EDITORIALE

Restart Italia: un’idea (condivisa) di futuro e il coraggio di cambiare

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Condivisione di un progetto di futuro, coraggio nell’affrontare il cambiamento e talento ribelle, sono le tre condizioni per far sì che la PA diventi protagonista della ripresa del paese. Ricordate la storia di “Sully”, protagonista dell’omonimo film diretto da Clint Eastwood? Ecco perché è molto vicina a quello che vogliamo raccontare…

10 Settembre 2020

Gianni Dominici

Amministratore Delegato FPA

Photo by Robert Collins on Unsplash - https://unsplash.com/photos/tvc5imO5pXk

Questi giorni, nel riprendere a pieno le attività dopo la pausa estiva, non possiamo che avere voglia di guardare avanti e di mettere in cantiere nuovi progetti, di collaborare fattivamente alla ripartenza del paese. Sentiamo una grande nostalgia, nostalgia di futuro.

Probabilmente avremo ancora da convivere con compromessi importanti sia in ambito familiare sia professionale, ma sappiamo che dobbiamo organizzarci al meglio comunque per non fermarci, per ricominciare a progettare e condividere un’idea ed un percorso di futuro.

Questo è ancora più vero nell’ambito del nostro settore più prossimo, quello dell’innovazione nella pubblica amministrazione, il cui ruolo è fondamentale per la ripresa del paese.

L’esperienza della pandemia ci ha restituito una PA che, pur con molte differenziazioni al suo interno, ha voluto e saputo reagire. A fronte di un obiettivo condiviso, la lotta alla pandemia, sono emerse non solo generosità ma anche energie e competenze che sono state spese per una causa comune. Al contrario, nelle nostre indagini emerge che la causa principale che porta, all’interno della PA, a contrastare il cambiamento, quel fenomeno che noi chiamiamo “burocrazia difensiva”, nasce soprattutto quando non ci si sente coinvolti sulle finalità ultime della propria azione, del proprio operato. Condividere un’idea di futuro diventa quindi indispensabile per orientare, ma anche per motivare le singole scelte e politiche dentro le organizzazioni.

Oltre a condividere un progetto di futuro dobbiamo anche trovare il coraggio per raggiungerlo, cambiando, quando necessario, completamente le nostre abitudini. I sei mesi passati ci hanno dimostrato che sono possibili nuove forme organizzative nelle PA e nelle aziende. La cultura dominante dei tornelli e delle impronte digitali si è sgretolata a favore di un nuovo rapporto di lavoro, dove non conta più la presenza, ma gli obiettivi e i risultati. Una nuova modalità di lavoro che chiama in causa anche i temi sulla conciliazione casa-lavoro, i rapporti di genere, le politiche di mobilità e di sostenibilità. Ma portare avanti i cambiamenti significa anche dimostrare il coraggio delle scelte, del mettersi in discussione, di cambiare le proprie abitudini. Il 3 settembre 1967, in Svezia, ci fu il Dagen H, il cambio di circolazione dalla “guida a sinistra” alla “guida a destra” che portò il paese ad adeguarsi con la maggioranza degli altri europei. Fu un giorno di caos in cui molti anziani decisero di non guidare più, piuttosto che tentare di adeguarsi, ma fu una scelta giusta e lungimirante. Dobbiamo considerare questo periodo come il nostro Giorno H per aiutarci a superare quello che economisti e psicologi definiscono “il pregiudizio dello status quo”.

Qui sotto un’immagine che ci mostra una strada di Stoccolma il 3 settembre 1967.

Di Jan Collsi̦̦ РS̴ var det, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3713432

Per accompagnare il cambiamento ben vengano piani e programmi. In un recente editoriale Carlo ha analizzato i tre  documenti sull’innovazione rilasciati dal governo nei mesi estivi. Un’imponente produzione in linea con la cultura del nostro paese, che ha sempre subito il fascino delle grandi riforme e delle programmazioni pluriennali. Tuttavia, come scrive Giuseppe De Rita in un recente contributo “tutti i documenti che pensano il futuro finiscono letteralmente nell’imbuto di una deputata responsabilità attuativa dello Stato o di una qualsiasi altra struttura di intervento pubblico”.  Aggiungendo che “lo sviluppo non lo fanno i piani e i poteri statuali, ma lo fanno i soggetti reali, quotidiani, della società.” Torniamo quindi, al valore delle persone dentro la PA, che oltre a dimostrare coraggio nell’affrontare il cambiamento devono anche portarsi in dote quello che in un recente libro Francesca Gino chiama Talento Ribelle. Persone che, grazie all’esperienza e alle competenze, sappiano anche, quando è necessario, disubbidire alle procedure e agli adempimenti, per raggiungere al meglio gli obiettivi e sostenere il cambiamento. Tra i tanti esempi che la Gino porta (da Napoleone ad Houdini, ad Olivetti) quello del comandante di aereo Chesley Sullenberger (alla cui storia è stato dedicato il film, “Sully” con Tom Hanks come protagonista) che nel gennaio 2009 si trovò ad affrontare un guasto ai due motori in fase di decollo (un evento mai accaduto prima). I manuali e la torre di controllo indicavano di tornare indietro, all’aeroporto di New York dal quale erano partiti, ma la sua esperienza lo portò a concludere che non ce l’avrebbero fatta e decise di ammarare nell’Hudson con una manovra considerata, fino ad allora, impossibile e che, invece, riuscì, portando in salvo tutti i 150 passeggeri. Dal momento del guasto a quello dell’ammaraggio passarono 208 secondi.

Condivisione di un progetto di futuro, coraggio nell’affrontare il cambiamento e talento ribelle, sono le tre condizioni per far sì che la PA diventi protagonista della ripresa del paese.

Il nostro ruolo, come tradizione, è quello di fare rete fra quei soggetti reali, quotidiani della società che saranno i veri protagonisti della ripresa. E’ di far emergere e conoscere i diversi Sully che ci sono nelle PA italiane e fargli condividere le loro soluzioni.  A questo è dedicato il nostro Restart Italia e il percorso di ascolto che abbiamo avviato oramai da diversi mesi dove alterniamo strumenti tradizionali come le interviste con quelli più sperimentali. Dite anche la vostra!

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