Smart working: cos’è, come funziona, la normativa e i vantaggi per le PA

Home Riforma PA Smart Working Smart working: cos’è, come funziona, la normativa e i vantaggi per le PA

Lo smart working, è un’opportunità non solo per le aziende, ma anche per il mondo della Pubblica amministrazione. Lo abbiamo scoperto in maniera esponenziale con la pandemia Covid-19 che ha segnato il 2020. Ma partiamo dall’inizio, dalla definizione di “smart working” e dal quadro normativo “pre-Covid” per arrivare ai più recenti provvedimenti e al dibattito attuale sullo smart working nella PA

8 Gennaio 2024

S

Michela Stentella

Direttrice testata www.forumpa.it

Photo by Preston Goff on Unsplash - https://unsplash.com/photos/tqx5PAo1ntE

Indice degli argomenti

L’articolo è costantemente aggiornato alla luce delle nuove disposizioni normative

Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati: con queste parole chiave si potrebbe sintetizzare la filosofia (e la pratica) che sta alla base dello smart working, il lavoro “agile” che può essere applicato con notevoli vantaggi non solo all’interno delle aziende, ma anche all’interno della pubblica amministrazione. Il tema dell’applicazione dello smart working nella PA è letteralmente esploso a partire dal marzo 2020 con l’emergenza legata alla pandemia da Covid-19…ma partiamo dall’inizio, dalla definizione di “smart working” e dal quadro normativo “pre-Covid”.

Cos’è lo Smart Working

Una rivoluzione culturale, organizzativa, di processo: tutto questo è smart working. Una rivoluzione perché scardina alla base consuetudini e approcci tradizionali e consolidati nel mondo del lavoro subordinato, basandosi su una cultura orientata ai risultati e su una valutazione legata alle reali performance.

Ecco la definizione che ne dà il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

Si tratta di una “nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”, riprendendo in questo caso la definizione che già nel 2015 ne dava l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.

Un cambiamento culturale

È un approccio che presuppone quindi, come dicevamo all’inizio, un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo dell’azienda (pubblica o privata) e il ripensamento delle modalità che caratterizzano il lavoro non solo fuori ma anche all’interno dell’azienda, cosa che si ripercuote anche sull’organizzazione degli spazi, che devono essere ripensati e sempre più ispirati ai principi di flessibilità, virtualizzazione, collaborazione tra le persone.

Pensiamo agli open space che favoriscono il lavoro collaborativo, agli spazi di coworking e ai fab lab che rispecchiano la sempre maggiore diffusione del lavoro in mobilità e l’esigenza di contaminazione, alle huddle room, ambienti di dimensioni ridotte appositamente progettate e allestite per ospitare riunioni virtuali tra team di lavoro. Si parla di “workplace change management”, un cambiamento organizzativo che passa anche attraverso la rivisitazione e riprogettazione degli spazi.

Qui un approfondimento su “Smart working e layout fisico degli spazi di lavoro” 

Che differenza c’è con il telelavoro?

La premessa deve essere chiara e netta: lo smart working non è telelavoro. Spesso si tende ancora a fare confusione e a sovrapporre queste due modalità di gestione del rapporto lavorativo, ma la differenza è sostanziale.

Sono passati più di 20 anni dalla legge che prevedeva per le amministrazioni pubbliche la possibilità di avvalersi di forme di lavoro a distanza. Parliamo della legge n. 191 del 1998 che all’art. 1 comma 1 recita:

Allo scopo di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono avvalersi di forme di lavoro a distanza. A tal fine, possono installare, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici necessari e possono autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa…

Le concrete modalità attuative sono poi state dettate dal D.P.R. n. 70 del 1999 “Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell’articolo 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191”. Il telelavoro viene definito come quella forma di lavoro svolto a distanza, ovvero al di fuori dell’azienda e degli altri luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa ma, al contempo, funzionalmente e strutturalmente collegato ad essa grazie all’ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici. Vengono stabilite linee guida su uso della postazione, modalità di connessione e di autenticazione ai sistemi, comunicazioni tra uffici e, dove previsto, utilizzo della firma digitale.

