La flessibilità come bussola per la trasformazione
Siamo consapevoli che il modo di organizzare il lavoro e vivere l’attività professionale è cambiato, ma non siamo ancora in grado di vedere come sarà il nuovo che si affaccia all’orizzonte. Attraversare in modo consapevole questo periodo di trasformazione significa rivedere i modelli organizzativi per approdare a nuove modalità basate sul principio della flessibilità e sulla combinazione di lavoro in presenza e da remoto. È l’approccio di Istat, che sta per avviare una fase di test per verificare diversi aspetti abilitanti del lavoro agile (da quello tecnologico e logistico ad aspetti più legati alla gestione del personale), preliminare a un programma di sperimentazione che interesserà tutto il prossimo anno
9 Settembre 2021
Concetta Ferruzzi
Dirigente del Servizio Trasformazione digitale e analisi del rischio, Istat
Dopo un primo articolo a cura di Daniela Bonardo, Ricercatrice Istat presso la Direzione Centrale Risorse Umane, prosegue il racconto del percorso avviato da Istat affinché il lavoro agile diventi spinta e strumento di trasformazione organizzativa e culturale, per produrre valore e adattarsi al cambiamento in modo semplice ed equilibrato.
Noi non decidiamo la direzione del vento, ma possiamo decidere l’orientamento della nostra vela” – Amma
Il termine flessibilità – deriva dal latino [flexibilĭtas -atis] – si riferisce ad una caratteristica, o proprietà, di un materiale che si lascia piegare più o meno facilmente senza rompersi; in senso figurato qualcosa che può variare, modificarsi, adattarsi a situazioni o condizioni diverse. Nel nostro contesto lavorativo la flessibilità è legata ad una trasformazione culturale, di abitudini, di metodi per organizzare lavoro e produrre valore, e rappresenta la capacità di adattarsi al cambiamento in modo semplice ed equilibrato.
In questo tempo di crisi generale indotta dalla pandemia. anche il mondo del lavoro, pubblico e privato, sta vivendo un momento di cambiamento globale e profondo, un vero e proprio spartiacque tra un “prima” e un “dopo”.
Costruire il “dopo” richiede attraversare in modo consapevole il periodo di trasformazione che, nel caso dell’Istituto, ha per oggetto i modelli di organizzazione interni ed è finalizzato all’approdo verso nuove modalità di lavorare e di interagire con la collettività. Al tempo stesso superando le resistenze che cercano di riproporre soluzioni ormai logore e non più sostenibili.
Qual è l’elemento che impedisce il cambiamento?
Lo scenario è incerto. Siamo ormai sempre più consapevoli che un modo di organizzare il lavoro e vivere l’attività professionale è cambiato, ma al tempo stesso non siamo ancora in grado di vedere come sarà il nuovo che si affaccia all’orizzonte.
Come Istituto, e più in generale come Pubblica Amministrazione, sebbene consapevoli di non governare tutti i presupposti per la gestione della trasformazione, abbiamo l’esigenza di cambiare. Pensando ai presupposti normativi, ad esempio, bisogna attendere le decisioni che verranno adottate nei tavoli di contrattazione a livello nazionale nei prossimi mesi e allo stesso tempo provare a disegnare, come la legge prescrive attraverso l’adozione del PNRR[1], una progressiva pianificazione volta alla definizione della “gestione strategica delle risorse umane nella pubblica amministrazione”.
Questo non significa però che si naviga al buio, perché alcune “stelle comete” in qualche modo indicano la direzione. Sono i presupposti importanti, formidabili e fondamentali, rappresentati dai “valori” che muovono le organizzazioni. Non è retorica, al contrario è un principio semplice e concreto.
Pensiamo alla flessibilità, sicuramente uno dei valori che in questo periodo sta emergendo con forza. Riconoscere che la flessibilità nella gestione della prestazione lavorativa costituisce un importante strumento per ampliare e migliorare le modalità di svolgimento delle attività lavorative, per conciliare i tempi di vita/tempi di lavoro e generare risparmi che possono essere reinvestiti in un’ottica di miglioramento continuo del processo di lavoro, facilita il processo decisionale.
Infatti, se siamo consapevoli dell’importanza di questo valore, ecco che le scelte da prendere possono diventare relativamente semplici: si accordano, facilitano l’applicazione di questo valore o, al contrario, lo ostacolano?
Protagonisti della trasformazione
Proviamo a tradurre in termini pratici l’importanza della flessibilità come valore per guidare la trasformazione.
