EDITORIALE
Open Government Partnership: una palestra per esercitarsi alla partecipazione (e alla fiducia)
Perché questa consultazione dovrebbe essere diversa? Come può contribuire quest’iniziativa a rinsaldare il rapporto di fiducia (tra istituzioni e società civile) che ormai sembra irrimediabilmente compromesso? Per rispondere a tali quesiti proponiamo il contributo di Ernesto Belisario, esperto dell’OGP Team.
20 Luglio 2016
Ernesto Belisario*
Nei giorni scorsi, il Ministro Madia ha avviato una consultazione pubblica (che si chiuderà il 31 agosto) sulla bozza di piano d’azione italiano per l’Open Government 2016-2018.
“Un’altra consultazione?”, “Varrà la pena di partecipare?”. Me le immagino già le reazioni di chi ha intercettato la notizia, magari distrattamente, sui social network.
Proprio così. Perché, purtroppo, negli ultimi anni, i temi dell’amministrazione aperta (trasparenza, partecipazione e innovazione) sono diventati inflazionati senza, però, aver assistito all’effettiva affermazione di questi valori nella prassi quotidiana di politici ed amministratori.
Abbiamo tutti negli occhi iniziative episodiche, non sorrette da un’adeguata volontà politica (ho perso il conto dei “portali open data” mai aggiornati dopo la conferenza stampa di presentazione) o da un metodo serio (quante sono state le consultazioni in cui coloro che hanno partecipato non sanno che fine hanno fatto i loro contributi o se qualcuno li ha letti?).
In questo contesto, quindi, non solo l’open government è diventato – per alcuni – solo “fuffa” (e non la risposta ai veri problemi delle nostre democrazie), ma si è addirittura perso l’entusiasmo dei tanti che, in un primo momento, ci avevano creduto.
E allora perché questa consultazione dovrebbe essere diversa? Come può contribuire quest’iniziativa a rinsaldare il rapporto di fiducia (tra istituzioni e società civile) che ormai sembra irrimediabilmente compromesso?
Provo a spiegarlo, dichiarando fin da subito il mio personale “conflitto d’interessi”.
Negli ultimi due mesi ho lavorato (gratuitamente) a questo progetto, proprio perché ritengo che possa essere una buona palestra per provare, finalmente, che l’open gov non è solo materia per convegni e che la partecipazione seria può produrre buoni frutti.
Rispetto al passato, innanzitutto, è mutato il contesto. Agli inizi del mese di maggio, il Governo ha approvato il decreto del c.d. “Foia italiano” (d. lgs. n. 97/2016) che ha rappresentato il punto di arrivo di un’iniziativa di collaborazione avviata due anni fa con la campagna Foia4Italy e che, prima dell’approvazione finale, ha visto un confronto (a tratti duro) sui contenuti della norma.
Pubblicato il Foia in Gazzetta Ufficiale, l’idea del Ministro Madia è stata quella di provare a rendere sistematica la collaborazione con la società civile. Come? Utilizzando l’opportunità costituita dalla partecipazione italiana a Open Government Partnership (OGP).
Per chi non lo sapesse, OGP è un’iniziativa internazionale che mira a ottenere impegni concreti dai Governi in termini di promozione della trasparenza, di sostegno alla partecipazione civica, di lotta alla corruzione e di diffusione, dentro e fuori le Pubbliche Amministrazioni, di nuove tecnologie a sostegno dell’innovazione.
L’Open Government Partnership è stata lanciata ufficialmente il 20 settembre 2011 da otto Paesi (Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Messico, Norvegia, Repubblica delle Filippine Sudafrica e Stati Uniti): da allora il numero di Paesi aderenti è cresciuto costantemente fino a includere 70 membri.
I Paesi aderenti hanno approvato la Open Government Declaration, con la quale si impegnano ad intraprendere nuove iniziative nell’ambito dell’open government. Tra queste:
- lo sviluppo, con il pieno coinvolgimento della società civile e delle PA, di un Piano d’Azione (Action Plan) di durata biennale che raccoglie impegni e progetti sui temi d’interesse dell’OGP;
- la produzione di auto-valutazioni e report indipendenti sui progressi compiuti.
L’Italia ha ufficialmente aderito a OGP nel 5 settembre 2011, ma – fin qui – non si è contraddistinta in positivo, coinvolgendo solo episodicamente la società civile e realizzando pochi degli impegni assunti (se si fa eccezione per OpenCoesione, brillante progetto premiato dalla Partnership nel 2014).
Utilizzare OGP per riannodare il filo della collaborazione (e della fiducia) rappresenta già un impegno ben preciso: l’iniziativa ha tempi definiti (cicli biennali) e – cosa ancor più importante – una rete di ricercatori indipendenti che verifica l’effettiva realizzazione degli impegni assunti dai Governi.
