Quando l’efficienza è un boomerang

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No, non voglio dire che l’efficienza della PA si rivolti contro chi l’ha richiesta a gran voce, questo no, ma diciamo che gli torna in mano, appunto come un boomerang e lo inchioda alle sue responsabilità, guardandolo negli occhi e interrogandolo sulla serietà delle sue intenzioni. Mi spiego meglio: una certa parte della politica, degli addetti ai lavori e dell’opinione pubblica ha urlato a gran voce per chiamare l’efficienza dell’amministrazione, ma forse nella speranza che non sarebbe mai arrivata. Quando qualcosa si muove eccoli a protestare e a scuotere la testa con Talleyrand, mormorando: “Surtout pas trop de zèle”! Prendo spunto da tre storielle: la Finanza a Cortina, i processi a Milano, i certificati a Roma.

31 Gennaio 2012

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

No, non voglio dire che l’efficienza della PA si rivolti contro chi l’ha richiesta a gran voce, questo no, ma diciamo che gli torna in mano, appunto come un boomerang, e lo inchioda alle sue responsabilità, guardandolo negli occhi e interrogandolo sulla serietà delle sue intenzioni. Mi spiego meglio: sono rimasto molto colpito da tre fatti apparentemente molto diversi che parlano tutti di un’efficienza chiamata a gran voce, ma che poi, quando è arrivata ha, diciamo così, superato le aspettative e ha rischiato di far paura agli stessi che l’avevano invocata.

Prendo spunto da tre storielle: la Finanza a Cortina, i processi a Milano, i certificati a Roma.

Cortina d’Ampezzo, 3 gennaio 2012: l’Agenzia delle Entrate con una massiccia operazione di controllo (poi replicata a Portofino, Roma e Milano) scova centinaia di evasioni piccole e grandi. Bene, direte voi, far pagare le tasse a tutti è proprio l’efficienza che abbiamo chiesto a questo pezzo dell’amministrazione pubblica che ha come indicatore di risultato appunto quanti evasori scova e quanto gettito evaso recupera… ma non la pensano tutti così.  "L’Agenzia delle entrate non deve assumere una configurazione politica, mediatica e anche propagandistica" tuona Fabrizio Cicchitto. Il blitz a Cortina sa di "trovata propagandistica", fatta da "un fisco poliziesco" rincara Giancarlo Galan.

Sentite questa, che secondo me è la migliore: "Contro l’evasione si sta sviluppando lo stesso odio qualunquistico e giacobino che circola da mesi contro la politica – afferma Francesco Pionati, segretario dell’Alleanza di centro – . Così il Paese si avviterà sempre più in una spirale senza via d’uscita, con un aumento della violenza". Bella eh? Come se non rischiassimo di più la violenza lasciando i ricchi che fanno i poveri andare in giro in Ferrari, magari prendendoti anche il posto di tuo figlio all’asilo nido in quanto nullatenenti!

Potrei continuare per dieci pagine, non lo faccio per carità di patria e riporto solo il commento pacato del funzionario pubblico che noi paghiamo (bene) con i nostri soldi proprio perché trovi gli evasori e li punisca: "I controlli – conclude Attilio Befera – si faranno ancora" e "gli italiani devono decidere che cosa vogliono. … Perché a parole tutti sono d’accordo a fare la lotta all’evasione, ma solo quando non li riguarda"

Milano, gennaio 2012: nel processo Mills siamo alle ultime battute. Tra poche settimane si chiude per prescrizione e tutti a casa. L’impegno e i soldi impiegati in questi anni sarebbero buttati e non avremmo mai un giudizio, lasciando tutti gli onesti, comunque la pensino nel merito e, specie (spero) se sono innocentisti, con l’amaro in bocca. Che ci aspettiamo allora da quel pezzo di amministrazione pubblica che è l’amministrazione della giustizia? Ma è chiaro che faccia presto, che si spicci, che fissi udienze a passo di carica e scongiuri la sconfitta della legge e lo spreco delle risorse che sarebbe appunto la prescrizione.  Ma anche qui non mi pare che la pensino tutti così:  secondo la difesa i magistrati avrebbero manifestato di aver già preso una decisione e di volere una condanna. E avrebbero mostrato questo convincimento fissando udienze con urgenza e a ritmo serrato per arrivare alla sentenza, evitando la prescrizione.  Anche qui un funzionario pubblico (Vietti), pagato da tutti noi, cerca di riportare la cosa alla ragione e dice  (addirittura) che ogni processo, per sua natura, deve arrivare a decisione nel merito e che è "giusto" accelerare un processo per arrivare a sentenza. Apriti cielo, persino l’ex Guardasigilli Alfano non approva un ragionamento così ovvio, di efficienza, di buon uso dei soldi pubblici e di celerità necessaria e parla, invece, di “grave scivolone politico”.

Roma, 1 gennaio 2012: dall’inizio del 2012, entrando in vigore la Legge 183/2011 è vietato presentare ad un’amministrazione pubblica un certificato rilasciato da un’altra amministrazione.  Sembra un ossimoro o un gioco di parole, ma sta a significare che è stato necessario un divieto formale per far applicare quell’abolizione dei certificati che, cominciata addirittura del ’68 come possibilità di autocertificazione, resa obbligatoria da una serie ininterrotta e inattuata di leggi che avevano vietato alle amministrazioni di chiedere dati in possesso comunque dell’amministrazione pubblica nel suo complesso, nella realtà è rimasta sin qui più o meno lettera morta. Qui non c’è nessuno o quasi che si è inalberato, tranne forse un distinguo della CGIL Funzione Pubblica, ma si sono ribellati – in molti commenti diciamo così informali – tanti dirigenti e funzionari pubblici che hanno parlato di “oggettiva impossibilità”. Qui la ricerca dell’efficienza è dovuta andar giù con l’accetta e ha imposto qualcosa sulla base di quella auspicata interconnessione che era  e rimane solo un proposito, perché una vera rete tra le amministrazioni, dopo oltre vent’anni che se ne parla, è ancora lontana da venire.

Anche qui il boomerang torna in mano a chi l’ha lanciato: al di là dei proclami della legge la situazione dell’informatica pubblica è infatti tale che renderà percorribile nei fatti solo la strada dell’autocertificazione. Ma l’autocertificazione è un placebo, non una cura: segnala solo che la PA non è in grado di scambiarsi i dati e dà al cittadino l’onere di certificarseli in proprio, e ai singoli uffici l’onere di controllare. Forse oggi questa scappatoia era necessaria, almeno come segnale, ma non è questa la strada maestra: sarà ora quindi di riprendere con forza la strada delle convenzioni per l’accesso alle banche dati, previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale e inattuate, dell’interconnessione e della cooperazione delle amministrazioni. Magari prendendo sul serio quel cloud computing  per la PA su la cui organizzazione l’Italia è uno dei pochi Paesi a non aver ancora elaborato una strategia pubblica. Solo così il boomerang andrà a segno e non ci tornerà in mano, lasciandoci a bocca asciutta.

Insomma  una certa parte della politica, degli addetti ai lavori e dell’opinione pubblica ha urlato a gran voce per chiamare l’efficienza, ma forse nella speranza che non sarebbe mai arrivata. Quando qualcosa si muove eccoli a protestare e a dire con Talleyrand, scuotendo la testa, “Surtout pas trop de zèle” !

 

 

 

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