Appalti verdi: novità giuridiche, opportunità e prospettive. Ne parleremo a FORUM PA 2017
Il legislatore nazionale ha
reso gli appalti verdi, ovvero l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi
adottati ai sensi del Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi nella
pubblica amministrazione, obbligatori. Il Piano d’azione nazionale sugli
appalti verdi può diventare uno dei principali strumenti per raggiungere entro
il 2030 gli obiettivi globali per lo sviluppo sostenibile promossi dall’ONU
3 Aprile 2017
Riccardo Rifici e Alessandra Mascioli, Ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare, Direzione Clima ed Energia
Nel corso dell’ultimo triennio vi sono state novità di rilievo sugli appalti verdi, sia grazie al contributo del legislatore comunitario con le Direttive 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/23/UE in materia di appalti pubblici e concessioni, sia, e soprattutto, grazie al legislatore nazionale.
Il legislatore nazionale in particolare, precedentemente intervenendo sul previgente codice dei contratti pubblici con la Legge 221/2015 e, di seguito, prevedendo analoga disposizione del nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni (art. 34 del D. Lgs. 50/2016), ha reso gli appalti verdi, ovvero l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi adottati ai sensi del Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi nella pubblica amministrazione, obbligatori. Questa è senza dubbio la novità più importante in materia.
Questo obbligo normativo si incardina perfettamente in un contesto di normativa cogente di derivazione comunitaria, di atti di indirizzo comunitari, di Comunicazioni della Commissione Europea sull’economia circolare (COM (2014) 398 e COM (2015) 614 “L’anello mancante – Piano d’azione per un’economia circolare”) e sull’uso efficiente delle risorse (COM (2011) 21 e COM (2011) 571) nonché di accordi internazionali, quale l’Accordo sul clima di Parigi, che, per l’esigenza di contrastare il cambiamento climatico, per tener conto della scarsità delle risorse, anche materiali e della relativa domanda in continua crescita, per ridurre l’uso e le emissioni delle sostanze pericolose, invitano o impongono l’adozione di tutte le misure efficaci per promuovere modelli di economia circolare, l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia, il minor impiego e dispersione di sostanze chimiche pericolose.
D’altro canto, i dati sugli impatti ambientali generati dalle attività antropiche quali il consumo delle risorse, la produzione di rifiuti, l’inquinamento di mari e fiumi, la perdita di biodiversità, l’aumento delle temperature globali, lo scioglimento dei ghiacciai, evidenziano l’urgenza di intervenire con tutti i mezzi a disposizione per invertire la rotta.
La domanda pubblica, che vale circa il 20% rispetto al PIL a livello europeo, rappresenta una opportunità con la quale è possibile sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione, promuovere un’economia efficiente nell’uso delle risorse, a basse emissioni di carbonio e competitiva e con la quale è possibile incoraggiare un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca coesione sociale e territoriale. Questi obiettivi, alla base delle motivazioni che, assieme all’obiettivo di rendere più efficiente l’uso dei fondi finanziari pubblici, hanno portato alla revisione delle citate Direttive comunitarie, sono anche gli obiettivi del Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione che approccia anche alcuni aspetti etico-sociali.
Attualmente, grazie all’obbligo normativo, si è dunque delineata in Italia una politica omogenea e coerente in materia di appalti pubblici verdi e più efficace, poiché solo se i requisiti ambientali domandati sono omogenei su ampia scala ed è significativo il volume di spesa orientato all’acquisto di prodotti o servizi con questi requisiti, possono essere ottenuti i benefici ambientali diretti e quelli generati dall’effetto leva sul tessuto imprenditoriale, incluso quello sulle catene di fornitura.
I Criteri Ambientali Minimi sono le considerazioni ambientali definite per le diverse fasi di definizione dell’appalto – oggetto dell’appalto, selezione degli offerenti, specifiche tecniche, clausole contrattuali, criteri premianti – nell’ambito di un processo partecipato che coinvolge esperti, rappresentanti istituzionali e degli operatori economici. Adottati con Decreti del Ministro dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare, l’istituzione che coordina il Piano d’azione nazionale sugli appalti pubblici verdi, attualmente sono definiti per ben 17 categorie di forniture di prodotti e di affidamento di lavori e servizi.
