PA buon datore di lavoro: quale strada per la parità di genere?

Home Riforma PA PA buon datore di lavoro: quale strada per la parità di genere?

Sebbene esista già una normativa sulla parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle pubbliche amministrazioni, il principio del gender mainstreaming come valore da perseguire in tutti i settori di intervento non ha trovato finora un adeguato livello di applicazione né il necessario riconoscimento. In questo contesto, importante è il ruolo che può avere il Comitato unico di garanzia nell’apportare un valore aggiunto per l’amministrazione, insieme a strumenti come il Bilancio di genere, la mappatura delle competenze professionali o le politiche di conciliazione in un’ottica di sviluppo del benessere organizzativo. Vediamo insieme quali sono le azioni per aprire la strada ad una effettiva parità di genere nella PA

3 Maggio 2024

N

Antonella Ninci

Presidente Comitato Unico di Garanzia, INAIL

C

Oriana Calabresi

Magistrata e Coordinatrice della Rete Nazionale CUG

Foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/donna-in-camicia-floreale-bianca-e-rosa-che-alza-le-mani-Ilv6iR6ci_4

Il datore di lavoro pubblico deve eccellere in ogni aspetto del rapporto di lavoro: ciò è connaturato alla funzione della amministrazione pubblica che, pur in assenza di una sua definizione a livello costituzionale, è portatrice di valori garantiti, quali imparzialità, buon andamento, parità e pari opportunità di genere, assenza di ogni discriminazione legata alla età, disabilità, lingua, religione, orientamento sessuale e provenienza geografica.

In realtà anche se la normativa sulle pari opportunità è decisamente più articolata per il lavoro pubblico che per il privato, siamo ancora ben lontani dall’obiettivo fissato dallo stesso legislatore quando, all’art. 7 del TUPI, afferma che «le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta o indiretta….»; il principio del gender mainstreaming, come valore da perseguire in tutti i settori di intervento infatti non ha trovato finora un adeguato livello di applicazione nelle pubbliche amministrazioni né il necessario e dovuto riconoscimento.

Le criticità che ancor oggi si riscontrano nel lavoro pubblico sono legate ad una molteplicità di aspetti: l’obiettivo della parità di genere richiede, più di altri, sia interventi rafforzativi della parità in senso stretto che misure a sostegno della prevenzione e repressione di ogni forma di discriminazione, nonché politiche di conciliazione in un’ottica di sviluppo del benessere organizzativo; ciò presuppone un approccio multidimensionale e polifunzionale al tema della parità.

La prevenzione e il contrasto a ogni discriminazione, a partire dal genere, esige che le pari opportunità vengano declinate in un contesto lavorativo nel quale, a partire dalla instaurazione del rapporto di lavoro, si generi una attenzione costante alla dimensione egualitaria dei trattamenti, nell’accezione sostanziale della necessaria diversificazione a fini paritari, si perseguano relazioni improntate alla efficienza e al tempo stesso al rispetto delle persone, alla valorizzazione delle competenze, alla parità di opportunità nei percorsi di carriera nonché alla parità salariale; tutto ciò ha bisogno che il contesto del lavoro sia  permeato da una cultura orientata alla diversity e alla inclusione che ancora ha necessità di essere promossa.

La dimensione polifunzionale delle pari opportunità impone di avere come riferimento il rapporto di lavoro nella PA nell’intero suo svolgimento, fin dalla sua costituzione, con una modalità di reinterpretazione che lo accompagni e lo definisca secondo una molteplicità di aspetti e una pluralità di funzioni in considerazione delle importanti ricadute sulla società del lavoro pubblico.

Attraverso tale metodologia potrà essere messo a punto un diverso sistema anche organizzativo che dovrà soddisfare sia le esigenze legate al benessere delle persone e dei risultati del lavoro. Per realizzare questi sfidanti obiettivi, occorre far crescere e sostenere, a partire dalla dirigenza, una nuova cultura che promuova la parità di genere che, come risulta dai dati statistici, ancora ha necessità di essere ampiamente sostenuta e che rispetti le persone sotto tutti gli aspetti (relazionali, psicologici, economici e di carriera).

La pubblica amministrazione oggi si trova a dover fare i conti con importanti fattori di cambiamento: la trasformazione organizzativa necessaria per motivare il proprio personale e attrarre nuovi talenti, la trasformazione digitale, quella energetica/ecologica e, soprattutto, la realizzazione di un nuovo modello sostenibile.

Questi nuovi scenari impongono che anche le pubbliche amministrazioni sappiano offrire progetti professionali attrattivi- e non solo lavoro ben retribuito – che sappiano valorizzare le competenze ma anche le diversità, favorire l’inclusione, la conciliazione vita-lavoro e avere una visione del futuro a garanzia delle prossime generazioni.

La PA deve avere consapevolezza di ciò che rappresenta ed uno stile dei propri valori improntato all’etica; il datore di lavoro pubblico deve strutturare percorsi continui di crescita culturale e professionale, sostenere un percorso formativo continuo nei confronti dei temi più sensibili, pari opportunità, benessere organizzativo, prevenzione e contrasto ad ogni discriminazione, a partire dal reclutamento della nuova classe dirigente.

In questo contesto non va sottovalutato il ruolo che può avere il Comitato unico di garanzia, organismo che, una lungimirante normativa (legge n. 183 del 2010) – unica nel panorama europeo – prevede in tutte le amministrazioni pubbliche, dicasteri, università, enti di ricerca, enti territoriali ecc.

