“Puntare sul welfare aziendale per dare risposte concrete ai cittadini”
A sottolinearlo Teresa Marzocchi, assessore regionale alle Politiche Sociali dell’Emilia Romagna. L’Emilia Romagna ha avviato un progetto che si propone di accompagnare l’evoluzione delle esperienze regionali di welfare aziendale, con l’intento di realizzare una piattaforma informativa che possa svilupparsi su scala nazionale. L’iniziativa, assunta d’intesa con l’Amministrazione regionale che da tempo ha avviato un’indagine sul rinnovamento dei modelli di welfare nella chiave dell’ “economia sociale”, è stata presentata oggi in un convegno a FORUM PA 2013.
30 Maggio 2013
Domenico Zaccaria
A sottolinearlo Teresa Marzocchi, assessore regionale alle Politiche Sociali dell’Emilia Romagna. L’Emilia Romagna ha avviato un progetto che si propone di accompagnare l’evoluzione delle esperienze regionali di welfare aziendale, con l’intento di realizzare una piattaforma informativa che possa svilupparsi su scala nazionale. L’iniziativa, assunta d’intesa con l’Amministrazione regionale che da tempo ha avviato un’indagine sul rinnovamento dei modelli di welfare nella chiave dell’ “economia sociale”, è stata presentata oggi in un convegno a FORUM PA 2013.
Teresa Marzocchi, assessore regionale alle Politiche Sociali dell’Emilia Romagna, ci spiega gli obiettivi del progetto avviato in Emilia Romagna.
Si parla molto di welfare aziendale ma non sempre è facile darne una definizione precisa.
In effetti le sue sfaccettature sono molteplici. Il welfare aziendale riguarda la partecipazione delle aziende a tutti i servizi di welfare in favore dei propri dipendenti: si va dagli asili ai buoni spesa, da strumenti di sostegno alle famiglie alle cure sanitarie. L’assunto di base è che se i dipendenti sono messi nelle condizioni di lavorare al meglio, e se si crea un buon rapporto relazionale di scambio, l’azienda può migliorare anche i propri livelli di opportunità. Il welfare aziendale, inoltre, nasce dalla necessità di fornire ai lavoratori risposte flessibili, che siano in grado di coprire il cambiamento non solo economico, ma anche sociale.
Quindi l’esigenza di puntare sul welfare aziendale nasce anche dalla crisi del welfare di primo livello, che subisce gli effetti della crescita zero, dell’alto debiti pubblico e dell’invecchiamento della popolazione?
Di sicuro, anche in Regioni virtuose come l’Emilia Romagna, è difficile mantenere elevati i servizi del welfare di primo livello. Per questo motivo è necessario supportare le aziende che assumono un ruolo più attivo nella programmazione delle risorse di welfare dei territori, ovvero costruire una cultura di welfare partecipato: per fare ciò è necessario affiancare il lavoro svolto da imprese sociali, profit e no profit, a quello delle istituzioni pubbliche. E bisogna farlo in fretta, dal momento che le risorse sono in continua diminuzione e, al contempo, le necessità demografiche sono in aumento perché si vive sempre di più.
In Emilia Romagna è nato un progetto che ha l’obiettivo di accompagnare l’evoluzione delle esperienze regionali di welfare aziendale.
Unioncamere ha avviato due progetti contemporanei che vanno nella medesima direzione. Con l’Assessorato Attività Produttive, è in atto un lavoro di ricerca sulle aziende attive sul fronte del welfare aziendale, per capire quante sono e che tipo di servizi erogano. Con il mio Assessorato, quello alle Politiche Sociali, stiamo studiando come il mondo no profit partecipa alla costruzione di politiche sociali. In sostanza, Unioncamere sta indagando la produttività del mondo sociale, e al contempo le caratteristiche sociali delle imprese. Il tutto con l’obiettivo di creare i presupposti per un incontro che garantisca sistemi di welfare integrati.
Quali sono i possibili sviluppi di questo lavoro sul piano nazionale?
Anche in Liguria si sta sviluppando in questi mesi un progetto simile al nostro: l’auspicio è che percorsi simili siano intrapresi anche in altre Regioni d’Italia, per poi estendersi su tutto il territorio nazionale.