto questo e sono felice di sentire dalle Province, dai Comuni e dalle Regioni che tutti loro hanno accettato i principi della riforma e li stanno riproponendo nella loro autonomia. Questa è una delle più grandi soddisfazioni che si possono avere perché vuol dire che anche per Regioni, Province e Comuni il merito, la trasparenza, la produttività e l’integrità sono punti fondamentali, sono standard di qualità dei beni e dei servizi prodotti. Tutto ciò ha richiesto una legge delega approvata nell’aprile dell’anno scorso e ha richiesto dei Decreti legislativi approvati in tempi record dal Parlamento (di questo ringrazio tutti i miei collaboratori). Adesso basta solo implementare la riforma con la consapevolezza che si tratta della strada giusta, dell’unica strada possibile. E se ci saranno degli errori, delle cose che non funzionano, siamo pronti (così come abbiamo detto fin dall’inizio) a emanare i Decreti correttivi. Ma prima applichiamo la riforma!
La riforma richiede degli standard quali/quantitativi di erogazione dei servizi. Sarà la Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni Pubbliche a dover definire questi standard. Avete sentito prima il Professor Martone parlare nel suo intervento della grande novità rappresentata da questa Commissione e di quanto sia fondamentale la questione degli standard. Gli standard sono fondamentali perché non è più possibile che in questo Paese ci siano costi diversi. Gli standard sono la premessa perché ciascuno di noi possa far bene il proprio mestiere con la soddisfazione dei cittadini. Tutto questo è già legge, ed è alla nostra portata. Questa è la riforma che prevede la trasparenza e la meritocrazia attraverso le famose tre fasce della premialità. Tutto ciò sta avvenendo in un momento di grandissima difficoltà economica, ma io dico che è proprio nei momenti di difficoltà economica che si fanno le grandi riforme.
Questa – che porta il mio nome ma è merito di tutti noi – è una grande riforma che si sta realizzando in un momento difficile. L’altra riforma che si sta realizzando nello stesso momento, quella del federalismo fiscale, rappresenta esattamente l’altra faccia della medaglia. Guarda caso una della parole chiave di questa seconda riforma è proprio costi standard, ovvero l’altra faccia della medaglia degli standard quali/quantitativi di erogazione dei servizi. Io voglio che per una TAC ci sia la stessa lista di attesa temporale su tutto il territorio nazionale, ma voglio anche che quella TAC – quali/quantitativamente determinata – abbia lo stesso costo in tutta Italia. Troppo comodo sarebbe dare una TAC in poco tempo ma con un costo molto maggiore: ci devono essere i costi standard insieme alla qualità standard.
Se riusciremo a far sì che la Pubblica Amministrazione – al centro come in periferia – risponda ai bisogni della gente con costi standard e qualità standard noi avremo realizzato il nostro compito. Con costi standard e qualità standard noi diamo di più alla gente con meno risorse e in meno tempo. Ciò porta ad una maggiore soddisfazione degli operatori della Pubblica Amministrazione e dei cittadini. Si tratta di un grande gioco a somma positiva. È un gioco win- win in cui vincono tutti: vince lo Stato, vincono i cittadini, vincono i dipendenti pubblici e vince l’efficienza del sistema perché con una Pubblica Amministrazione di questo tipo anche le imprese lavoreranno meglio. Non si potrà più dire che l’impresa è efficiente fino ai suoi cancelli e che poi fuori diventa inefficiente perché il resto non funziona.
In questo momento particolare per il Paese noi dobbiamo concentrarci, essere coesi su queste due riforme, che come corollari chiamano anche tutte le altre. Che cos’è la riforma della giustizia penale o civile, infatti, se non l’applicazione di queste due riforme? Si tratta della stessa cosa; così come le riforme della scuola, dell’università e della sanità. Cos’è l’efficientamento della sanità nelle Regioni – anche con azioni forti come i commissariamenti – se non la stessa cosa di cui parlo descrivendo i due pilastri che reggono tutte le altre riforme?