I Criteri Ambientali Minimi delineano a tutto tondo requisiti di eco design e mirano a de-materializzare i fabbisogni, favorendo modelli di economia circolare e il decoupling. Promuovono per esempio cicli di materiali atossici, prodotti più salubri, ivi inclusi gli alimenti, una migliore tracciabilità delle sostanze chimiche preoccupanti nei prodotti, anche in vista di facilitare ulteriormente il riciclaggio; includono requisiti prestazionali, estensioni di garanzia oltre i limiti legali, disponibilità di parti di ricambio, disassemblabilità, modularità, riparabilità quali elementi per estendere la vita utile dei beni e per facilitarne il recupero o il riutilizzo e per favorire nuove simbiosi industriali, anche al di fuori del ciclo tradizionale del recupero del rifiuto e al di fuori di quanto avviene di “default” nei distretti industriali. I CAM promuovono l’uso di materiali “biobased”, specie se derivanti dal trattamento del rifiuto di biomassa (per esempio il compost per i servizi di gestione del verde pubblico), l’affidamento di servizi in luogo delle forniture, quale il noleggio in luogo dell’acquisito, perché ciò trasferisce all’interesse dell’aggiudicatario l’offerta di un dispositivo o di un prodotto che duri di più e che sia facilmente riparabile, facendo in modo che venga sostenuto il mercato di dispositivi o prodotti con tali caratteristiche. Con l’applicazione dei CAM si sostengono le migliori tecnologie anche in relazione ai processi di fabbricazione, favorendo gli impianti in grado di emettere minori inquinanti in aria o in acqua, o i metodi produttivi, ad esempio il metodo biologico o la lotta integrata, che tutelano la biodiversità, consentono di mantenere la fertilità dei terreni e di ottenere prodotti più salubri.
Gli appalti verdi sono “l’approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”. Commissione Europea, anno 2006
I Criteri ambientali minimi sono inoltre coordinati tra loro. Quelli relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani indicano un sistema di raccolta che, ancorché più oneroso, si è dimostrato più efficace nel massimizzare in quantità e in qualità le differenti frazioni di materiali raccolti e ciò per favorire il recupero e il riciclo. Coerentemente, quelli definiti per altre categorie di appalti, prescrivono un determinato contenuto minimo di materia riciclata all’interno dei prodotti, dei componenti o dei manufatti, trasformando i maggiori costi di raccolta dei rifiuti in benefici per il sistema economico, che viene indirizzato ad essere più auto-sostenibile. In tale modo, si contribuisce a trasformare i rifiuti in risorse.
I criteri ambientali dedicati alla progettazione, costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli edifici, mutuati dagli standard dei principali schemi di certificazione sulla bioedilizia, oltre contenere indicazioni mirate ad evitare la costruzione di nuovi edifici e a ridurre il consumo di suolo, promuovono tecniche costruttive grazie alle quali è possibile rendere l’edificio sensibilmente meno energivoro, che consentono la demolizione selettiva per il recupero delle diverse frazioni di materiale. Coerentemente, prevedono un contenuto minimo di materia riciclata per i diversi materiali da costruzione, l’assenza di determinate sostanze pericolose nei materiali e requisiti per l’efficienza idrica.
L’applicazione di questi criteri, pertanto, consente di ottenere importanti benefici ambientali e promuove lo sviluppo di filiere verdi e la diffusione di tecnologie ambientali. Attraverso l’applicazione di questi criteri, finalmente, le imprese che hanno investito per innalzare la qualità ambientale dei propri prodotti o che dispongono di tecnologie ambientali, possono vedere riconosciuti e premiati i loro sforzi grazie al sostegno per il tramite delle commesse pubbliche.
L’applicazione di tali criteri, consente inoltre di allocare meglio le risorse finanziarie pubbliche – scarse anch’esse – nell’ottica di razionalizzare ora i costi al momento dell’acquisto, ora i costi che si generano lungo il ciclo di ciclo di vita dei prodotti o dei servizi, inclusi quelli che sosterrebbero altri centri di spesa pubblica, che graverebbero in esercizi finanziari futuri, che si riverserebbero nell’economia nel suo complesso e nella collettività.
