Oltre lo stereotipo: raccontiamo una PA a colori

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Come cambiare la narrazione della PA superando gli stereotipi ancora troppo presenti, che la dipingono come un mondo “grigio”? Partendo dalle persone e dai migliori progetti realizzati nelle diverse realtà e territori, affinché questi non siano più un’eccezione, ma diventino la regola. La PA che ci immaginiamo è infatti una PA che abilita queste esperienze, che le condivide e le fa diventare progetto comune. A questo scopo vale la pena ripercorrere brevemente il nostro viaggio per l’Italia con il Reportage PA – Speciale PON GOV Cronicità, di cui la scorsa settimana abbiamo pubblicato l’ultima puntata. Un viaggio che ci ha portato a conoscere dieci esperienze di rilievo nella gestione delle patologie croniche che più impattano sul Sistema Sanitario Nazionale

22 Settembre 2023

Gianni Dominici

Amministratore Delegato FPA

S

Claudia Scognamiglio

Consultant Content Producer - Journalist, FPA

Foto di Gianni Dominici - https://flic.kr/p/873GAw

È possibile andare oltre il ricatto dello stereotipo? Cioè, di quella narrazione che racconta le pubbliche amministrazioni esclusivamente in modalità “grigia”, fatte di insuccessi e sprechi?

Noi ci proviamo da anni. Proviamo a fare emergere, partendo dalle cose fatte, un altro racconto, a colori questa volta, in cui i protagonisti sono le persone e i loro progetti. Concreti, reali.

Lo facciamo con il nostro lavoro quotidiano, da 34 anni con la Manifestazione FORUM PA e con iniziative particolari come la pubblicazione nel 2021 dell’Annuario degli Innovatori. E lo facciamo anche con i nostri Reportage in giro per l’Italia, come lo Speciale PON GOV Cronicità, di cui abbiamo pubblicato la scorsa settimana la decima e ultima puntata.

Un Reportage che ci ha portato ad attraversare l’Italia da Trento a Ragusa (la citazione non è solo geografica perché proprio queste due città sono state protagoniste di un importante progetto comune), scoprendo tanti progetti innovativi.

E dietro a questi progetti, i protagonisti: abbiamo incontrato centinaio di civil servant che intendono il loro lavoro nella PA, e nel settore sanitario in particolare, come un’occasione, appunto, di servizio per il Paese.

Ma il tema è: riusciamo ad andare oltre il concetto di leader eroe che trascina dietro di sé il resto del territorio? Riusciamo a fare a meno della generosità e del sacrifico di chi è in prima fila? Riusciamo a far sì che l’eccezione diventi la regola?

Il senso dei nostri Reportage è proprio questo: partire dalle persone per andare oltre e far sì che le diverse soluzioni adottate diventino patrimonio comune, diventino, appunto, regola.

A questo scopo vale la pena ripercorrere brevemente il nostro viaggio per l’Italia che ci ha portato a conoscere dieci esperienze di rilievo nella gestione delle patologie croniche che più impattano sul Sistema Sanitario Nazionale.

Reportage PA – Speciale PON GOV Cronicità: cosa abbiamo scoperto

Il dato comune che abbiamo raccolto è la necessità, dettata dalla domanda di cura territoriale, di abilitare modelli di governance che facciano sistema e che mettano la persona al centro dei servizi di assistenza attraverso l’aiuto delle nuove tecnologie.

Come nel caso del Progetto + Vita promosso dalla ASL di Latina, un innovativo programma che semplifica la presa in carico dei pazienti cronici affetti da diabete, scompenso cardiaco e bpco (Broncopneumopatia cronica ostruttiva). Grazie a una piattaforma condivisa tra medici di medicina generale e specialisti, si accompagna così l’assistito in un percorso di cura personalizzato.

In molti casi ci siamo interfacciati con singoli soggetti, leader nel loro ambito professionale, che si sono fatti portavoce e traghettatori verso un cambiamento strutturale e di visione.

Basti ricordare l’esperienza della Asl di Chieti Vasto Lanciano e il progetto di Telediabetologia Pediatrica dove equipe medica e personale scolastico hanno collaborato in maniera sinergica per creare un servizio volto a supportare bambini affetti da diabete di tipo 1 e le loro famiglie.  Attraverso la telemedicina sono state attivate pratiche di prevenzione, educazione e aderenza alla terapia proprio per facilitare la vita dei piccoli pazienti.

