Smart working, ma non solo: ecco le parole chiave del cambiamento organizzativo nella PA

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Politiche di reclutamento, job crafting, age management, reskilling, retention dei talenti: quando si parla di cambiamento organizzativo nella PA sono tanti gli aspetti che entrano in gioco. Tanti pezzi di un puzzle, se ne manca anche uno solo il quadro non è completo. In primo piano in questo momento troviamo, naturalmente, lo smart working e le relative competenze richieste a collaboratori, manager e personale HR

9 Febbraio 2021

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Stefania Allegretti

Esperta in smart working, analisi organizzative e age management

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Andrea Tironi

Photo by Clarissa Watson on Unsplash - https://unsplash.com/photos/0aLt3QExk3Y

Quali sono gli aspetti centrali da prendere in considerazione parlando di cambiamento organizzativo nella PA? In primo piano in questo momento troviamo, naturalmente, lo smart working e le relative competenze richieste. Ma è solo uno degli elementi che entrano in gioco. Vediamoli insieme…

Smart working e competenze

Quando si parla di smart working, si parla molto di Persone e Organizzazioni. Infatti il lavoro flessibile è una nuova modalità organizzativa che impatta direttamente sulle persone, siano esse del reparto HR (risorse umane), manager o collaboratori. Il miglioramento richiesto alle persone spesso viene declinato in “necessità di formazione”. Ai collaboratori si richiede di acquisire nuove competenze, di vario tipo.

Le competenze strumentali

Le persone che lavorano da remoto si trovano ad affrontare nuove sfide a livello di strumenti, che nella PA possono essere declinate in:

  • utilizzo di notebook;
  • utilizzo di soft phone (telefoni virtuali) mediante app su smartphone o applicazioni su personal computer;
  • utilizzo di strumenti di connessione remota (vpn, vdi…);
  • utilizzo di documenti non cartacei (miglioramento nell’editazione di file pdf senza doverli stampare);
  • utilizzo di firme digitali al posto della firma cartacea;
  • utilizzo di strumenti di collaborazione (teams, google workspace…);
  • utilizzo di strumenti di video conferenza;
  • utilizzo di strumenti di streaming per eventi remoti.

Le competenze di team building

Le persone devono migliorare le soft skill, ovvero la capacità di lavorare in team da remoto, essendo più attente ai colleghi, migliorando la comunicazione tra loro, cercando di scambiarsi un maggiore numero di informazioni utilizzando gli strumenti corretti, aumentando la capacità di percepire i concetti di tempo e spazio con maggiore focalizzazione e rispetto dei tempi e spazi altrui, che, sebbene remoti e virtuali, diventano più personali.

Chi deve governare il cambiamento organizzativo?

Il ruolo dei manager

La cosa interessante del lavoro ibrido è che i primi a dover acquisire queste abilità sono i manager. I manager sono la chiave per questo cambiamento e sono anche quelli più in difficoltà nel portarlo avanti, perché, oltre a viverlo come gli altri, devono anche governarlo.

Mentre un collaboratore può limitarsi a dire che il lavoro ibrido “gli piace o non gli piace” e che “farà del suo meglio”, i manager hanno il compito di calare nella struttura questa nuova modalità, capendo come impatta su di di loro, sul loro gruppo di lavoro, sull’interazione tra i gruppi di lavoro e su cittadini e imprese, che sono l’utenza finale del servizio pubblico.

I manager devono:

  • al controllo sostituire l’empatia, la responsabilizzazione, la profondità delle relazioni;
  • al potere esercitato, devono sostituire l’autorevolezza, il prolem solving, le competenze di leadership;
  • inoltre, devono potenziare le loro abilità, perchè non basta più solo essere bravi leader, ma bisogna essere bravi leader remoti, avere un minimo di competenze tecnologiche, aiutare i collaboratori a gestire meglio il cambiamento in corso.

Questo genera un impatto sui manager e crea una scrematura. In periodi di mare piatto tutti sanno portare una nave, ma in periodi di mare mosso (e di cambiamento organizzativo importante) si vede chi è un capitano da seguire e chi no.

Del resto, anche un bravo capitano può avere momenti di sconforto e di difficoltà e anche i manager migliori hanno bisogno di una mano per capire come gestire questo cambiamento, ovvero hanno bisogno di un bravo primo ufficiale che li aiuti.

I bravi ufficiali: il ruolo delle HR

Dove trovare un bravo ufficiale? I “bravi ufficiali” sono le risorse umane, le persone delle HR, che, sebbene impattate a loro volta dal cambiamento organizzativo, hanno il compito di aiutare la struttura (sia manager che collaboratori) in questa trasformazione.

Le Risorse Umane conoscono i manager e possono aiutarli a individuare i punti di forza e di debolezza, in modo da capire dove migliorare. Ma, soprattutto, possono dare luce a una serie di cambiamenti che nella PA, al momento, sono stati oscurati dal cambiamento associato al lavoro ibrido, ma che stanno avvenendo e avverranno nei prossimi anni.

Le parole chiave del cambiamento organizzativo

Reskilling

Partiamo con un primo tema abbastanza noto, ma sempre più di attualità: il reskilling. L’età media della PA italiana è di 54 anni, quindi buona parte delle persone che lavorano nelle nostre amministrazioni hanno cominciato con la macchina da scrivere e finiranno con l’intelligenza artificiale. E’ necessario aiutare questi dipendenti pubblici in una transazione di apprendimento non semplice, spesso subita passivamente o percepita come fastidiosa.

