Riforma appalti, le misure necessarie dopo l’ok alla Legge Delega
Nonostante le linee guida della piattaforma europea forniscano indicazioni puntuali per i responsabili del procedimento, va intrapreso un percorso intensivo e diffuso di incremento della capacità amministrativa che accompagni, e per molti versi anticipi, l’attuazione delle azioni di domanda pubblica previste dalla programmazione regionale
18 Gennaio 2016
Francesco Molinari, ricercatore Politecnico di Milano
Le politiche per l’innovazione guidata dalla domanda sono la grande novità della programmazione 2014-2020 delle Regioni italiane.
Analizzando i testi dei documenti programmatici (PO FESR e strategie di specializzazione intelligente – Smart Specialisation Strategies, ovvero RIS3) delle 21 Regioni e Province Autonome, è facile rendersi conto che termini come domanda pubblica, PCP e/o pre-commercial procurement, ricorrono quasi ovunque nelle descrizioni delle azioni previste e degli strumenti di sostegno ipotizzati. Più precisamente, non vi è Regione o Provincia che non ne abbia fatto menzione nel PO FESR, nella RIS3, o in entrambi i documenti.
E’ chiara quindi la volontà di destinare una parte significativa dei 3,5 miliardi di allocazioni FESR per la ricerca e innovazione nel 2014-2020 attraverso gare di appalto nelle quali la pubblica amministrazione, tipicamente (anche se non esclusivamente) la Regione stessa, agirà da “primo acquirente” per favorire la creazione di un mercato a soluzioni tecnologiche di frontiera, in grado di rispondere a problemi sociali o sfide di miglioramento dei servizi di rilevanza generale.
L’intento politico è certamente quello di incrementare, anche attraverso un uso mirato dello strumento degli appalti pubblici, la capacità del sistema regionale di innovazione di produrre beni e servizi che effettivamente raggiungono il mercato, laddove le alternative esistenti (in particolare i finanziamenti a progetti cooperativi fra imprese e istituzioni di ricerca) troppo spesso si limitano a generare prototipi non in grado di raggiungere la fase commerciale.
A sostegno di questa visione, mutuata dal panorama europeo, interviene anche la riforma del sistema degli appalti e concessioni, attraverso il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, il cui disegno di legge delega è stato approvato in via definitiva dal Senato nella seduta del 14 gennaio 2016, mentre il termine per l’adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo è fissato al 18 aprile.
Con la piena attuazione della riforma, quattro saranno i procedimenti amministrativi a disposizione delle stazioni appaltanti italiane, normati dalle direttive europee ovvero in regime di esenzione condizionata:
- I partenariati per l’innovazione (Innovation Partnerships)
- Gli appalti pre-commerciali (Pre-commercial procurement – PCP)
- La procedura competitiva con negoziazione
- Il dialogo competitivo
Le caratteristiche comuni a tali procedimenti sono essenzialmente due:
- Facilitare, disciplinandola, l’interazione fra stazioni appaltanti e ditte fornitrici durante la fase delicata di definizione del perimetro e dell’oggetto degli acquisti pubblici innovativi, stante la difficoltà di definire esattamente cosa è innovazione per la pubblica amministrazione e/o per il mercato
- Regolare, nelle forme consentite dalla normativa generale o di settore, la condivisione di rischi e benefici inerenti alla gara d’appalto e la collaborazione leale e trasparente fra pubblico e privato.
Grazie all’attivazione di questi strumenti, gli acquirenti pubblici hanno la possibilità di guidare, con i propri fabbisogni e requisiti tecnici, lo sviluppo anche di più soluzioni alternative in grado di soddisfarli, scegliendo poi fra esse quella economicamente più vantaggiosa. I fornitori, peraltro, gradiscono il coinvolgimento nella pianificazione degli acquisti da parte del settore pubblico, per la possibilità di arrivare a conoscerne in maniera più puntuale le esigenze, sviluppare nuovi prodotti e servizi ad hoc, ed abbreviare per essi i tempi di raggiungimento della fase di commercializzazione su larga scala.
