Lo smart working nel “new normal”: una strada ormai tracciata per aziende e PA
Lo smart working è stato ed è ancora, per molte imprese e amministrazioni, una scelta obbligata dettata dall’emergenza. Ma il percorso è ormai avviato e non si tornerà più al punto di partenza, anche se bisogna lavorare per tappe. La visione di Facebook, che mette insieme tecnologia, cultura, valorizzazione dei talenti e sostenibilità ambientale
11 Novembre 2020
Redazione FPA
L’emergenza Covid-19 ha reso lo smart working una scelta obbligata, sia nel privato che nel pubblico. La domanda che ci facciamo ora è: riusciremo a mettere a frutto l’esperienza fatta in questa fase di emergenza e a portare quanto appreso nel cosiddetto “new normal”? E’ una domanda che coinvolge sia le imprese private che le pubbliche amministrazioni, anzi le seconde sono quelle che maggiormente hanno vissuto e stanno vivendo una vera e propria rivoluzione dal punto di vista dell’approccio al lavoro.
Appena un anno fa lo smart working, in particolare all’interno delle nostre pubbliche amministrazioni, era un tema di sperimentazione, su cui si stava lavorando ma che ancora non aveva grande diffusione. Se riprendiamo i dati di luglio 2019 sullo stato di avanzamento del lavoro agile nella PA – diffusi nell’ambito del progetto “Lavoro agile per il futuro della PA – Pratiche innovative per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro“, finanziato dai Fondi Strutturali europei e in particolare dal Programma Operativo Nazionale (PON) Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 – si parlava di un 28% di amministrazioni già oltre la prima sperimentazione, quindi in una fase di sviluppo dei progetti di lavoro agile; un 31% con sperimentazioni in corso; un 41% in fase di avvio delle sperimentazioni. In pochi mesi tutto è cambiato.
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, diffusi a inizio novembre, durante la fase più acuta dell’emergenza lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019. Nelle pubbliche amministrazioni in media ha potuto lavorare da remoto il 58% del personale, pari a 1,85 milioni di dipendenti pubblici. Insomma, una diffusione esponenziale, anche se con tutti i limiti del caso: sempre secondo l’Osservatorio, le PA che avevano già progetti in corso hanno potuto coinvolgere un numero maggiore di persone (70%) rispetto alle amministrazioni che hanno dovuto cominciare da zero (55%). Inoltre spesso è stata adottata una forma di lavoro a distanza che poco ha a che fare con il vero lavoro agile. E adesso? L’emergenza non è finita, anzi siamo nel pieno della seconda ondata. La Ministra Fabiana Dadone ha firmato il 19 ottobre il decreto ministeriale sullo smart working che attua le norme del decreto Rilancio e prevede che ciascuna amministrazione assicuri lo svolgimento del lavoro agile almeno al 50% del personale impegnato in attività che possono essere svolte secondo questa modalità. E nel Dpcm in vigore dal 6 novembre si stabilisce proprio che le amministrazioni debbano garantire lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore al 50 per cento.
Insomma, lo smart working è, al momento, ancora una scelta dettata dall’emergenza. Ma il percorso è ormai avviato e non si tornerà più al punto di partenza: la stessa Ministra Dadone ha più volte sottolineato che lo smart working deve diventare strutturale nella PA e che una volta finita l’emergenza dovrà essere adottato per il 30-40 per cento dei dipendenti pubblici.
Immaginiamo, quindi, un futuro in cui amministrazioni pubbliche e imprese private siano accomunate da questo approccio innovativo al lavoro: un lavoro che non è legato al luogo e all’orario in cui viene svolto, ma agli obiettivi da raggiungere; in cui si mette al centro il valore della persona, le sue competenze e la sua responsabilità personale; in cui si punta alla condivisione di valori e obiettivi; in cui diventa centrale la comunicazione, l’interazione e la collaborazione all’interno dell’azienda. Tutto questo potrebbe portare vantaggi sia dal punto di vista economico, consentendo di rivitalizzare aree e territori finora considerati “periferici” (è uno dei temi del Southworking), sia dal punto di vista ambientale, alleggerendo il peso di traffico e spostamenti all’interno dei grandi centri urbani.
Questo approccio è considerato strategico da Facebook. Mark Zuckerberg ha dichiarato che, entro i prossimi 10 anni, la metà dei dipendenti Facebook potrebbe lavorare da remoto e questo potrebbe ridurre le emissioni di gas serra causate dai dipendenti di Facebook che fanno pendolarismo di quasi un milione di tonnellate di CO2 nei prossimi dieci anni. Un cambiamento che, tra l’altro, sembra apprezzato anche da dipendenti e manager. Da una recente indagine fatta negli Stati Uniti tra i dipendenti di Facebook è emerso che oltre il 50% afferma di essere altrettanto produttivo se lavora da casa e circa il 40% è interessato al lavoro da remoto a tempo pieno. Inoltre circa il 30% dei manager è decisamente favorevole ai team a distanza, un altro 30% è moderatamente favorevole e solo il 10% non le è. A partire dal 1° luglio, nel Nord America Facebook ha iniziato a selezionare attivamente persone per il lavoro da remoto e questo approccio consentirà di assumere le persone migliori, indipendentemente dal luogo in cui scelgono di vivere, aprendosi verso un bacino di talenti non sfruttati.
Ovviamente un’azienda come Facebook si trova in una posizione particolarmente favorevole per passare al lavoro da remoto, essendo da sempre costruita intorno al potere della connessione. I dipendenti di Facebook hanno sempre utilizzato gli strumenti a disposizione per collaborare virtualmente: Workplace per dialogare e dare feedback, Portal per le riunioni o Messenger Rooms per rimanere in contatto con i team. Ora, con il miglioramento della tecnologia e l’aumento del numero di aziende in grado di seguire questo approccio, è evidente che il passaggio al lavoro da remoto è possibile e può avere successo su larga scala. Oggi Workplace ha più di 5 milioni di utenti. Si stanno rendendo disponibili una serie di funzionalità per migliorare l’offerta video in Workplace e Portal; Rooms per Workplace, Workplace per Portal TV. Per contribuire ad accelerare la crescente domanda di collaborazione e produttività basata sulla realtà virtuale, si sta mettendo Oculus for Business a disposizione di tutti.
Si tratta di grandi cambiamenti, in ogni caso, anche per un’azienda come Facebook. Il tutto avverrà per gradi, gli uffici non verranno chiusi e molte persone torneranno a lavorare dalle proprie scrivanie, una volta che l’emergenza sarà finita. Tuttavia è stato fatto ormai un salto, non solo tecnologico ma anche culturale, da cui non si può tornare indietro.