Buoni pasto e Smart Working: ecco quando se ne ha diritto

Home Riforma PA Smart Working Buoni pasto e Smart Working: ecco quando se ne ha diritto

Una questione che da tempo è intervenuta nell’ambito dello Smart Working riguarda i buoni pasto: l’azienda deve concederli oppure no?

6 Marzo 2020

C

Maurizio Costa

Content Officer FPA

Photo by Chris Spiegl on Unsplash - https://unsplash.com/photos/CSJPm2POibQ


Lo Smart Working è una modalità di lavoro subordinato che non presenta precisi vincoli di luogo o di orario: il dipendente può lavorare, dunque, sia all’interno dei locali aziendali, sia all’esterno di essi (a casa, in un coworking etc.).

Ascolta l’articolo in podcast


Questo nuovo modello lavorativo è stato recentemente regolarizzato da alcuni interventi legislativi, tra i quali la legge del 22 maggio 2017, numero 81. Sebbene questa legge abbia regolato la pratica dello Smart Working, ci sono ancora molti risvolti poco chiari: uno di questi riguarda i buoni pasto che il datore di lavoro, o l’amministrazione, può fornire ai propri dipendenti.

Dato che durante una giornata di Smart Working il lavoratore non si trova nel suo normale ufficio, e magari sta svolgendo le sue mansioni presso la propria abitazione, ha comunque diritto al buono pasto?

La normativa sui buoni pasto

Il Decreto che regola le disposizioni sui buoni pasto per i lavoratori è il numero 122 del 7 giugno 2017. Partiamo dalla definizione fornita: per attività di emissione di buoni pasto si intende “l’attività finalizzata a rendere, per il tramite di esercizi convenzionati, il servizio sostitutivo di mensa aziendale”.

I buoni pasto, quindi, possono essere forniti a tutti quei lavoratori dipendenti, a tempo pieno, parziale o con un rapporto di collaborazione anche non subordinato, che non hanno a disposizione una mensa aziendale. Questi buoni possono essere resi anche al lavoratore che da contratto non ha diritto a una pausa pranzo.

I buoni pasto, per legge, “non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare”. I buoni pasto, comunque, non sono obbligatori: il datore può decidere se erogarli oppure no, a meno che non siano previsti nei contratti collettivi o nella contrattazione di secondo livello o individuale.

Dopo aver inquadrato di cosa stiamo parlando, entriamo più nel particolare, rivolgendo l’attenzione alla fornitura di buoni pasto nei confronti degli smart worker.

FORMAZIONE ONLINE

Tutto sullo Smart Working: scopri l’offerta di corsi online

Contesto, leve progettuali, consigli pratici: tutto quel che serve per introdurre lo Smart Working nella vostra organizzazione

2 Luglio 2024

Buoni pasto e Smart Working: un problema di sede?

Abbiamo detto che il buono pasto non è obbligatorio e viene erogato ai lavoratori che non hanno a disposizione una mensa aziendale. Si tratta di un beneficio accessorio (o fringe benefit), così come lo sono le auto e i telefoni aziendali.

Ma se il dipendente sta lavorando in modalità Smart Working presso la propria abitazione, ha diritto a questo tipo di beneficio?

Spesso si pensa che, dato che il lavoratore potrebbe trovarsi a casa, o comunque fuori dai luoghi di lavoro abituali, durante una giornata in lavoro agile, non ha diritto al buono pasto: potrebbe cucinare da solo (a casa) o comunque organizzarsi in maniera differente rispetto al normale luogo di lavoro.

Cosa dice la legge sullo Smart Working

Partiamo sempre dalla legge: la numero 81 del 2017 afferma che:

“Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.

Quindi, in teoria, il trattamento economico del dipendente dovrebbe rimanere invariato, ma i buoni pasto non vengono esplicitamente nominati dalla suddetta legge e quindi le interpretazioni sono molteplici.

In linea di massima, ogni azienda o amministrazione decide autonomamente se concedere i buoni pasto in una giornata di Smart Working: alcuni lo fanno, altri no. Basta inserire quanto stabilito dal datore di lavoro nell’accordo individuale relativo alla modalità di lavoro agile, obbligatorio per legge.

Questo accordo deve essere stipulato tra i dipendenti e l’azienda, così da regolare per iscritto la prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali. Il datore di lavoro, tramite questo accordo, può quindi decidere se erogare o meno i buoni pasto durante una giornata di Smart Working.

Quando i buoni pasto vengono erogati

Le aziende o le amministrazioni che garantiscono i buoni pasto in regime di lavoro agile lo fanno per un semplice principio: lo Smart Working non vuol dire solamente lavorare da casa. Un dipendente, in una giornata di lavoro agile, può recarsi in un coworking, oppure lavorare presso una sede distaccata dell’azienda.

Perciò, così come il dipendente ha bisogno di mangiare fuori casa quando lavora nel suo ufficio, allo stesso modo dovrà farlo anche se sta svolgendo le sue mansioni in un’altra sede lavorativa.

E se il dipendente lavora da casa in modalità Smart Working? In questo caso, il buono pasto, che, come abbiamo detto, sostituisce il servizio di mensa aziendale, risulta utile anche per i pasti consumati nella propria abitazione (parliamo sempre di cibo acquistato e poi consumato dal dipendente durante l’orario di lavoro).

Quando i buoni pasto non vengono erogati

Molte aziende o amministrazioni, invece, durante le giornate di Smart Working non erogano il buono pasto né permettono ai dipendenti di usufruire del servizio mensa. Questo perché il beneficio del buono pasto viene equiparato ad altri trattamenti compensativi, che però non impattano direttamente sul “trattamento economico” del lavoratore.

In questi casi, si imputa la mancata erogazione del beneficio al fatto che il dipendente lavora da casa e quindi non avrebbe necessità di utilizzare un buono pasto.

In questi casi, si possono trovare comunque dei metodi alternativi per utilizzare al meglio i soldi risparmiati dalla mancata erogazione del buono pasto. Molte amministrazioni, infatti, non concedono i buoni pasto ma utilizzano i proventi derivati da questo risparmio creando un fondo dal quale poter attingere per ammodernare i computer dei dipendenti o per elargire ulteriori benefit comuni a tutti i lavoratori.

In conclusione, quando si parla di buoni pasto in regime di Smart Working, ogni azienda o ente può decidere se concederli o meno; l’importante è che la decisione venga inserita nell’accordo individuale sullo Smart Working che deve essere stipulato tra l’organizzazione e i dipendenti.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!