In verità, la scelta del procedimento amministrativo più idoneo dipende da molti fattori, che comprendono:
- Il livello di conoscenza del mercato da parte della stazione appaltante, se sia sufficiente o meno a consentire una definizione dettagliata dei requisiti delle soluzioni richieste;
- Il fatto che i prodotti o servizi innovativi siano già nel mercato ovvero occorra intraprendere una attività specifica di Ricerca e Sviluppo per arrivare ad una loro puntuale definizione;
- Se a valle di tale attività di R&S la stazione appaltante intenda o meno addivenire ad un acquisto su larga scala (per numeri maggiori delle piccole serie sperimentali);
- Se la stazione appaltante sia in possesso o meno di informazioni sufficienti ad elaborare delle specifiche tecniche per i prodotti o servizi da acquistare;
- Il numero di potenziali fornitori e la configurazione del mercato di riferimento (inteso a livello globale e non locale – trattasi di appalti europei);
- I tempi e le risorse disponibili per il procedimento di che trattasi.
Le linee guida della piattaforma europea di supporto al procurement innovativo forniscono indicazioni puntuali di sicuro interesse per i responsabili del procedimento. Tuttavia, anche per la limitatezza e la scarsa confrontabilità dei casi applicativi finora portati a termine con successo a livello nazionale ed europeo, appare necessario intraprendere un percorso intensivo e diffuso di incremento della capacità amministrativa che accompagni , e per molti versi anticipi, l’attuazione delle azioni di domanda pubblica previste dalla programmazione regionale.
La stessa ANAC, nell’ultima relazione al Parlamento (2 luglio 2015), ha richiamato l’attenzione “sulla necessità di adottare meccanismi di qualificazione e di professionalizzazione delle stazioni appaltanti, che attribuiscano la gestione di procedure di affidamento in ragione delle reali capacità tecniche, amministrative e gestionali del buyer pubblico”.
Il rischio è altrimenti quello di “affondare” le innovazioni promesse da questi nuovi strumenti, fra la Scilla del contenzioso amministrativo e il Cariddi delle violazioni del diritto comunitario in materia di concorrenza e aiuti di Stato.
Sotto il primo profilo, giova ricordare che nel 2014, a fronte di oltre 126.700 affidamenti di importo superiore ai 40.000 euro (fonte: Autorità Nazionale Anti Corruzione, ANAC) si sono registrati circa 5.700 ricorsi ai diversi TAR regionali (fonte: ANMA – Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi). L’entità del contenzioso ordinario potrebbe costituire un forte deterrente alla messa in campo di procedimenti di gara su tematiche attualmente rischiarate in modo limitato dall’esistenza di precedenti, come appunto i servizi di ricerca e innovazione.
Sotto il secondo profilo, è noto che le problematiche concernenti gli appalti pubblici in Italia rappresentano la principale fonte di rettifiche finanziarie per il FESR (con tale termine si definiscono le operazioni finanziarie atte a sanare, tramite rimodulazione o compensazione, importi indebitamente versati al beneficiario/destinatario finale). Negli anni 2010-2012, il valore di tali rettifiche è stato di circa 8 milioni di euro, come annotato in una recente (settembre 2015) relazione speciale della Corte dei Conti europea; i relativi errori hanno determinato l’aggiudicazione di appalti a soggetti che non avevano presentato le offerte migliori. Secondo la stessa relazione, nel periodo 2009-2012 l’Italia ha subìto l’apertura di 9 procedure d’infrazione, dato inferiore alla sola Grecia.
Rispetto all’altro rischio di violazione del diritto comunitario, va ricordato che l’ultima riforma della Disciplina degli aiuti di Stato in favore di ricerca, sviluppo e innovazione (2014/C 198/01 del 27 giugno 2014) ha espressamente considerato gli strumenti di domanda pubblica, introducendo criteri di auto-valutazione dell’esistenza di condizioni di esenzione dei regimi di aiuto , in modo da ridurre la necessità di effettuare notifiche preventive. Rovescio della medaglia di tale semplificazione è ovviamente l’esigenza di aumentare la consapevolezza del tema aiuti di Stato in connessione agli esperimenti di domanda pubblica a livello regionale.
Un’azione efficace e coordinata di Capacity Building, condotta sotto una regia unitaria a livello nazionale, potrebbe trasformare in opportunità l’esigenza di aggiornamento professionale delle stazioni appaltanti. Inoltre, essa potrebbe culminare nella predisposizione di strumenti di Soft Codification, come auspicato nelle stesse direttive europee, al fine di “assistere le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici, in particolare le PMI”, rendendo “disponibili gratuitamente orientamenti e informazioni per l’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione”, in tutte le fasi di pianificazione e gestione delle procedure d’appalto sopra citate.