L’impegno a fare le cose in modo nuovo, quindi, è reso ancor più forte da una cornice internazionale ormai consolidata e dalla presenza di un serio meccanismo di monitoraggio.
Ma, ovviamente, non bastava un forte commitment politico: per fare le cose in modo diverso occorreva un metodo nuovo (ed affidabile).
Per questo motivo, il terzo piano d’azione OGP è stato elaborato all’esito:
- di un percorso di partecipazione della società civile, chiamata – in una prima fase – ad esprimere le proprie priorità (svoltasi dal 6 giugno al 15 luglio) e – successivamente – ad una consultazione sul miglioramento delle azioni (aperta qui fino al 31 agosto);
- di un processo di collaborazione con le diverse amministrazioni coinvolte, riunite in un gruppo di lavoro istituzionale, che hanno definito le azioni da inserire nella strategia 2016-2018, anche sulla base delle priorità indicate dalla società civile.
Per consentire questo lavoro, il Dipartimento per la funzione pubblica ha quindi creato:
- un gruppo di lavoro al quale sono state invitate tutte le amministrazioni centrali e rappresentanti di quelle regionali e locali;
- un Forum delle organizzazioni della società civile che, al suo avvio, conta già oltre 50 soggetti coinvolti, i cui rappresentanti hanno già iniziato a lavorare in gruppi tematici che continueranno a riunirsi per monitorare l’attuazione delle azioni.
La creazione dell’Open Government Forum risponde alla volontà di superare i limiti dei due precedenti piani d’azione italiani per OGP.
In entrambi i casi (2012-2014 e 2014-2016), l’Indipendent Reporting Mechanism aveva raccomandato l’istituzionalizzazione di un Forum allargato agli stakeholders, la definizione di regole e tempi certi per le consultazioni oltre alla messa in campo di attività di sensibilizzazione volte a promuovere l’attività italiana in seno alla Partnership.
È proprio per questo che, a differenza di quanto è stato fatto fin qui, è un sito dedicato www.open.gov.it, nato per ospitare la consultazione e, più in generale, per consentire il monitoraggio degli impegni presi. Sul sito sono stati già pubblicati tutti i materiali che sono stati prodotti dal Forum, in modo che chiunque possa verificare quante richieste della società civile hanno già trovato accoglimento all’interno della prima bozza del Piano.
Abbiamo quindi provato a meritarci la fiducia delle organizzazioni coinvolte, mantenendo gli impegni presi sia sui tempi sia sulle modalità e sulla trasparenza del processo. Ma non basta. Infatti, il ricorso alla collaborazione non significa che il documento in consultazione contiene tutte le azioni richieste dalla società civile e ci sono sicuramente degli ambiti in cui il piano avrebbe potuto essere più ambizioso.
Per questo motivo, ci siamo impegnati ad illustrare, pubblicamente, le motivazioni per cui alcune proposte della società civile non sono state subito raccolte nella bozza di piano. Ed è lo stesso impegno che prendiamo con coloro che parteciperanno alla consultazione aperta fino al 31 agosto: la pubblicazione di un report conclusivo della consultazione che avverrà contestualmente alla pubblicazione della versione definitiva del piano d’azione.
Ecco cosa c’è di diverso in questo processo: l’apertura di un percorso, non breve o episodico, ma sistematico e improntato ai principi di trasparenza e rendicontazione. Un processo aperto alle proposte di miglioramento (anche la metodologia è sottoposta a consultazione pubblica).
Certo, chi legge l’action plan troverà anche altre novità rispetto al passato: il numero delle amministrazioni coinvolte (oltre 20), la presenza di Regioni e Comuni (Milano, Bologna, Firenze, Roma e Lecce) e il numero delle azioni (ben 33, contro le 6 del precedente piano di azione 2014-2016). Progetti che vanno dal monitoraggio del foia agli open data, dalla pubblicazione dei dati su trasporti e penitenziari al dibattito sulle opere pubbliche, dalla realizzazione di piattaforme civiche di consultazioni all’implementazione di portali nazionali del cittadino e per le segnalazioni dei whistleblowers.
Ma, alla fine, l’azione più ambiziosa è proprio quella di arrivare al 30 giugno 2018 con amministrazioni e società civile finalmente più allenate al rispetto e alla fiducia reciproche e alla collaborazione.
Vi sembra una buona motivazione per leggere le 99 pagine di piano e dire la vostra?
Spero proprio di si. Noi aspettiamo di leggere i vostri commenti.
*Esperto OGP Team