Buona parte di queste persone, che lavoreranno ancora dieci anni, necessitano di un potenziamento notevole di competenze digitali, perché quello che sanno in buon parte l’hanno imparato da sole sul campo. Spesso, invece, c’è bisogno di metodo e di una formazione che sia pragmatica, per assorbire argomenti in maniera logica e non solo esperienziale.

Questa generazione, se non verrà gestito il turnover, uscirà progressivamente dalla PA portando via un patrimonio informativo ed esperienziale enorme, che non verrà rimpiazzato.

Reclutamento ed age management

Per questo serve “age management”, soprattutto in questo momento storico in cui si parla di inserire dai 300.000 ai 500.000 giovani nella PA (ovviamente ci crederemo quando lo vedremo…). Parlare di 500.000 giovani, considerato che gli under 30 nella PA al momento sono 93.000 e quasi tutti nelle Forze dell’Ordine o Armate, vuol dire un incremento del 400% dei giovani sparsi in tutti i settori. E vuol dire far passare i giovani dal 2.9% della forza lavoro ad oltre il 10% della forza lavoro.

Di come questi giovani verranno reclutati/selezionati si è parlato molto: si spera verranno assunte meno figure puramente giuriste e più figure tecnologiche e di management. Come per il Responsabile per la transizione al digitale servono competenze legali, manageriali e tecnologiche, così il personale della PA dovrebbe, nel complesso, avere questi tre tipi di competenze.

Ipotizzando che arrivi uno tsunami di giovani equamente distribuiti tra competenze legali, manageriali e organizzative,si avrà una ventata di freschezza nella PA, ma tale vento dovrà anche essere governato in modo da:

  • permettere il passaggio di esperienza dalle generazioni più vecchie a quelle più giovani;
  • rispettare le differenze generazionali. Se prima occorrevano 25 anni per un passaggio generazionale, ora ne bastano 12, se non meno, per cui si troveranno a lavorare fianco a fianco una generazione di over 50 e una generazione di 30enni, separate da un buco di 2-3 generazioni;
  • permettere ai giovani di portare valore aggiunto, non solo tecnologico ma anche di approccio alle cose. In fondo sono i giovani che costruiranno il mondo di domani e, se gli over 50 sono nati nel boom economico, i millenials sono nati in un mondo già in decadenza capitalistica ovvero hanno idee, obiettivi, valori, diversi.

Attrazione dei talenti

Tutte queste generazioni potranno, se ben amalgamate, aiutarci a superare un altro rischio: lo spopolamento della PA, unito al rischio di perdere talenti.

Se 20-30-40 anni fa entrare nella PA era un obiettivo per i giovani, oggi non lo è più. Per le amministrazioni è quindi un tema centrale non solo attrarre i giovani, ma anche tenerli. Perchè, se i giovani che vogliono entrare nella PA non sono molti e la PA non è al passo con l’evoluzione del mondo e con gli interessi nuovi rapportati al mondo del lavoro, i giovani se ne andranno.

Un esempio semplice da fare è questo: per un giovane fare smart working potrebbe essere un requisito per uno stile di vita adeguato alle proprie aspettative. Le nuove generazioni, infatti, sono più attente anche al tempo fuori dal lavoro: se per le generazioni più vecchie lavorare era quasi uno scopo, per le giovani è un mezzo. E se il lavoro non permette smart working, allora per i giovani potrebbe non essere interessante.

Job crafting

In tutto questo, non dimentichiamo il job crafting, ovvero aiutare le persone a trovare motivazione nel proprio lavoro. Alcuni vecchi ministri della PA hanno fatto passare il messaggio che nella PA ci sono tanti fannulloni. Ma non è così: nella PA ci sono pochi fannulloni (o perlomeno un numero simile al privato), molti disillusi, tanti che hanno provato a cambiare le cose e sono stati sconfitti, tanti che sono stati livellati al ribasso dal sistema burocratico e alcuni che sono riusciti a realizzarsi. Questa è la PA. Rivitalizzare anche queste persone che stanno nel mezzo (i disillusi, quelli che ci hanno provato, i livellati al ribasso) può essere una nuova sfida, che le generazioni in entrata possono aiutare a raggiungere con la nuova energia che porteranno.

Conclusioni

Quindi, riassumendo, il cambiamento organizzativo nella PA può essere visto non solo nell’ottica di lavoro ibrido, ma anche in ottica di:

  • politiche di reclutamento
    • aggiungere personale con competenze tecnologiche e personale con competenze manageriali, al reclutamento di personale indirizzato all’adempimento;
    • reclutamento basato sulla persona, sulla volontà di inserire cervelli e gente pensante e non semplici perfetti esecutori della norma.
  • job crafting
    • rivitalizzazione di chi è nella PA
  • age management
    • amalgama delle generazioni che si troveranno a confrontarsi
  • reskilling
    • miglioramento competenze manageriali e digitali
  • retention dei talenti
    • lavoro ibrido, incentivi, capacità di collocare le persone nel posto giusto

Ci sarà da divertirsi, sia per le risorse umane, che per i manager, che per tutti i collaboratori.

Andrea Tironi e Stefania Allegretti, autori di questo articolo, fanno parte del Centro di competenza di FPA sul POLA e saranno tra i formatori del Campus dedicato al tema

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