La flessibilità impatta sulla vita delle persone, e coinvolge il corpus lavorativo dell’Istituto costituito da 1.958 dipendenti, di cui 65 comandati presso altre istituzioni nazionali/internazionali o assenti a vario titolo dall’Istat. Il 60% è rappresentato da donne e l’età media è di 51 anni, in un range che va dai 23 ai 66 anni. Il personale è presente in tutto il territorio italiano: nelle 6 sedi della capitale si concentra l’85% del personale, mentre il restante occupa le 17 sedi regionali. I dipendenti sono distribuiti in varie strutture organizzative: Presidenza, Dipartimenti [3]; Direzioni [16], Servizi [51] ed operativamente sono assegnati a diverse Iniziative [656].
Alla complessità della struttura organizzativa va associato il concetto di agilità del lavoro. È una bella sfida! E per vincerla occorre adottare soluzioni e modelli organizzativi flessibili.
Forme di flessibilità per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sono state già riconosciute in passato, come il part-time, che riguarda 38 dipendenti (tale numero si è dimezzato nel corso dell’ultimo anno e mezzo), o il telelavoro, che coinvolge 160 dipendenti (l’8% della forza lavoro).
La gestione delle difficoltà in questa fase di emergenza sanitaria ha permesso di porre l’accento su alcuni temi cardine collegati al concetto di flessibilità, orientando alcune scelte organizzative dell’Istituto:
i) la capacità di pianificare e gestire le risorse – i carichi di lavoro, la motivazione, le relazioni;
ii) l’esigenza di gestire il potenziale rischio, indubbiamente associato alla specifica fase di emergenza – ma che potrebbe avere una lunga coda anche nel corso della ripresa – collegato al tema della conciliazione familiare, alla gestione delle relazioni professionali e al rafforzamento della capacità amministrativa: come razionalizzare gli spazi, ottimizzare le infrastrutture e le soluzioni tecnologiche, come valorizzare le competenze e facilitare i percorsi di crescita professionale garantendo l’efficacia dei processi produttivi e al tempo stesso salvaguardare le esigenze personali e di vita;
iii) il diritto alla disconnessione e la gestione del tempo: come coniugare al meglio l’adozione di strumenti digitali per la comunicazione, l’informazione e la condivisione e la formazione da promuovere; come facilitare l’armonico equilibrio tra lo scambio professionale e interpersonale – specifici del lavoro in presenza – e la migliore organizzazione personale del tempo (work-life balance);
iv) l’impatto sia sul piano relazionale per la gestione efficace dei gruppi di lavoro a distanza: come indirizzare la ricerca del giusto equilibrio tra lavoro in ufficio (il contatto diretto è imprescindibile e stimolante) e in altro luogo; come facilitare lo scambio e la condivisione in team a distanza, quali modelli di leadership dovranno emergere, quali esigenze di sensibilizzazione e supporto dovranno essere attivate.
Parole d’ordine della trasformazione in atto
La gestione equilibrata di queste prioritarie esigenze, spesso apparentemente in conflitto tra loro, può essere garantita solo introducendo la flessibilità come chiave strategica per orientare le scelte. In termini operativi possiamo individuare alcune parole chiave per guidare questa trasformazione.
Provare, sperimentare. Si sta progettando una sperimentazione che interesserà tutto l’Istituto per il periodo di un anno, a partire da gennaio 2022, in modo da monitorare nel tempo l’impatto del lavoro agile sulla produzione e sull’organizzazione delle attività. L’obiettivo è quello di far emergere vantaggi ed elementi di complessità da considerare ed affrontare per giungere ad una ottimale organizzazione del lavoro svolto in modalità agile, cioè con la combinazione di lavoro in presenza e da remoto. Si tratta di un cambiamento in primo luogo culturale, che richiede tempo, pazienza e capacità di ascolto.
Coordinare, condividere. La gestione del progetto è stata affidata ad una task force multidisciplinare e trasversale che ha il compito di curare l’attuazione della sperimentazione, la progettazione e realizzazione integrata delle attività preparatorie. Il progetto procede per fasi e prevede il coinvolgimento dei vari soggetti istituzionali per raccogliere spunti critici, suggerimenti e facilitare il processo di partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati. La task force sta pianificando una fase di test (che si svolgerà da ottobre a dicembre 2021) per verificare i dettagli delle diverse componenti della sperimentazione (tecnologica, logistica, organizzativa ecc.), un passaggio necessario e propedeutico all’avvio della sperimentazione del prossimo gennaio. È un progetto che non si costruisce a tavolino, lontano dalle persone, può essere realizzato solo insieme.