Bisognerebbe che l’opinione pubblica, il Parlamento, la classe politica fosse consapevole di tutto questo, perché spesso facciamo le riforme e non ce ne accorgiamo. Le riforme le abbiamo già fatte, basta solo realizzarle. Questo è il nostro compito.
Se dovessi sintetizzare con un’espressione la visione di questo FORUM PA 2010 direi: orgoglio e soddisfazione!
Orgoglio e soddisfazione per quello che siamo riusciti a fare in due anni. Non voglio essere ingeneroso: in due anni siamo riusciti a fare tutto questo perché c’è stata tanta gente che ha lavorato negli anni precedenti. Questo lo dico sempre, lo dico rispetto al mio predecessore Professor Nicolais, ma anche rispetto a tutte le grandi esperienze realizzate negli enti locali prima di questi due anni. Guai a pensare che ciascuno di noi è un unicum con il diluvio prima e dopo di lui! Questa non è saggezza di governo, né saggezza amministrativa. Regioni come l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia o il Veneto avevano già fatto molto prima, così come tante città e Province. E molto faranno ancora. Io sono per i cento fiori: purché si faccia va benissimo tutto. Io non voglio né gerarchizzare né centralizzare: ci siano cento fiori più la convergenza! Ovvero la capacità di far convergere le innovazioni sugli stessi moduli e sugli stessi schemi. Questo è quello che si sta facendo.
Abbiamo fatto anche battaglie dure, come la lotta ai fannulloni. Io non ho mai detto che tutti i tre milioni e seicentocinquantamila pubblici dipendenti fossero dei fannulloni, anzi ho detto sempre il contrario. Ho sempre detto che il fenomeno della fannullaggine è dovuto in gran parte ai cattivi dirigenti. I cattivi dirigenti producono Pubblica Amministrazione svogliata, inefficiente e disamorata. Tutto il mio lavoro è stato finalizzato a rimettere in moto l’orgoglio, a rimettere in moto i dirigenti, a dar loro strumenti chiari e a chiedere conto, così come cerco di dare conto io quotidianamente delle cose che sto facendo.
La riduzione dei tassi di assenteismo ne è una riprova. Siamo sempre in una fascia di riduzione tra il 30% e il 40%. Stiamo parlando di una cifra mai vista in nessun posto al mondo, dalle università americane vengono a studiare quello che abbiamo fatto e che stiamo ancora facendo. Non bastano più né il bastone né la carota, sono ormai due termini abusati: ci vogliono consapevolezza e orgoglio. La consapevolezza e l’orgoglio di star cambiando questo Paese.
La prima crisi, quella dei subprime, ha riguardato la finanza privata. Ed è stata la finanza pubblica a doverla soccorrere, ma essa stessa – dovendo donare il sangue – si è indebolita e i mercati a quel punto hanno pensato (giustamente, dal loro punto di vista…) di poterla attaccare. A questo punto la vera risposta ha un solo nome: modernizzazione. Solo con la modernizzazione, la crescita e lo sviluppo si risolleva la finanza pubblica, che a sua volta ha salvato la finanza privata.
Nelle prossime settimane noi dovremo fare un Decreto, a cui sta lavorando collegialmente il Governo, e che il Ministro Tremonti presenterà in coerenza con i dettati europei. Questo Decreto non sarà solo e tanto di tagli agli sprechi, ma dovrà essere parallelamente un provvedimento di rilancio e sviluppo dell’economia del Paese. Un rilancio e uno sviluppo che si ottiene soprattutto realizzando le riforme che non costano. Parlo delle riforme che io ho chiamato a costo sotto zero, ovvero quelle che modernizzano il Paese, lo fanno crescere di più e che portano anche dei risparmi. Questo Paese non sopporterebbe un mero taglio keynesiano della spesa, perché un banale taglio orizzontale riduce la domanda effettiva, il che provoca riduzione del reddito e quindi della crescita. Noi abbiamo bisogno di più crescita, ma non con più spesa pubblica, bensì con migliore spesa: con meno spesa pubblica cattiva e più investimenti, più organizzazione, più intelligenza.