L’Accordo quadro nazionale

Il 23 marzo 2000 è stato stipulato l’Accordo quadro nazionale per l’applicazione del telelavoro ai rapporti di lavoro del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni. Infine, con la circolare INPS n. 52 del 27 febbraio 2015 (“Disposizioni attuative dell’Accordo Nazionale sul progetto di telelavoro domiciliare”) vengono illustrate le attività interessate e le modalità di attivazione del telelavoro, con particolare riferimento alle misure di prevenzione e protezione.

In sintesi, il telelavoro prevede lo spostamento (in tutto o in parte) della sede di lavoro dai locali aziendali ad altra sede (tradizionalmente l’abitazione del lavoratore), ma il dipendente è vincolato, comunque, a lavorare da una postazione fissa e prestabilita, con gli stessi limiti di orario che avrebbe in ufficio. Il carico di lavoro, gli oneri e i tempi della prestazione, insomma, devono essere equivalenti a quelli dei lavoratori che svolgono la prestazione all’interno del posto di lavoro.

Al contrario, il lavoro agile prevede che la prestazione lavorativa venga eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, ma senza stabilire una postazione fissa. Non ci sono vincoli di spazio e tempo, l’unico vincolo sono i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Si può lavorare da qualsiasi luogo (dentro e fuori l’azienda), non si timbra un cartellino, non si fanno pause in orari predefiniti. L’azienda e il dipendente ridefiniscono in maniera flessibile le modalità di lavoro, quello su cui ci si focalizza è il raggiungimento di obiettivi e risultati.

Smart Working e PA: la legge del 22 maggio e la Direttiva n. 3 del 2017

La Legge 22 maggio 2017 n. 81 (art. 18-24) disciplina il lavoro agile inserendolo in una cornice normativa e fornendo le basi legali per la sua applicazione anche nel settore pubblico. La legge all’articolo 18 definisce il lavoro agile come

modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”. Obiettivo dichiarato è promuovere il lavoro agile per “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

È il comma 3 a precisare che le disposizioni normative si applicano anche ai “rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

Con la Direttiva n. 3 del 2017 in materia di lavoro agile a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri e della Ministra Madia possiamo dire che si avvia ufficialmente la stagione del “lavoro agile” nelle Pubbliche Amministrazioni.

La Direttiva contiene in pratica gli indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, che delegava il Governo alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, prevedendo l’introduzione di nuove e più agili misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei propri dipendenti. E contiene le linee guida per la nuova organizzazione del lavoro, finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.

Le finalità dichiarate sono quelle dell’introduzione delle più innovative modalità di organizzazione del lavoro, basate sull’utilizzo della flessibilità, sulla valutazione per obiettivi, sulla rilevazione dei bisogni del personale dipendente, il tutto alla luce dei bisogni di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

L’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124  stabilisce che le amministrazioni adottino misure tali da permettere, entro tre anni, ad almeno il 10% delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici che lo richiedano di avvalersi delle nuove modalità di lavoro agile, mantenendo in ogni caso inalterate le opportunità di crescita e di carriera per questi lavoratori.

Viene anche precisato che l’adozione di queste misure organizzative e il raggiungimento degli obiettivi descritti costituiscono oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance sia organizzativa che individuale all’interno di ogni ente.

Lavoro agile e PA: i vantaggi

Alcuni vantaggi per i lavoratori risultano abbastanza evidenti, primo fra tutti la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Lavorando da casa, infatti, si riesce a gestire meglio il proprio work-life balance, valorizzando il tempo a disposizione e abbattendo i costi legati agli spostamenti. L’introduzione dello smart working, impattando sul benessere e sulla qualità della vita dei propri dipendenti, può essere considerata una misura di welfare aziendale e si riflette così in positivo anche sulla produttività.

