Rispondo ai commenti su “Fasce di reperibilità e assenteismo: avevo torto io e ragione Brunetta.”
Il mio editoriale sull’assenteismo della settimana scorsa ha suscitato una discussione in rete di cui ringrazio tutti gli autori e che merita un approfondimento. Per non essere troppo lungo lo farò per domande e riposte, sintetizzando liberamente quelli che mi sembrano i punti più importanti.
5 Febbraio 2010
Carlo Mochi Sismondi
Il mio editoriale sull’assenteismo della settimana scorsa ha suscitato una discussione in rete di cui ringrazio tutti gli autori e che merita un approfondimento. Per non essere troppo lungo lo farò per domande e riposte, sintetizzando liberamente quelli che mi sembrano i punti più importanti.
- ma ci si può fidare di questi dati? non dipendono da stagionalità, influenza A o altri elementi che non c’entrano nulla?
I dati sono corretti, rapportati sempre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e quindi indipendenti dalla stagionalità o dal periodo di ferie, depurati della componente influenzale, ossia della maggiore o minore incidenza delle malattie stagionali. Li ha controllati l’ISTAT, corrispondono anche ai dati che manda la Ragioneria Generale dello Stato. - ma dove stanno questi dati? come faccio a saperne di più e a controllare?
Giusta osservazione, ma presto fatto: i dati sulle assenze sono pubblicati mensilmente sul sito del Ministero Pubblica Amministrazione e Innovazione. Ci sono mese per mese con specifiche per amministrazione e per regione. - il vero problema è il provvedimento della riduzione salariale in caso di malattia.
E’ un punto significativo, ma che non è cambiato nel periodo in considerazione e quindi nulla spiega sul perché le assenze sono così tanto diminuite appena si è annunciato che le fasce sarebbero state allargate. Insomma è una considerazione importante e politicamente rilevante, che vede opinioni diverse (c’è chi ricorda che nel privato la riduzione del premio di presenza in caso di assenza c’è da sempre) e tutte rispettabili, ma che è fuori tema. - Colpire tutti con provvedimenti a pioggia, siano la riduzione delle fasce di reperibilità o la riduzione del salario accessorio, è ingiusto e dimostra solo che i dirigenti non sanno o non vogliono vedere chi lavora e chi no.
Sono perfettamente d’accordo. Credo anche io che molte responsabilità siano da attribuire alla dirigenza pubblica, credo che in questo senso il decreto 150 (la riforma Brunetta) sia una discontinuità importante, ma che non basti. Tutto il tema della dirigenza va ripensato dai meccanismi di accesso, ai concorsi, alla valutazione, al ripristino vero delle condizioni di indipendenza. Ad oggi mancano le principali condizioni di contesto che permettano ad un dirigente che ne abbia la voglia di decidere con autonoma responsabilità. E’ qui che si gioca la partita. - E’ vero i comportamenti opportunistici ci sono, ma per ridurli bisogna riconoscere il merito e cambiare l’organizzazione.
Credo anche io che le cose stiano così, anzi è proprio qui che volevo arrivare. Abbiamo visto che allargare le fasce di reperibilità fa calare le assenze e che ridurre il salario fa calare le assenze, ma è questa la medicina che volevamo? Siamo certi che alla fine fa guarire la PA malata e invece non la prostra in una presenza/assenza che è il contrario della produttività consapevole?
Concludo riportando un commento, quello di Patrizio Di Nicola che, più di qualsiasi altro, si avvicina al mio pensiero e alle mie considerazioni.
Caro Direttore,
capisco la tua amarezza, e vorrei instillare un dubbio: e se tu non avessi torto? Intendo dire che nella PA esistono entrambi i comportamenti, quelli opportunistici di chi si assenta per fare un altro lavoro (e quindi va contrastato con i controlli, ma ancor di più con la corresponsabilità dei manager spesso conniventi) e di chi si assenta per insoddisfazione verso il lavoro che svolge. Tu, forse, dall’interno, tendi a vedere le persone della PA come un blocco compatto. Non lo sono: per citare Crozier: “l’uomo non e’ soltanto un braccio e non e’ soltanto un cuore. L’uomo e’ una mente, un progetto, una libertà”
Ma quanto avvenuto (annuncio di maggiore reperibilita’, riduzione delle assenze dopo un periodo in cui si erano innalzate) mostra quanto debole [io aggiungerei anche quanto precario e volatile] sia l’approccio "fannullonista", e quanto semplicistico e vano sia il tentativo di modificare i comportamenti dei dipendenti SENZA un progetto di riforma che li coinvolga nel ripensamento dell’organizzazione sostanziale. Non voglio andare per le lunghe (…) : non c’e’ riforma della PA senza la partecipazione delle persone, non c’e’ partecipazione senza un sistema che motivi al lavoro, e che lo renda, oltre che retribuito, anche gratificante.