Questo è l’oggetto della nostra azione delle prossime settimane: tagliare gli sprechi dovunque essi si annidino, ma nel contempo modernizzare. Modernizzazione vuol dire fare tagli selettivi, vuol dire fare tagli intelligenti, vuol dire mettere Regioni, Province e Comuni di fronte alle loro responsabilità, ma dando loro gli strumenti di flessibilità per poter essere realmente responsabili.
Quindi diciamo sì al patto di stabilità interno, ma che sia intelligente e selettivo. Altrimenti con i tagli orizzontali si puniscono alla stessa maniera cicale e formiche, il che è sbagliato. Le formiche vanno premiate, le cicale ferocemente punite. Per far questo però ci vuole una Pubblica Amministrazione intelligente, al centro come in periferia. I tagli orizzontali non servono, non bastano, sono deleteri, sono una iattura. Bisogna stringere la cinta di qualche buco pensando di essere dimagriti… Solo con un regime dietetico funzionale la Pubblica Amministrazione può migliorare.
La Pubblica Amministrazione pesa per il 17% del valore aggiunto del Paese, se lo Stato migliora la propria efficienza l’intero sistema economico diventa più efficiente. Non c’è da una parte un sistema economico privato e dall’altra una Pubblica Amministrazione residuale, si tratta di due facce della stessa medaglia. Qualche giorno fa ho parlato davanti a duemila studenti della Bocconi: erano assolutamente interessati allo Stato e alla Pubblica Amministrazione. Ciò ricompone una frattura che forse risale agli esordi dello Stato Unitario, quando la Pubblica Amministrazione era una parte residuale a cui le borghesie non si dovevano interessare. La borghesia doveva solo fare affari e nella Pubblica Amministrazione si mandavano i figli un po’ stupidi o quelli che non avevano altre prospettive, ma quello delle nostre borghesie di allora si è rivelato un calcolo sbagliato. In Francia, ad esempio, le famiglie borghesi mandavano i loro figli migliori dentro la Pubblica Amministrazione per servire lo stato perché lì garantivano la crescita, la ricchezza, la giustizia sociale e la grandeur. Fino a ieri noi non abbiamo mai avuto questa concezione: adesso invece si ha una nuova consapevolezza – al centro come in periferia – che il gioco si vince nello Stato centrale e periferico. Il gioco della competitività internazionale e della globalizzazione si vince facendo funzionare i Comuni, le Province, le Regioni e le Amministrazioni centrali. Il gioco si vince mandando i nostri figli migliori a fare i servitori dello Stato. Tutto questo ce lo sta insegnando la Cina, che sta investendo una gran quantità di risorse proprio nei servitori dello Stato, perché si rende conto che è lì l’hub centrale dell’efficienza del sistema.
Nei tre milioni seicentocinquantamila dipendenti pubblici italiani noi abbiamo un grande patrimonio, lì c’è una grande dotazione di capitale umano e di skills professionali. Fino a ieri c’erano regole un po’ balorde, c’erano regole appiattenti che non premiavano il merito, che non facevano trasparenza, che non garantivano l’integrità e la lotta alla corruzione. Adesso le nuove regole ci sono tutte, o ci saranno tra pochi mesi, ora dipende da tutti noi la realizzazione di uno Stato più giusto, più equo, più efficiente, più dalla parte dei cittadini. Dipende da tutti noi applicare con correttezza ed equilibrio l’azione collettiva, che abbiamo voluto per primi in mezzo a mille difficoltà e che pensiamo essere un grande stimolo per far funzionare tutte le Pubbliche Amministrazioni. Noi concepiamo l’azione collettiva come un deterrente che dà voce organizzata ai cittadini per far rispettare gli standard. Se esiste uno standard quali/quantitativo, la forza dei cittadini è quella di averlo esigibile a costi standard.
FORUM PA 2010 sta a dimostrare che stiamo realizzando tutto questo. L’incremento di presenze citato poco fa da Carlo Mochi Sismondi, per il cui lavoro sono felice, sta a dimostrare l’enorme attenzione per tutto ciò.