Ci sono poi altri aspetti di profonda innovazione che vanno sottolineati, sia per i lavoratori che per le amministrazioni. Eccone alcuni:

  • valorizzazione delle risorse umane e responsabilizzazione. Ci si concentra sui risultati del lavoro e non sugli aspetti formali;
  • razionalizzazione nell’uso delle risorse e aumento della produttività, quindi risparmio in termini di costi e miglioramento dei servizi offerti;
  • promozione dell’uso delle tecnologie digitali più innovative e utilizzo dello smart working come leva per la trasformazione digitale e per lo sviluppo delle conoscenze digitali;
  • rafforzamento dei sistemi di misurazione e valutazione delle performance basate sui risultati e sui livelli di servizio.
  • abbattimento delle differenze di genere;
  • riduzione delle forme di “assenteismo fisiologico”;
  • attrazione di talenti;
  • valorizzazione del patrimonio immobiliare delle PA, grazie al fatto che vengono reinventati gli spazi, ad esempio attraverso postazioni di coworking.

Insomma, lo smart working è una leva di cambiamento per le PA e i suoi lavoratori e permette di combattere la “burocrazia difensiva”, perché consente di andare oltre l’adempimento, promuove la collaborazione, la programmazione, la gestione e i risultati. Mette al centro le persone, all’interno di un progetto più ampio di “people strategy”, che punta sulla valorizzazione delle persone e sulla fiducia tra lavoratori e amministrazione.

Lo smart working impatta poi anche sui temi della sostenibilità e, in questo caso, è più immediato l’accostamento al telelavoro, che già consentiva, ad esempio, risparmi nei consumi elettrici all’interno degli uffici e una riduzione nelle emissioni di CO2 grazie alla diminuzione del traffico legato agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro. Ovviamente tutti questi benefici avrebbero un peso maggiore se lo smart working si diffondesse in tutti gli uffici.

Qui un approfondimento su “Smart working e sostenibilità urbana”

Smart Working e trasformazione digitale

Se il lavoro agile è in primo luogo una questione di cultura organizzativa, la tecnologia gioca un ruolo non meno importante. Smart Working e Digital Transformation si abilitano vicendevolmente: da una parte, infatti, lo Smart Working ha bisogno delle tecnologie per rendere concrete le sue pratiche e i suoi modelli, dall’altra rappresenta esso stesso una grande leva per la realizzazione della PA Digitale (come anticipato in uno dei punti del precedente paragrafo).

La rivoluzione digitale ha cambiato la filosofia di approccio al lavoro, consentendo una maggiore flessibilità che però non sempre è riconosciuta. La tecnologia oggi disponibile consentirebbe di superare alcuni vincoli che le organizzazioni, invece, non sono sempre pronte a rimuovere. Sopravvivono, quindi, soprattutto all’interno della PA rigidità e stereotipi legati a una fase tecnologica ormai ampiamente superata.

Ecco quattro categorie di tecnologie che abilitano lo smart working e che, dall’utilizzo all’interno di progetti di lavoro agile, traggono nuova linfa e nuova vitalità attraverso lo sviluppo di competenze digitali, secondo una categorizzazione fornita da Mariano Corso (Responsabile Scientifico, Osservatorio Smart Working – Politecnico di Milano):

  • Social collaboration – strumenti e servizi che permettono di comunicare e relazionarsi, creando nuove opportunità di collaborazione e condivisione della conoscenza.
  • Mobility: Piattaforme, device e applicazioni che supportano il lavoro in mobilità.
  • Security: Tecnologie realizzate per garantire la sicurezza dei dati, anche da remoto, e da diversi device.
  • Workspace Technology: Tecnologie e servizi per un utilizzo più flessibile e più efficace degli ambienti fisici.

Nello smart working – che come abbiamo detto in questo focus implica anche una rivisitazione degli ambienti di lavoro – le tecnologie diventano parte integrante dello spazio fisico e permettono di supportare efficacemente forme di lavoro collaborativo e la comunicazione tra team virtuali.

Nella logica dello smart working, ricordiamo infine che il datore di lavoro non deve necessariamente mettere a disposizione del lavoratore le tecnologie per lavorare in mobilità, la logica è quella del Bring your own device (BYOD), ovvero la possibilità di usare i propri dispositivi personali fuori (e dentro) il posto di lavoro. Ovviamente usare i propri device per avere accesso alle informazioni relative al proprio lavoro da qualunque luogo ci si trovi, implica un’attenzione particolare ai temi della sicurezza, perché diventa fondamentale proteggere non solo l’infrastruttura aziendale, ma anche pc, smartphone e tablet dei dipendenti.

