Riforma dei centri per l’impiego: sfide e strategie per il recruiting moderno nella PA
L’esperienza della persona e le sue aspirazioni sono tornate al centro del lavoro e i talenti sono diventati più selettivi. I giovani chiedono qualcosa di più che il posto fisso o una migliore retribuzione: guardano ai benefit, alla flessibilità, al benessere. Ciò rende più complesso attrarre nuove leve, anche per la pubblica amministrazione
19 Settembre 2023
Patrizia Licata
Giornalista
Il PNRR cerca di dare una risposta alle nuove esigenze del mercato del lavoro con i fondi dedicati alle politiche attive del lavoro. Questo ambito include la riforma dei Centri per l’impiego (CPI), le strutture pubbliche coordinate dalle Regioni o dalle Province autonome chiamate a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tuttavia, i CPI hanno mostrato dei limiti – come riconosciuto dall’INAPP – e la PA deve saper far leva anche sulle proprie abilità di comunicazione interna ed esterna per promuoversi come datore di lavoro, imparando a fare Employer Branding e recruiting in modo più moderno, anche con la collaborazione di attori privati.
La PA alla ricerca di nuove metodologie di selezione per attrarre i talenti
Nonostante la pubblica amministrazione sia considerata sufficientemente moderna e attenta alle sue persone, come ha svelato una recente indagine svolta da FPA per Indeed, non riesce a tradurre questa percezione positiva in azioni efficaci per la promozione del suo “brand”, ovvero dei suoi valori, della sua mission e della sua unicità. Le amministrazioni dovrebbero adottare metodologie di recruiting che sfruttano tutti i canali di comunicazione disponibili e che valorizzano gli elementi più importanti della propria offerta, dalla formazione continua al work-life balance.
Questo è fondamentale oggi più che mai, perché la PA funge da motore delle strategie di ripresa del PNRR. La Pubblica Amministrazione italiana è tra le più anziane di Europa: i dipendenti pubblici hanno un’età media di quasi 50 anni, come emerso dalla ricerca annuale di FPA sul pubblico impiego. Inoltre, fanno poca formazione (appena 40 euro l’anno a persona per l’aggiornamento) e le competenze sono spesso disallineate dalle reali esigenze. Basti pensare che il 42,6% del totale dei dipendenti pubblici laureati ha principalmente competenze giuridiche, adatte a gestire procedimenti più che progetti.
“Per posizionare la PA sul mercato del lavoro, rendendola attrattiva e differenziandola dal settore privato, occorre seguire un nuovo modo di fare selezione”, sottolinea Roberto Colarossi, Senior Sales Director, Indeed Italia. “Oggi il principale attore del processo è il candidato, che non ha più un interesse prioritario rivolto alla ricerca del posto fisso, bensì l’urgenza di abbinare le proprie aspirazioni personali con quelle professionali”.
CPI e politiche attive del lavoro: sfide e opportunità
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha una specifica componente dedicata alle politiche attive del lavoro, in particolare per quel che riguarda occupabilità e formazione dei lavoratori. Il focus sui Centri per l’impiego è quanto mai necessario, si legge nel Rapporto 2022 INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), perché i CPI “restano ben lungi dall’essere ottimali: essi non riescono ad essere efficaci intermediari in posizioni ad alta professionalità, ma neanche nelle occupazioni di bassa specializzazione”.
Il nuovo “Piano straordinario per il potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro” prevede fino a un massimo di 11.600 unità di personale e la presa in carico di almeno 3 milioni di beneficiari entro il 2025. Sono obiettivi ambiziosi: negli ultimi dieci anni soltanto il 4% dei lavoratori ha trovato occupazione attraverso i Centri per l’impiego. Infatti, dominano i canali informali: quasi un lavoratore su quattro (23%) ha trovato posto tramite amici, parenti o conoscenti e il 9% attraverso contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo.
Ridefinire le politiche per il lavoro: il valore della partnership pubblico-privato
D’altra parte, la PA non può far tutto da sola. La collaborazione pubblico-privato è un modo di procedere virtuoso anche nelle politiche del lavoro, come riconosciuto dalla Corte dei conti nella relazione sul “Funzionamento dei Centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro” (2021). “L’efficienza dei servizi per l’impiego, a conferma dell’attuazione delle politiche attive per il lavoro, non è garantita solamente dai CPI, ma anche da soggetti privati autorizzati o accreditati che possono operare su tutto il territorio nazionale ed iscritti in un albo nazionale istituito dall’Anpal”, si legge nella relazione. Appare “evidente che il Sistema non può che integrare operatori pubblici e privati, ottimizzando le risorse utilizzate sui territori e incrementando la collaborazione tra gli stessi”.
La Corte ha sottolineato che la precarietà del mercato del lavoro e, al tempo stesso, la concorrenza per le risorse più qualificate “impone una profonda ridefinizione della politica per l’occupazione” che presuppone, da un lato, che la riorganizzazione dei Centri per l’impiego offra la possibilità di operare secondo modelli gestionali validi, anche con un miglior sistema di condivisione dei dati e interoperabilità dei servizi dall’altro, la necessità di dare spazio agli attori privati.
Comunicare la cultura del worklife integrated balance per attrarre talenti
La Pubblica Amministrazione già collabora con realtà private come Indeed per l’attrazione dei talenti e le attività di recruiting. Secondo Roberto Colarossi di Indeed, la PA deve introdurre la cultura del “worklife integrated balance”, che meglio esprime l’equilibrio tra vita privata e professionale perché non li mette in contrapposizione, ma li armonizza. Questo concetto va spiegato e promosso già negli annunci di lavoro e nell’attività di Employer Branding, che la PA dovrà rivolgere sia alle nuove leve, sia ai propri dipendenti. “Il settore pubblico sarà al centro di alcuni dei cambiamenti più entusiasmanti che l’Italia abbia visto negli ultimi decenni – conclude Colarossi-. Indeed può aiutare a connettere le persone in cerca di lavoro a far parte di questa prossima ondata di innovazione”.
Per esempio, suggerisce Indeed, in un annuncio di lavoro un elenco troppo dettagliato delle skill cercate, del tipo di formazione svolta e degli anni di esperienza precedente può diventare una barriera che allontana molti potenziali candidati. È più efficace sottolineare le skill e le conoscenze irrinunciabili, in modo da allargare, non restringere, il bacino di candidati raggiungibili. Inoltre, la qualità delle competenze, in diversi casi, è più importante degli anni di esperienza alle spalle.
In generale, un annuncio non deve solo essere formalmente inclusivo e non discriminatorio, ma deve riuscire a incoraggiare la candidatura, rendere appetibile quella posizione e quel datore di lavoro. Oggi le persone si aspettano standard più elevati dalle organizzazioni e la PA, come le imprese, deve essere in grado di comunicare la sua storia, la sua mission e i valori che la distinguono e la rendono desiderabile.