Performance: valutazione come elemento centrale del sistema universitario
L’esperienza maturata nel settore universitario insegna che identificare la gestione della performance con il sistema premiante conduce inevitabilmente al fallimento. Al contrario, ancorandola alle strategie, poggiandola su una organizzazione definita per processi, ruoli e responsabilità e ascoltando l’utenza, può diventare uno strumento efficace per restituire il senso più profondo del lavoro pubblico
21 Febbraio 2019
Adriano Scaletta
Responsabile della valutazione della Performance, ANVUR
Da quasi un decennio le università italiane sono alle prese con processi di riforma che hanno profondamente modificato il loro funzionamento. Ovviamente il fuoco si è concentrato dapprima sul lavoro dei professori, che sono coinvolti oggi in una pluralità crescente di esercizi valutativi. La responsabilità di fornire evidenze sul lavoro universitario a Governi, famiglie, imprese e in generale a tutti i cittadini-contribuenti, è stata attribuita a un ente pubblico che porta nel proprio nome il termine “valutazione” e che per questo rappresenta un’indiscussa novità istituzionale. L’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR) – nata formalmente nel 2006 e attiva dal 2011 – ha da subito avviato valutazioni della didattica e della ricerca, che hanno ricadute dirette e indirette sulla reputazione e sul finanziamento del sistema universitario, suscitando inevitabilmente dibattiti animati nella comunità accademica italiana.
Il comparto universitario, come pochi altri nel panorama della PA, eroga servizi a un’utenza che ha facoltà di scelta. In sintesi, le università statali non agiscono in un regime monopolistico, ma si contendono tra loro studenti e ricercatori (italiani e stranieri), che sono attratti da alternative provenienti non soltanto dal settore privato, ma anche – e sempre più – da altre realtà internazionali. Con la crisi economica e la conseguente riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), le università più accorte hanno riorganizzato la loro compagine tecnico-amministrativa, investendo sullo sviluppo delle competenze manageriali, al fine di valorizzare le grandi potenzialità che il settore esprime in termini di risorse umane e patrimoniali.
La logica ha voluto quindi che alla valutazione della ricerca e della didattica, si affiancasse anche la disciplina sulla performance introdotta con il d.lgs. 150/2009. Raccogliendo l’eredità della CIVIT, l’ANVUR ha pubblicato nel 2015 delle Linee Guida ispirate esplicitamente ai principi dell’integrazione e della semplificazione, adattando gli indirizzi alle specificità delle organizzazioni universitarie. Ha poi intrapreso un intenso dialogo con i Nuclei di Valutazione (che nel comparto assumono le funzioni di OIV) e con le amministrazioni stesse, impostando un sistema a geometrie variabili, vale a dire appoggiando talvolta gli uni, talvolta le altre, a seconda di chi manifesti maggiore interesse e volontà per il cambiamento.
L’Agenzia ha quindi assunto un ruolo di regia del sistema nazionale, realizzato mediante l’analisi della documentazione, l’elaborazione dei dati e l’organizzazione di incontri periodici con le persone protagoniste della gestione tecnico-amministrativa degli atenei. Lo ha fatto alternando report individuali e restituzioni collettive, da cui a distanza di tre anni è possibile trarre almeno tre apprendimenti, estendibili all’intero settore pubblico.
L’importanza di dichiarare una strategia generale
Sia essa frutto degli impegni elettorali del rettore, il risultato di analisi di contesto, influenzata dalle direttive ministeriali o elaborata con gli attori del territorio (o parte di tutti questi fattori insieme), l’esplicitazione della strategia serve a fornire dei riferimenti a chiunque sia coinvolto nella vita universitaria. Proporre una programmazione della performance delle strutture tecniche e amministrative delle università senza una formalizzazione della più ampia strategia dell’ateneo è illusorio ed estremamente frustrante per chi investe tempo e risorse allo scopo.
L’importanza di definire processi, ruoli e responsabilità
C’è bisogno di un grande sforzo per semplificare e rendere coerenti tutti i documenti di programmazione e regolamentazione interni imposti dalle norme, affinché se ne riconosca il senso operativo e l’ancoraggio alle strategie. Impostare strumenti e momenti di osservazione del modo in cui i ruoli sono effettivamente agiti, rappresenta la linea di demarcazione tra burocrazia e management o – se si vuole – tra controllo e valutazione. Sul piano teorico non è certo una scoperta originale; su quello pratico, invece, la novità è rappresentata proprio dalla presenza di un ente terzo, nazionale ed esterno come l’ANVUR, che nel comparto universitario utilizza e integra tali “strumenti di osservazione”, superando il rapporto biunivoco amministrazione-nucleo (OIV).
L’importanza di ascoltare l’utenza
Per garantire che le dinamiche tra i tre soggetti citati (Amministrazioni, Nuclei e Agenzia) non vengano assorbite dall’autoreferenzialità della burocrazia italiana, devono essere coinvolti gli utenti. È quanto previsto dalla nuova disciplina sulla performance, riformata con il d.lgs. 74/2017, che in realtà nelle università legittima una pratica già diffusa da anni. Proprio l’esperienza accademica insegna che in prima battuta si tende a identificare tale principio con il questionario di soddisfazione degli utenti, che ha il merito indiscusso di fornire dati sintetici e paragonabili. Tuttavia, con il tempo emerge una soglia oltre la quale la customer satisfaction non è più in grado di restituire informazioni nuove, utili per il cambiamento. La consapevolezza di questo limite è cristallizzata nel modello europeo dell’assicurazione della qualità (in Italia gestito dall’ANVUR) che tra le altre cose impone agli atenei di intraprendere una pluralità di iniziative per dar voce agli studenti e a tutti gli altri portatori di interesse. Per le università assicurare la qualità è oggi condizione necessaria per l’accreditamento delle proprie sedi e dei corsi di studio, che consente loro di erogare titoli riconosciuti ed equiparati in tutti i paesi dell’Unione.
L’esperienza maturata nel settore universitario insegna che identificare la gestione della performance con il sistema premiante conduce inevitabilmente al fallimento; al contrario, ancorandola alle strategie (che competono agli organi di indirizzo politico), poggiandola su una organizzazione definita per processi, ruoli e responsabilità (che compete al management) e ascoltando l’utenza (che sta nella sensibilità di tutti i dipendenti), può diventare uno strumento efficace per restituire il senso più profondo del lavoro pubblico. Tutto questo però non avviene a colpi di decreti, circolari, sanzioni o divieti, che finiscono per scaricare sulle amministrazioni e sugli OIV l’intero onere del cambiamento, ma occorre un diverso protagonismo delle istituzioni centrali dello Stato. Come? Ovviamente esplicitando le strategie, organizzando gli uffici e, soprattutto, cominciando a considerare le altre amministrazioni come utenti.