Smart Working ed emergenza Covid-19

A partire da febbraio 2020, a seguito del diffondersi dell’epidemia Covid-19 del Coronavirus, sono stati emanati una serie di provvedimenti per semplificare l’accesso allo Smart Working e diffonderne al massimo l’utilizzo nella PA.

Le misure per la gestione dell’emergenza

Partiamo dal decreto legge numero 6 del 23 febbraio 2020, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, che con alcune misure specifiche ha stabilito che il lavoro agile “è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell’ambito di aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”.

Con l’introduzione del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, è superato il regime sperimentale dell’obbligo per le amministraziondi adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa.

La Direttiva n.1 del 2020 – Emergenza epidemiologica COVID-2019, emanata dalla Funzione pubblica, si rivolge alle amministrazioni pubbliche delle aree geografiche non direttamente coinvolte nell’emergenza. La Direttiva spinge sul lavoro agile e flessibile, invita a utilizzare modalità telematiche per riunioni, convegni e momenti formativi, prevede misure specifiche per le prove concorsuali e per i locali di lavoro.

Con la Circolare n.1 del 2020 il ministro della PA ha poi fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di implementazione delle misure normative e sugli strumenti, anche informatici, a cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere per incentivare il ricorso a modalità più adeguate e flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa.

Il 12 marzo 2020 la Ministra Dadone ha poi firmato la Direttiva 2/2020 in relazione all’emergenza Covid-19 che sostituisce la Direttiva n.1/2020. Il nuovo documento rafforza ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi la forma organizzativa ordinaria per le pubbliche amministrazioni. L’obiettivo della Direttiva è sempre tutelare la salute di cittadini e dipendenti, contemperando questa esigenza primaria con la necessità di erogare i servizi essenziali e indifferibili.

Il decreto legge “Cura Italia”, il numero 18 del 17 marzo 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), oltre alle misure per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale e per il sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese per contrastare l’emergenza Covid-19, contiene anche dei riferimenti allo Smart Working. Il primo riferimento si trova all’articolo 39, dove viene stabilito che fino al 30 aprile 2020, “i lavoratori dipendenti disabili […] o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità […] hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile […] a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Naturalmente, così come stabilisce la legge numero 81 del 2017 sullo Smart Working, ai lavoratori “del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile”.

Altri riferimenti si trovano all’Articolo 74: misure per la funzionalità delle Forze di polizia e altri corpi, all’Art. 75: acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del Lavoro Agile e all’Art. 87: misure straordinarie in materia di Lavoro Agile. In quest’ultimo articolo, così come già stabilito dalla direttiva 2/2020 del Ministero per la Pubblica Amministrazione, il decreto legge sottolinea che “il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni” in modo tale da limitare la presenza di personale negli uffici e a prescindere dagli accordi individuali già stilati.

Nel caso in cui il Lavoro Agile non possa essere adottato “le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva”. Escluse anche queste possibilità, il personale potrà essere esentato dal servizio. In questo caso “il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista”. Qui un dettaglio e il riferimento al testo integrale del decreto legge.

Con la Circolare n. 2/2020 pubblicata il 2 aprile, Funzione Pubblica fornisce quindi molteplici indicazioni organizzative e orientamenti applicativi alle amministrazioni in relazione alle disposizioni dell’articolo 87 del decreto “Cura Italia”. Si ribadisce che il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione fino alla cessazione dello stato di emergenza. E si conferma che le amministrazioni sono chiamate a uno sforzo organizzativo e gestionale per garantire il pieno utilizzo dello smart working, accessibile in modo temporaneamente semplificato (cioè senza la necessità del previo accordo individuale e senza gli oneri informativi a carico della parte datoriale), così da ridurre al minimo gli spostamenti e la presenza dei dipendenti negli uffici, correlandola ai servizi indifferibili non erogabili da remoto.

