Recovery Plan. FORUMDD, Movimenta e FPA: “Questa è la strada per riformare le PA e rispondere ai bisogni dei cittadini. Basta parlare d’altro”
Forum Disuguaglianze Diversità, Movimenta e FPA nell’esaminare il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza approvato dal Consiglio dei Ministri ne apprezzano i significativi progressi relativamente alla Missione “Digitalizzazione e modernizzazione della PA”, e invitano allo stesso tempo il Governo e il Parlamento ad una ancor più decisa azione. Ecco su cosa lavorare
13 Gennaio 2021
Redazione FPA
Il testo provvisorio del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza è stato approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri in una versione profondamente rinnovata dopo un intenso lavoro tecnico e con le forze politiche. Questa proposta di Piano costituisce a sua volta la base di discussione per il confronto con il Parlamento, le Istituzioni regionali e locali, le forze economiche e sociali, il Terzo Settore e le reti di cittadinanza, ai fini dell’adozione definitiva del Piano.
Il Forum Disuguaglianze Diversità, Movimenta e FPA avevano partecipato a questo confronto lanciando, già all’atto della divulgazione della prima bozza di Piano, una “Proposta per la rigenerazione delle PA” che ha avuto ampi e qualificati consensi nel mondo politico, scientifico e imprenditoriale, ed è stata presentata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso un lungo e franco incontro tra il presidente Giuseppe Conte e una delegazione delle tre organizzazioni tenutosi a Palazzo Chigi lo scorso 28 dicembre.
Ora le tre organizzazioni, nell’esaminare questa ultima versione, ne apprezzano i significativi progressi relativamente alla Missione “Digitalizzazione e modernizzazione della PA”, e invitano allo stesso tempo il Governo e il Parlamento ad una ancor più decisa azione in due direzioni: individuare e dare forza con tempestività alle amministrazioni pubbliche, dai ministeri fino ai piccoli comuni, che collaboreranno all’attuazione dei progetti, anche attraverso assunzioni mirate e con metodi innovativi; evidenziare per ogni progetto i risultati attesi (non solo le realizzazioni), mettendo le PA nelle condizioni di raggiungerli autonomamente, senza rendere indispensabili forme di assistenza tecnica.
Pur nella definizione dei necessari passi da fare (la digitalizzazione, il rinnovamento generazionale, la formazione dei dipendenti, la nuova organizzazione del lavoro), il Piano deve definire e focalizzarsi sui risultati attesi dai cittadini e dalle imprese nei termini di una disponibilità di servizi semplici, veloci e vicini; di un facile accesso ai dati del patrimonio informativo pubblico; di una maggiore efficacia delle amministrazioni nel realizzare tutte le missioni strategiche che il Piano prevede. In questo senso, se concordiamo sul punto che recita “La realizzazione degli obiettivi di crescita digitale e di modernizzazione della PA costituisce inoltre il presupposto per l’attuazione dei progetti previsti dalla Recovery e Resilience Facility (RRF) e allo stesso tempo una chiave di rilancio del sistema paese”, mettiamo in guardia gli estensori dal ritenere la digitalizzazione un obiettivo autoconsistente e non invece uno straordinario e ineludibile strumento per attuare le politiche.
Riguardo poi alla digitalizzazione della PA abbiamo apprezzato la definizione di obiettivi chiari, la centralità del paradigma tecnologico del cloud computing, l’importanza attribuita ai dati e alla sicurezza. In merito al patrimonio di dati della pubblica amministrazione, tre sono i progressi di cui avvertiamo l’importanza. Rendere esplicito il principio che i dati prodotti dal processo di digitalizzazione sono “bene comune” e indicare le modalità con cui questo principio potrà essere soddisfatto. Esplicitare per tutti gli interventi di digitalizzazione che la bussola di riferimento è sempre rappresentata dal miglioramento della qualità del servizio per gli utenti, chiarendo, dove non lo sono, i risultati attesi. E, infine, negli importanti progetti relativi alla formazione (dei dipendenti e della cittadinanza) rendere esplicito che le competenze da costruire riguardano non solo il “come” utilizzare le nuove tecnologie ma gli “scopi” per cui farlo e i rischi insiti in utilizzi che possano determinare una de-umanizzazione dei servizi.
APPROFONDIMENTO
Nell’appello lanciato dalle nostre tre organizzazioni proponevamo quattro azioni per la necessaria rigenerazione delle amministrazioni. Proviamo a leggere la missione del Piano dedicata alla PA sulla base di queste proposte:
- il Piano sembra cogliere appieno, in sintonia con la nostra prima proposta, l’assoluta necessità di basare le analisi dei fabbisogni di personale e competenze sulle missioni, e soprattutto di un rafforzamento della PA che preveda un massiccio rinnovamento generazionale con un progetto innovativo di reclutamento realizzato con bandi moderni, celeri, attenti alle competenze disciplinari e organizzative necessarie per le missioni strategiche e alla parità di genere nelle posizioni apicali; è tuttavia necessario che le nuove forze che il piano prevede di assumere per realizzare le missioni strategiche ed ottenere i risultati desiderati siano parte integrante delle amministrazioni e non rischino di costituire nuovo precariato o amministrazioni parallele slegate dalla gestione ordinaria.