Regolamentare, comunicare. Bozza del regolamento su cui sono stati raccolti commenti e suggerimenti, per costruire insieme un progetto di flessibilità organizzativa che coniughi nel miglior modo possibile le esigenze di tutti. Il sito temporaneo – accessibile solo ai dipendenti – con le specifiche sui passaggi chiave, le caratteristiche dei profili di flessibilità, una serie di FAQ da consultare per capirne meglio il dettaglio, nonché le indicazioni per formulare domande e commenti. Le esigenze ed i fabbisogni da tutelare, sul fronte individuale e organizzativo, sono molteplici, e solo un processo di partecipazione attiva alla definizione delle regole può consentire l’individuazione di principi di facile applicazione, condivisi ed efficaci.
Partecipare. È stata realizzata una ricognizione della domanda di flessibilità, dal 13 luglio al 13 agosto 2021, che ha mostrato un forte interesse dei dipendenti: il 71% del personale ha optato per uno dei tre profili proposti: i) bassa flessibilità, indicata dal 13% del personale, che si traduce in non più di 4 giorni di lavoro agile da remoto al mese; ii) media flessibilità, optata dal 16%, fino ad un massimo di 11 giorni di lavoro agile da remoto al mese; iii) alta flessibilità, scelta dal 42% del personale, e che riconosce fino a 17 giorni di lavoro agile da remoto al mese. Il lavoro agile trasforma il modo di lavorare all’interno dell’Istituto di tutti i lavoratori, che decidano di aderire o meno; questo significa individuare soluzioni che tengano conto di tutti i diversi punti di vista.
In movimento verso il prossimo futuro
L’indicazione della domanda attesa di flessibilità ha aperto le porte alla fase di test, che sarà avviata in autunno, e che interesserà solo alcuni gruppi di lavoratori secondo le componenti da testare; in pratica, sarà necessario testare prioritariamente la predisposizione dell’ambiente tecnologico (migrazione del contenuto dei pc e passaggio al desktop virtuale, dotazioni informatiche di base e/o particolari, iter digitalizzato per la sottoscrizione dell’accordo individuale e della scheda degli orientamenti ecc.), logistico (identificazione delle postazioni fisse e variabili per struttura funzionale, numerosità e ampiezza di sale riunioni e spazi comuni, predisposizione degli spazi per profili a media e alta flessibilità e comuni, dotazioni logistiche aggiuntive, postazioni per lavoratori fragili o con specifiche necessità ecc.), ma anche altri aspetti che differenzieranno il lavoro emergenziale da remoto dal lavoro agile (gestione dell’orario di lavoro, reperibilità e permessi ecc.).
Le attese riposte nella fase di test sono diverse e portano in evidenza i temi cardine della trasformazione:
- dare impulso per capire, provare e conoscere strumenti operativi più funzionali per la nostra organizzazione. La fase di test rappresenta un passaggio cruciale per valutare tempi e modalità delle attività preparatorie necessarie alla corretta programmazione del progressivo coinvolgimento del personale nella sperimentazione che avrà inizio a gennaio 2022;
- individuare le competenze e le infrastrutture tecnologiche, logistiche e organizzative su cui investire prioritariamente nel prossimo futuro;
- favorire una esperienza della trasformazione, mettendo in campo risorse, rilevando le difficoltà e le resistenze, attivando processi di ascolto attivo e al tempo stesso di sensibilizzazione e formazione per facilitare lo sviluppo di una nuova cultura organizzativa, improntata su stili di leadership, fiducia e responsabilità, partecipazione e condivisione in linea con l’evoluzione dei processi produttivi.
Gli esiti del test contribuiranno a definire entro l’anno un piano agile, flessibile e sostenibile per l’avvio a partire dal 1 gennaio 2022 del programma di sperimentazione del lavoro agile. Una sfida ambiziosa, non priva di rischi, ma al tempo stesso una irrinunciabile opportunità di cambiamento positivo.
[1] ll 13 luglio 2021 il PNRR dell’Italia è stato definitivamente approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea. Alla Decisione è allegato un corposo documento con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi, cadenzati temporalmente, al cui conseguimento si lega l’assegnazione delle risorse su base semestrale