Il Decreto Rilancio (Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 come convertito con la legge 17 luglio 2020, n. 77) prevede che per il 50% dei dipendenti della pubblica amministrazione con mansioni che possono essere svolte da casa lo smart working sia prorogato fino al 31 dicembre. Inoltre, entro il 31 gennaio 2021 (e successivamente entro il gennaio di ogni anno), ciascuna pubblica amministrazione elaborerà il “piano organizzativo per il lavoro agile” (POLA).

Il 18 ottobre il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il Dpcm che contiene le nuove misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza da Covid-19, che integra e completa il precedente decreto del 13 ottobre. Nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, è previsto che le riunioni si svolgano in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni e il 19 ottobre 2020 la Ministra Fabiana Dadone ha firmato il decreto ministeriale sullo smart working che attua le norme del decreto Rilancio, alla luce dei Dpcm del 13 e 18 ottobre. Obiettivo: contemperare l’esigenza di contrasto alla pandemia con la necessità di continuità nell’erogazione dei servizi. Il testo prevede che ogni amministrazione assicuri lo svolgimento del lavoro agile (su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale) almeno al 50% del personale (naturalmente si parla del personale impegnato in attività che possono essere svolte secondo questa modalità). Questo potrà essere applicato in modalità semplificata (cioè senza la necessità del previo accordo individuale e senza gli oneri informativi a carico della parte datoriale) fino al 31 dicembre 2020.

Ecco gli altri punti salienti del decreto ministeriale 19 ottobre 2020, pubblicato sulla G.U. Serie generale – n. 268 del 28 ottobre 2020:

  • gli enti, tenendo anche conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le loro potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato;
  • il lavoratore agile alterna giornate lavorate in presenza e giornate lavorate da remoto, con una equilibrata flessibilità e comunque alla luce delle prescrizioni sanitarie vigenti e di quanto stabilito dai protocolli di sicurezza;
  • le amministrazioni adeguano i sistemi di misurazione e valutazione della performance alle specificità del lavoro agile. Il dirigente, verificando anche i feedback che arrivano dall’utenza e dal mondo produttivo, monitora le prestazioni rese in smart working da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo;
  • lo smart working si svolge di norma senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ma può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità, senza maggiori carichi di lavoro. In ogni caso, al lavoratore sono garantiti i tempi di riposo e la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Inoltre, i dipendenti in modalità agile non devono subire penalizzazioni professionali e di carriera;
  • le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, ma comunque rimane consentito l’utilizzo di strumentazione di proprietà del dipendente;
  • l’amministrazione favorisce il lavoro agile per i lavoratori disabili o fragili anche attraverso l’assegnazione di mansioni diverse e di uguale inquadramento. In ogni caso, promuove il loro impegno in attività di formazione;
  • nella rotazione del personale, l’ente fa riferimento a criteri di priorità che considerino anche le condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, della presenza di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, ma anche del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza;
  • data l’importanza della continuità dell’azione amministrativa e della rapida conclusione dei procedimenti, l’ente individua comunque ulteriori fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita rispetto a quelle adottate.

Il ministro Dadone, con Decreto ministeriale del 23 dicembre 2020, ha quindi prorogato fino al 31 gennaio 2021 le disposizioni contenute nel DM del 19 ottobre 2020 in materia di lavoro agile nelle Pa.

Con la conversione in legge del Decreto Legge 31 dicembre 2020, n. 183 (cosiddetto Decreto Milleproroghe), è stato poi fissato al 30 aprile 2021 il termine ultimo per utilizzare la procedura semplificata del lavoro agile per i lavoratori della PA, coerentemente con la proroga dello stato di emergenza.

Il Decreto Riaperture (Decreto legge del 22 aprile 2021 n. 52), entrato in vigore il 23 aprile 2021, prorogando lo stato di emergenza, ha esteso l’adozione della procedura semplificata fino al 31 luglio. L’adozione dello smart working con procedure semplificate continua ad essere legata, quindi, alla cessazione dello stato emergenziale.