Una politica ambientale in materia di appalti verdi, consente di tutelare la competitività del tessuto imprenditoriale giacché contribuisce all’innovazione volta a contenere, specie prospetticamente, i maggiori costi di approvvigionamento di risorse sempre più scarse e i costi di smaltimento e a conquistare quote di mercato di una domanda, anche privata, sempre più sensibile alla qualità ambientale dei prodotti.
Il Piano d’azione nazionale sugli appalti verdi, alla luce di questo obbligo, può diventare dunque uno dei principali strumenti per ottenere uno sviluppo sostenibile e duraturo.
A proposito dell’efficienza nell’uso delle risorse, è stato stimato che un uso più efficiente delle risorse lungo l’intera catena di valore, potrebbe ridurre il fabbisogno di fattori produttivi materiali del 17%-24% entro il 2030, con risparmi per l’industria europea dell’ordine di 630 miliardi di euro l’anno. Con approcci fondati sull’economia circolare, l’industria europea potrebbe realizzare notevoli risparmi sul costo delle materie e innalzare potenzialmente il PIL dell’UE fino al 3,9%, creando nuovi mercati e nuovi prodotti e relativo valore per le aziende. La prevenzione dei rifiuti, la progettazione ecocompatibile, il riutilizzo e misure analoghe potrebbero far risparmiare 600 miliardi di euro netti alle imprese dell’UE, ossia l’8% del loro fatturato annuale, riducendo nel contempo le emissioni totali annue di gas serra del 2-4%.
Qualche anno fa è stato inoltre stimato che sostituendo gli impianti e gli apparati per l’illuminazione pubblica stradale con impianti progettati e allestiti secondo le indicazioni dei relativi criteri ambientali minimi adottati con il DM 23 dicembre 2013, la pubblica amministrazione potrebbe risparmiare circa 500 milioni di euro l’anno di bolletta energetica e ridurre le emissioni di biossido di carbonio di oltre 1,3 milioni di tonnellate.
Infine, oltre alla diffusione di filiere verdi, va valutato l’effetto in termini occupazionali, di maggiori “green jobs” e l’indotto, non solo legato a queste filiere, alcune delle quali particolarmente labour intensive, ma nel campo della consulenza per le verifiche di conformità dei CAM e per la formazione nell’ambito dei molteplici temi interdisciplinari che vengono affrontati nei CAM.
Con l’applicazione obbligatoria dei criteri ambientali minimi si è però ovviamente aperta una sfida che vede coinvolti molti attori.
In primo luogo i procurer pubblici chiamati ad affrontare uno sforzo formativo, laddove non si siano mai attivati per applicare i CAM. Si auspica che saranno motivati dalla consapevolezza e della voglia di diventare parte attiva nel promuovere un modello di sviluppo più evoluto e sostenibile.
Poi, ovviamente, i soggetti, specie istituzionali, coinvolti in attività complementari all’ attuazione dei Criteri ambientali Minimi. La Consip, che sarà opportuno che si impegni per un’adeguata revisione del MePa per facilitarne l’applicazione; l’ANAC nel definire i “prezzi di riferimento” che non siano di ostacolo alla migliore qualità, anche ambientale dei prodotti alla base peraltro della razionalizzazione della spesa pubblica; il Ministero dell’Ambiente, che dovrà assumere un sempre più complesso ruolo di coordinamento e rafforzare le iniziative anche nel campo della formazione; le Associazioni di categoria, le Camere di Commercio, che dovranno accompagnare proattivamente questo percorso, anche relativo alle attività di assistenza tecnica alle imprese, sia produttrici che distributrici, per facilitar loro la partecipazione alle commesse pubbliche.
Azioni sinergiche che, via via, si stanno attivando.
A FORUM PA 2017 (23-25 maggio) si parlerà di procurement pubblico e spreco zero:
La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile
Un nuovo modello di procurement pubblico