Le funzioni degli organismi di parità all’interno delle pubbliche amministrazioni italiane si sono notevolmente modificate nel corso del tempo, non sempre in senso positivo ma, con l’introduzione dei Comitati unici di garanzia, si sono arricchite di nuovi e importanti contenuti in un percorso parallelo a quello che ha caratterizzato l’evoluzione della normativa antidiscriminatoria europea e nazionale.

I CUG hanno necessità di essere inseriti a pieno titolo nei processi organizzativi anche in considerazione della loro composizione paritetica (espressione dell’amministrazione e delle organizzazioni sindacali) e trovare riconoscimento per il lavoro dei componenti; possono essere un prezioso interlocutore che apporta un valore aggiunto per il personale e per l’amministrazione.  In questo senso particolare importanza riveste la relazione che il Comitato deve redigere ogni anno e che rappresenta una fotografia dello stato del personale della singola amministrazione dalla quale possono emergere criticità, ma anche spunti di riflessioni per eventuali azioni correttive anche in funzione della salute e sicurezza sul lavoro e per la corretta valutazione dei rischi in ottica di genere a partire dalla prevenzione di molestie e violenze secondo le dimensioni conseguenti alla  ratifica della Convenzione ILO 190 da parte dell’Italia.

Fattore strategico, azione positiva e strumento di supporto, crescita e condivisione dei singoli Comitati è la Rete nazionale dei Comitati unici di garanzia che, ad oggi, conta al suo interno i CUG di quasi 400 amministrazioni pubbliche, network spontaneo a sostegno di una PA attenta e sensibile ai temi del contrasto ad ogni discriminazione, pari opportunità, benessere organizzativo.

Ma quali le azioni per aprire la strada ad una effettiva parità di genere nella PA?

  • Il Bilancio di genere: uno strumento che mira ad individuare le risorse stanziate ed erogate in favore delle politiche delle pari opportunità e ad effettuare una valutazione del diverso impatto delle politiche di bilancio sulle donne e sugli uomini. Il bilancio di genere è legato all’approccio strategico del mainstreaming di genere in quanto è una metodologia che prevede l’integrazione della prospettiva di genere nell’attività di realizzazione delle politiche, dal processo di elaborazione all’attuazione, includendo anche la stesura delle norme, le decisioni di spesa, la valutazione e il monitoraggio. Il bilancio di genere non è un documento solo contabile, ma integra e fotografa la distribuzione di genere delle diverse componenti del personale e la partecipazione di donne e uomini negli organi di governance oltre a monitorare le azioni a favore della uguaglianza e l’impatto di queste e delle politiche di amministrazione, compresi gli impegni finanziari ed economici, su uomini e donne.
  • Pianificare e programmare secondo un’ottica di genere: la promozione della parità e delle pari opportunità nella PA necessita di un’adeguata attività di pianificazione e programmazione, strumenti ormai indispensabili per rendere l’azione amministrativa più efficiente e più efficace. I piani triennali di azione positiva sono ora confluiti nel PIAO: si deve ora garantire che questa modalità sia funzionale alla promozione della parità come strumento di efficientamento e innovazione.
  • Benessere organizzativo e collegamento con la performance. Le PA devono agire (direttiva 2/2019) affinché l’organizzazione del lavoro sia progettata e strutturata con modalità che garantiscano il benessere organizzativo, l’assenza di qualsiasi discriminazione e favoriscano la migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.
  • Mappatura delle competenze professionali, strumento indispensabile per conoscere e valorizzare le capacità di lavoro dei propri dipendenti.
  • Formazione a supporto della innovazione e per il cambiamento culturale destinata soprattutto al personale con qualifica dirigenziale anche apicale, per contribuire allo sviluppo della cultura di genere, attraverso la promozione di stili di comportamento rispettosi del principio di parità di trattamento e la diffusione della conoscenza della normativa in materia di pari opportunità, congedi parentali e contrasto alla violenza contro le donne, inserendo appositi moduli in tutti i programmi formativi (art. 7, comma 4, del D.lgs. n. 165/2001) e collegandoli, ove possibile, all’adempimento degli obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 28, comma 1, del D.lgs. n. 81/ 2008).
  • Valorizzazione delle differenze: adozione di strumenti di conciliazione e di Codici etici e Codici di condotta quali strumenti per prevenire ogni discriminazione.
  • Linguaggio: utilizzare in tutti i documenti di lavoro (relazioni, circolari, decreti, regolamenti, ecc.) il linguaggio di genere, rispettoso ed inclusivo.
  • Certificazione di genere anche nella PA: la direttiva 2/2019 prevede la sperimentazione di sistemi di certificazione di genere anche nella PA; tali sistemi rappresentano uno strumento manageriale che certifica il costante impegno profuso nell’ambito della valorizzazione delle risorse umane in un’ottica di genere e per il bilanciamento della vita lavorativa con la vita personale e familiare.
  • Una nuova direttiva che vada a modificare, integrandola, la Direttiva n. 2 del 2019 “Misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare il ruolo dei Comitati Unici di Garanzia nelle amministrazioni pubbliche” per dare alle PA indicazioni concrete e coerenti per l’attuazione delle misure volte a garantire le pari opportunità e fornire indirizzi operativi per l’applicazione di strumenti di conciliazione vita lavoro anche alla luce delle importanti modifiche intervenute con l’introduzione nella pubblica amministrazione del PIAO e con lo sviluppo delle azioni previste dal PNRR.
  • ndr. In un Academy di FORUM PA 2024, dal titolo “La PA in campo contro la violenza sulle donne. Strumenti per un cambiamento culturale“, Antonella Ninci e Oriana Calabresi avvieranno il confronto sulla recente direttiva ministeriale per il contrasto alla violenza sulle donne nei luoghi di lavoro pubblico.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!