- Altrettanto in sintonia con quanto da noi indicato nella seconda proposta sembra essere l’orientamento che le amministrazioni centrali e locali devono avere alle missioni strategiche; è però importante che queste missioni siano chiaramente definite attraverso risultati attesi misurabili e condivisi allo scopo di individuare le diverse azioni di rinnovamento/rafforzamento delle strutture della PA chiamate a conseguirli, minimizzando il ricorso a forme di supporto esterno, come quelle attivabili con l’assistenza tecnica, che non radicano competenze e capacità nella PA, rischiando, piuttosto, di perpetuarne la dipendenza dagli apporti esterni. È questo un passo ineludibile anche per utilizzare al meglio la spinta motivazionale che può venire dalla consapevolezza, da parte dei pubblici dipendenti, vecchi e nuovi, di partecipare a un progetto di rinnovamento e cambiamento del Paese, la sola che può unificare in questo progetto di cambiamento le diverse strutture, superando le barriere delle “competenze” e la segmentazione settoriale che imprigiona in compartimenti stagni la nostra amministrazione. Questo punto, la definizione chiara dei risultati attesi e misurabili per ciascuna delle 47 linee d’intervento, sembra essere una delle carenze maggiori del PNRR.
- Appare poi necessario sottolineare l’importanza di individuare le filiere amministrative verticali che sono coinvolte in ogni linea d’intervento, spesso solo sommariamente accennate, non solo per orientare al meglio le azioni di rafforzamento, ma anche per definire più puntualmente i ruoli di ciascun pezzo della filiera, che deve sentirsi accomunato da un obiettivo unificante. Questa assenza di specificazione unita all’assai frequente ricorso al bando come modalità di intervento sganciata da qualsiasi tentativo di programmazione, oltre a far emergere una debolezza/immaturità di visione strategica, lascia intravedere una collaborazione tra livelli centrali e livelli territoriali di governo, ancorata a vecchie logiche che non favoriscono il rinnovamento né dell’uno né dell’altro, né la rottura i dei silos amministrativi, né, infine, rendono possibile una valutazione dell’operato che superi i confini di ciascun ente.
- La creazione di percorsi di crescita professionale e un drastico salto qualitativo e quantitativo nella formazione dei dipendenti pubblici erano la nostra terza proposta. Anch’essa sembra aver trovato riscontro nel PNRR quando si parla di una PA competente e del rafforzamento e valorizzazione del capitale umano (noi preferiremmo dire “delle persone”). Il piano parla in particolare di percorsi di upskilling e reskilling e di stabilire un sistema nazionale di certificazione e di accreditamento degli organismi di formazione. È necessario però rendere stabile l’investimento in formazione (sin dal 2001 era stato fissato a non meno dell’1% della massa salariale) ed evitare di congelarla in schemi troppo rigidi che lascerebbero fuori la formazione tra pari, essenziale nella PA per lo scambio di buone pratiche, e le necessarie attività di mentoring e di tutoring che devono accogliere i nuovi assunti e che non hanno trovato per ora indicazioni nel piano.
- Tutto questo processo di riforma, sinteticamente delineato nei tre obiettivi precedenti, non avrà però né forza né orientamento se la PA non imparerà ad essere aperta e capace di collaborarecon il Terzo Settore e le organizzazioni di cittadinanza attiva, imparando a confrontarsi con i destinatari degli interventi, per acquisirne conoscenze e preferenze, dando loro l’effettivo potere di orientare le scelte ed essere parte della loro realizzazione. A questo requisito si pone attenzione, ed è positivo, solo con riferimento alla fase ascendente, alla finalizzazione del Piano nelle prossime settimane, attraverso il “il confronto con … le forze economiche e sociali, il Terzo Settore e le reti di cittadinanza”. Ma non vi è alcun riferimento alla necessità che il metodo partecipativo animi, assicuri monitoraggio e concorra attraverso la co-progettazione – oltre il 60% degli investimenti verrà attuata territorio per territorio da strutture amministrative decentrate – all’attuazione del Programma. Il Piano recupera la collaborazione con il Terzo settore solo nella quinta missione tesa all’inclusione e alla coesione, ma non considera questa dimensione come costitutiva di un’amministrazione condivisa. Preoccupa in questo contesto che, nell’ambito della rimozione e posponimento delle scelte in tema di governance del Piano, sia venuta meno ne attuale versione l’impegno per una “Piattaforma di Open Government per il controllo pubblico” che avrebbe dovuto garantire un controllo diffuso sul piano stesso, sulla spesa, le realizzazioni e i risultati, vigilando sui tempi e sulle modalità di erogazione delle risorse destinate ai singoli progetti. Il fatto che il Ministro dell’Economia e Finanze abbia dichiarato che le parti sociali e la società civile, “da coinvolgere in un confronto da avviare subito dopo il Consiglio dei Ministri … avranno un ruolo centrale anche per la realizzazione e gestione ma anche per costruire un meccanismo di valutazione e controllo dei risultati”, ci fa augurare che l’impegno alla costruzione della Piattaforma sia immediatamente reiterato.