Oppure l’esperienza di una famiglia di medici e specialisti di Crotone, che presso l’istituto Sant’Anna ha progettato e messo a terra il servizio Oberon, che completa un modello organizzativo basato sul continuum terapeutico. In questo caso sono presi in carico pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza provenienti dalle unità operative per acuti o dal domicilio, per assisterli nelle varie fasi del percorso riabilitativo neurologico e ortopedico. Da qui, grazie alla formazione diretta di familiari e caregivers, i pazienti possono tornare al loro domicilio, quando ci siano le condizioni per farlo, ed essere costantemente seguiti grazie ai sistemi ICT.

Il fattore umano diventa dunque la chiave di volta per una nuova prospettiva, dove competenze e organizzazione vanno di pari passo all’attenzione verso i bisogni di natura sociale.

Ed è con questo spirito che nasce nel comune di Civitavecchia il progetto del ‘Cohousing supportato per persone fragili’, esperienza che vede luce grazie alla collaborazione tra Asl Roma 4, Comunità di Sant’Egidio ed enti territoriali. Il progetto garantisce ospitalità in residenze protette a persone con patologie psichiatriche o dipendenza e sostiene le cure e la partecipazione attiva alla vita di quartiere attraverso progetti mirati di volontariato per promuovere il reinserimento sociale degli ospiti delle dimore condivise.

Nelle realtà che abbiamo visitato, dunque, nonostante l’eterogeneità dei bisogni, di risorse e accessibilità al servizio sanitario, abbiamo rilevato una tangibile spinta al cambiamento non solo in termini di management, ma soprattutto da un punto di vista culturale. Medici, specialisti, istituzioni, stakeholder, terzo settore e cittadini stessi hanno partecipato alla definizione di strategie e politiche che non attengono più solo all’aspetto sanitario, ma sono sempre più orientate a una presa in carico olistica che tenga conto di tutti i bisogni. E il DM 77/2022 ha favorito di certo questa direzione, promuovendo la cosiddetta Connected Health in cui l’organizzazione e la comunicazione sanitaria è interconnessa tra i vari attori.

Si inizia a ragionare non più come monadi, silos autoreferenziali, ma spinti verso un’ottica sempre più orientata alla comunità di pratica e alla learning organization in cui ciascuno, attraverso la condivisione dei saperi, può creare una scintilla di cambiamento.

La sanità diventa prossima, improntata a una comunicazione biunivoca, dove vengono messe a sistema esperienze e individualità al servizio di tutti in una logica che non è più distrettuale, ma replicabile.

Ed è proprio partendo da questo approccio culturale che abbiamo raccontato l’interessante progetto di gemellaggio tra due territori del Nord e del Sud: Trento e Ragusa e che sintetizza l’essenza stessa dei nostri reportage. La possibilità che le buone pratiche possano essere replicate in luoghi anche lontani dai territori dove sono nate.

Parliamo della piattaforma TreC+ che è stata concepita e modulata sui bisogni e sul target dei pazienti del Trentino e, secondo la prassi del riuso, recepita e implementata dall’azienda sanitaria provinciale di Ragusa mettendo a fattor comune esperienze e know how. Trec+ è una soluzione “open” che consente l’integrazione di applicazioni di terze parti e offre ai cittadini servizi interattivi come portale web e app per semplificare la gestione della propria malattia cronica.

Sul solco tracciato dal PNRR e dalla Missione 6 grazie alle tecnologie ICT, al rafforzamento di strutture come Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali, il concetto di condivisione è amplificato e la sanità sempre più orientata a monitorare i fenomeni sanitari territoriali e i trend epidemiologici.

Lo abbiamo potuto constatare con mano nel progetto della Centrale Operativa Territoriale realizzata a Verona grazie al lavoro svolto dall’Azienda Ulss 9 scaligera e alla collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e altre strutture private accreditate presenti nel Veronese. Questa esperienza è nata dall’esigenza di coordinare al meglio le dimissioni dei pazienti fragili, attraverso un nuovo modello di pianificazione della presa in carico dei malati cronici, soprattutto nelle fasi di transizione tra ospedale e domicilio o verso altre strutture territoriali, quali gli ospedali di comunità o le RSA (Residenza sanitaria assistenziale), a seconda della condizione di bisogno.

In questo ecosistema a volte attuato, altre auspicabile, cambia la Patient Experience perché il cittadino viene accompagnato in un percorso di assistenza sanitaria personalizzata e unica, che va dalla prevenzione all’engagement, sino alla gestione della patologia che si fa sempre più spesso domiciliare e condivisa. La casa viene, infatti, percepita come primo luogo di cura.