Come ho detto, mentre visitavamo gli stand dell’area espositiva, ai Presidenti Renata Polverini e Giuseppe Castiglione, ormai manca pochissimo: gli investimenti li abbiamo già fatti, le tecnologie ci sono, le regole buone per fare il salto della digitalizzazione e dell’eliminazione della carta anche. Manca solo una piccola rivoluzione culturale nelle nostre teste: dobbiamo solo renderci conto che è ora di cominciare a riorganizzare i Comuni, le Province, le Regioni e le Amministrazioni centrali. È ora di cominciare a mettere il VOIP, a partire dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. È ora di mettere la Posta Elettronica Certificata dappertutto. È ora di dialogare dentro la Pubblica Amministrazione e con i cittadini solo via PEC. Questo cambia tutto: fa funzionare il sistema, rendendolo misurabile e trasparente, e cambia anche le performance e l’efficienza dei dipendenti pubblici, che in questa maniera saranno valutati meglio. Non ci sarà più il Todos caballeros! con le risorse appiattite date in egual misura ai bravi, ai meno bravi e ai pessimi, ma si premierà il merito.
Le resistenze ci sono, ma sono sempre più flebili. Certamente la crisi non deve essere l’alibi per non portare fino in fondo questo cambiamento. La crisi deve essere il catalizzatore del cambiamento. Su questo io mi batterò fino in fondo perché non cambiare lo Stato, non fare il federalismo fiscale, non applicare la riforma della Pubblica Amministrazione perché c’è la crisi sarebbe la risposta peggiore.
Tutto ciò vuol dire anche business perché vuol dire domanda di modernizzazione, domanda di hardware, domanda di software, domanda di formazione. Tutto questo vuol dire impulso alle industrie e ai settori che producono beni e servizi. L’incontro tra domanda e offerta è al centro del nostro pensiero.
Ogni anno si spendono quasi trecento miliardi di euro per far funzionare il sistema pubblico, si spendono più di centosettanta miliardi di euro di massa salariale: dentro queste risorse c’è spazio per migliorare la qualità, per premiare il merito, per risparmiare, per stare dalla parte dei più deboli, per essere solidali, per essere selettivi e per essere premiali.
In questo FORUM PA 2010 premieremo anche le Amministrazioni che si sono distinte; questo è un leitmotiv che io voglio sempre riprodurre e ribadire: non solo fannulloni, anzi! Dobbiamo sentire l’orgoglio di avere una Pubblica Amministrazione efficiente, di avere i servitori dello Stato dalla parte dei cittadini, di avere tutti i sindacati dalla nostra parte. Io invito tutto il mondo del sindacato a stare dalla nostra parte, a stare dalla parte del cambiamento, della modernizzazione, dei cittadini. Un sindacato vero non è quello che difende i diritti dei propri iscritti contro i cittadini, un sindacato vero è un sindacato che sta dalla parte dei cittadini e dalla parte dei propri iscritti alla stessa maniera.
Io posso anche aver fatto qualche errore, ma se l’ho fatto chiedo scusa e vi assicuro che l’ho fatto in buona fede. L’ho fatto seguendo la spinta che mi ha mosso sin dall’inizio: quella di stare dalla parte della gente, dalla parte dei più deboli. Della Pubblica Amministrazione infatti hanno maggiormente bisogno i più deboli: i meno deboli la loro Pubblica Amministrazione se la costruiscono comprandosela sul mercato.
Questa è la nostra rivoluzione. La rivoluzione di tutti. Abbiamo ancora tre anni per implementare le nostre riforme, queste ed altre. Tre anni per consegnare a questo Paese uno Stato più efficiente e più giusto. Il farlo dipende da tutti noi. Io ringrazio per questo sforzo comune Renata Polverini, l’amico Giuseppe Castiglione e l’amico Sergio Chiamparino, Presidente dell’ANCI (che oggi non è qui, ma con il quale sto lavorando straordinariamente bene), perché proprio sulla base dello spirito della riforma del Titolo V tutti noi siamo lo Stato.

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* Renato Brunetta, Ministro per la Pubblica Amministarzione e l’Innovazione

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