PA collaborativa: cosa bolle in Parlamento. Il punto con l’on. Catalano

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Applicare i principi e gli strumenti dell’economia collaborativa alla pubblica amministrazione: si può fare? Il legislatore ci sta provando, con il contributo e gli input dei soggetti che in questo anno di intensi lavori hanno detto la loro sull’argomento nel Tavolo coordinato da FPA. Vediamo a che punto siamo.

17 Ottobre 2016

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Chiara Buongiovanni

Il contesto è quello dei lavori parlamentari sulla Legge c.d. sulla Sharing Economy, in dirittura d’arrivo in Aula per la fase emendativa e, in particolare, il suo articolo 8, intitolato: “Linee Guida destinate agli enti locali, per valorizzare e diffondere le buone pratiche nell’ambito dell’economia della condivisione al fine di abilitare processi sperimentali di condivisione di beni e servizi nella PA”.

La scorsa settimana si è riunito il Comitato ristretto, Commissioni Attività Produttive e Trasporti, che ha dato il via a una sessione di lavori per la stesura del testo che presto arriverà alla Camera per la fase emendativa.

“In queste settimane lavoreremo sul testo a partire dell‘esito delle audizioni e dei commenti ricevuti in questi mesi”, così l’on. Ivan Catalano, tra i primi firmatari della proposta di legge e referente dell’Intergruppo Innovazione al Tavolo “Legge Sharing Economy: riscriviamo l’articolo sulla PA collaborativa” dello scorso maggio a FORUM PA 2016.

Cosa succederà dunque all’articolo sulla PA collaborativa?

“A fronte dei contributi che abbiamo ricevuto dagli enti locali a partire dall’appuntamento di maggio – spiega – l’dea è non solo di intervenire in termini di promozione delle piattaforme ma di intervenire anche in ambito normativo”.

Le esigenze emerse sono infatti diverse e non sempre di diretta e semplice soluzione.
“E’ evidente – conferma Catalano – che ci sono diverse esigenze da parte delle amministrazioni a cui corrispondono finalità diverse dell’intervento normativo. Per questo dovremo valutare interventi diversi, non necessariamente interni alla proposta di legge da cui la discussione è nata”.

Andiamo per gradi e per possibili soluzioni normative.

Un primo aspetto: permettere agli enti pubblici di utilizzare piattaforme di sharing economy anche private, per intenderci Blablacar e similia. “A questo livello – sostiene l’on. Catalano – non vedo grosse difficoltà perché ci riferiamo in ogni caso all’utente, sia esso pubblico o privato. In sintesi non credo ci siano problemi rispetto al testo che stiamo elaborando”.

Un secondo livello è consentire alle amministrazioni di creare delle piattaforme e di condividere, attraverso di esse, beni strumentali o personale, per intenderci dai vigli urbani al palco della festa patronale. A questo livello aumenta la complessità. “Al momento – specifica Catalano – i rapporti tra gli enti locali sono gestiti attraverso Protocolli, Convenzioni tra enti o con forme più istituzionalizzate quali Unioni e Consorzi. Insomma la norma che c’è non consente di usare gli strumenti della sharing economy in modo flessibile”. E avanza un’ipotesi di lavoro che il Comitato ristretto sta vagliando: dare al sindaco la possibilità di fare aderire il proprio Comune alla piattaforma con la semplice firma digitale.

Emerge una terza esigenza o, come sottolineato da più di qualcuno, una nuova opportunità per le PA: poter rivestire il ruolo di utente – operatore. In altri termini la possibilità per un ente pubblico di entrare nel mercato abilitato dalle piattaforme: ad esempio poter organizzare un car pooling in cui il Comune metta a disposizione le proprie macchine, anche a privati, su una piattaforma gestita da privati. Questa terza ipotesi, che è decisamente la più avanzata, prevede l’ingresso dell’ente pubblico nel mercato. “Per percorrere questa strada – precisa Ivan Catalano – occorre lavorare a un testo a parte. Per prima cosa bisogna capire su quali norme intervenire, a partire dalle questioni legate al bilancio”.
“Anche su questo punto – sottolinea – le sollecitazioni che abbiamo ricevuto dagli Enti locali a partire dal Tavolo di FORUM PA vanno nella direzione dello snellimento delle pratiche e dei processi burocratici”.

Infine e non da ultimo, emerge l’idea e l’opportunità di “abbinare l’utilizzo diffuso delle piattaforme di condivisione alla riforma degli enti locali che dovrebbe prendere piede entro fine anno, anche se quasi tutti sperano in una nuova proroga e la cui piena realizzazione sembra realisticamente lontana”. In questo caso, l’on. Catalano fa riferimento alla realizzazione delle Unioni dei Comuni, vero e proprio obbligo per i Comuni sotto i 5000 abitanti.
“Su questo scenario – specifica – si solleva anche un problema di competenza perché ci spostiamo in Commissione I “Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni”, mentre ad oggi abbiamo lavorato in Attività produttive e Trasporti. Magari nella fase emendativa, in Aula, si affronterà anche questo aspetto, che riconosciamo essere molto promettente ma anche molto complesso”.

“In generale – sottolinea – credo che in questa fase dobbiamo lavorare senza cadere in eccessive semplificazioni, per evitare di inciampare successivamente nelle interpretazioni e nei dubbi interpretativi e mettere così i Comuni nella posizione di dover tornare indietro rispetto a una scelta fatta”.

Dunque, sulle “sorti” dell’articolo 8 e della PA collaborativa auspicata si aprono secondo Catalano tre scenari legislativi su cui il Comitato ristretto discuterà in queste settimane per poi far approdare in Aula il testo emendato:

1) Inserire una proposta di delega al Governo in cui si chiede di dare attuazione al dettato dell’art. 8 con un atto del Governo: un decreto legislativo che riordini la normativa e consenta concretamente alla PA di adottare modelli collaborativi e di utilizzare agevolmente piattaforme c.d. di sharing economy.

2) Riformulare l’articolo in modo da inserire una piccola norma che dia la possibilità alle amministrazioni di procedere in alcuni casi e a date condizioni, come ad esempio la condivisione del personale. Ma questo approccio, sottolinea l’onorevole, è molto limitante.

3) Disporre una norma ad hoc e presentarla nella Commissione Affari costituzionali. Questa terza strada significherebbe abolire l’argomento della PA Collaborativa dalla Legge c.d. sulla sharing economy e spostarlo altrove. “Spostandolo – spiega Catalano – si può verificare la possibilità di inserirlo nel filone sulle Unioni dei Comuni o in altro provvedimento più consono”.

Tra quanto conosceremo le sorti legislative della PA Collaborativa?

Ivan Catalano assicura che si prevedono tre settimane di incontri del Comitato per redigere il nuovo testo, per poi arrivare in Commissione. Per la fine dell’anno si spera di chiuderlo e calendarizzarlo in Aula.

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