Un esempio concreto di questo sistema di governance lo abbiamo potuto riscontrare nel nostro viaggio a Sant’Angelo Lodigiano. Qui abbiamo raccontato il progetto della Casa di Comunità, che offre servizi di prossimità e un modello di gestione ‘olistica’ che soddisfa tutte le necessità di salute della persona, sia sanitarie che sociali. Nello stesso presidio sono stati inaugurati anche un Ospedale di Comunità e una Centrale Operativa Territoriale e la sinergia tra queste tre realtà ha consentito una presa in carico tempestiva, in cui tutti gli attori collaborano e comunicano condividendo i percorsi di cura.

E quando si parla di presa in carico tempestiva è necessario fare riferimento alla fetta di popolazione più fragile del Paese: gli anziani.

Il Friuli Venezia Giulia, ad esempio, una tra le regioni più vecchie d’Italia, tramite l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, è stato infatti il capofila di una sperimentazione che, attraverso lo strumento della telemedicina, ha coinvolto numerosi anziani affetti da patologie complesse e croniche. In questo territorio viene promosso il progetto SMARTCARE che garantisce un percorso di autogestione della propria patologia attraverso l’uso delle nuove tecnologie. L’assistenza domiciliare diventa efficace, integrata e sostenibile e vengono create alternative al ricovero ospedaliero, tenendo conto dei bisogni di natura socio-sanitaria di cui gli anziani necessitano a causa di indigenza, solitudine o rapporti familiari fragili.

Nel nostro viaggio è emerso quanto le nuove tecnologie stiano impattando positivamente sui modelli di cura, ma anche quanto sia importante portare avanti, in parallelo, la riforma della sanità territoriale. Più rete e miglioramento dell’offerta e delle risorse: queste le parole chiave.

È ciò che si sta tentando di fare nel Chronic Care Center di Capua, primo centro pilota regionale, che è un luogo di prossimità assistenziale dove viene realizzato un vero e proprio patto di cura tra pazienti e professionisti sanitari per una presa in carico multidisciplinare e umanizzazione delle cure. Attraverso la valutazione dell’incidenza delle patologie croniche sul territorio e una stratificazione dei bisogni, con il supporto di una piattaforma clinica informatizzata, vengono creati PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) personalizzati e condivisi tra gli specialisti, per assicurare alla popolazione più anziana l’aderenza diagnostico-terapeutica.

Questo processo di change management è sicuramente la leva abilitante per un cambiamento che, possiamo dirlo, è sì in atto, ma necessita di ulteriori spinte per essere definitivamente consolidato. Così come l’uso delle nuove tecnologie, che di certo supportano questi processi di innovazione, ma spesso lasciano indietro la popolazione meno alfabetizzata. Quindi se da una parte c’è una volontà di rinnovamento che pulsa, dall’altra bisogna incentivare interventi che minimizzino il digital divide e che portino sempre più la sanità vicino al cittadino, senza che questo debba attivarsi per raggiungere i principali luoghi di cura.

A sintetizzare questa necessità ci ha pensato la Puglia. Nella nostra ultima tappa del Reportage PA abbiamo conosciuto il progetto COReHealth, ovvero la Centrale Operativa Regionale di Telemedicina delle cronicità e delle reti cliniche.

Nata presso l’Agenzia Regionale per la Salute e il Sociale (AReSS Puglia) in qualità di service provider nella Regione Puglia, COReHealth è uno strumento che consente la personalizzazione dei piani di cura dei pazienti attraverso una piattaforma di telemedicina, mettendo a disposizione anche una app mobile per il cittadino.

Ma in questo progetto uno degli aspetti più interessanti ed esemplificativi di cosa vuol dire sanità di iniziativa è la cosiddetta Medicina Rurale, ovvero quella parte di intervento sanitario che vuole garantire a tutte le persone, indipendentemente da dove vivono, lo stesso accesso ai servizi medici essenziali. Attraverso COReHealth, infatti, i servizi telematici sono effettivamente arrivati in luoghi difficilmente raggiungibili, come le campagne di Martinafranca, lontani dai principali servizi di assistenza.

La PA che ci immaginiamo è la PA che abilita queste esperienze, è la PA che le favorisce, è la PA che le condivide e le fa diventare progetto comune. Una PA coraggiosa, una PA che sa accogliere anche il pensiero divergente e creativo per creare valore nei confronti di cittadini e di imprese.

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