Cosa cambia con il “decreto proroghe” (aprile 2021)

Con il Decreto Proroghe (Decreto legge 30 aprile 2021, n. 56), approvato il 29 aprile in Consiglio dei ministri, si stabilisce che fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alla procedura semplificata per lo smart working, ma senza più essere vincolati ad applicarlo a una percentuale minima del 50% del personale con mansioni che possono essere svolte da casa. Novità anche per i POLA (Piani Organizzativi del Lavoro Agile) di cui parliamo in dettaglio nel prossimo paragrafo.

Si elencano le principali novità introdotte con il “decreto proroghe”, come sintetizzato in una nota del Ministro per la PA:

  • il lavoro agile non è più ancorato a una percentuale (soglia del 50% prima prevista), ma al rispetto di principi di efficienza, efficacia e customer satisfaction;
  • mantiene inalterato il necessario rispetto delle misure di contenimento del fenomeno epidemiologico e della tutela della salute adottate dalle autorità competenti;
  • rinvia alla contrattazione collettiva (che ha preso avvio proprio in data 29 aprile presso l’Aran) la definizione degli istituti del lavoro agile, ma ne consente fino al 31 dicembre 2021 l’accesso attraverso le modalità semplificate di cui all’articolo 87 del decreto legge n. 18 del 2020 (quindi senza la necessità del previo accordo individuale e senza gli oneri informativi a carico della parte datoriale);
  • conferma – a regime e dunque fuori dal contesto emergenziale – l’obbligo per le amministrazioni di adottare i POLA entro il 31 gennaio di ogni anno, ma viene ridotta dal 60% al 15% la quota minima dei dipendenti che può avvalersi dello smart working (parliamo sempre delle attività che possono essere svolte in modalità agile). In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile sarà svolto da almeno il 15% del personale che ne faccia richiesta;
  • consente implicitamente alle amministrazioni che entro il 31 gennaio 2021 hanno adottato il POLA con le percentuali previste a legislazione allora vigente di modificare il piano alla luce della disciplina sopravvenuta.

“È importante aver lasciato alle singole amministrazioni la facoltà di decidere liberamente il numero di dipendenti in smart working sulla base di alcuni indicatori fondamentali: la continuità e l’efficienza dei servizi e la soddisfazione degli utenti, ossia di 60 milioni di italiani. È un’operazione che va letta senza paura e senza allarmismi: in progress gli uffici si autoregoleranno, perché hanno il massimo dell’autonomia e della flessibilità, e i servizi per cittadini e imprese miglioreranno e aumenteranno. Parallelamente, ai tavoli per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, lo strumento del lavoro agile sarà opportunamente regolato, a tutela dei lavoratori. È un ulteriore elemento per valorizzare il lavoro da remoto”, ha commentato il Ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta.

Modalità organizzative per il “ritorno in ufficio”

Il DPCM del 23 settembre 2021

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 settembre 2021 si stabilisce che dal 15 ottobre 2021 la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nella PA torna ad essere quella in presenza. Si torna, pertanto, al regime previgente all’epidemia pandemica, disciplinato dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” (la legge Madia), così come modificata dai successivi provvedimenti normativi. Spetterà alle singole amministrazioni definire l’organizzazione degli uffici. 

Per “realizzare un ordinato rientro in ufficio dei pubblici dipendenti, le modalità saranno disciplinate da un decreto del Ministro della Pubblica amministrazione accompagnato da apposite linee guida” si legge sul sito del Dipartimento della Funzione Pubblica all’indomani del DPCM di Draghi. Tale decreto Ministeriale avrebbe stabilito inoltre che il lavoro agile, nelle more della disciplina dell’istituto da parte del Contratto collettivo nazionale, in fase di discussione tra Aran e organizzazioni sindacali, sarebbe stato regolato da stipula dell’accordo individuale e sarebbe stato possibile in presenza di alcune condizioni fondamentali ovvero:

  • non pregiudicare o ridurre la fruizione dei servizi da parte dei cittadini;
  • la sicurezza delle comunicazioni tra lavoratore e amministrazione attraverso apposita piattaforma, ricorso al cloud o specifiche tecnologie;
  • disponibilità di device necessari per lo svolgimento della prestazione lavorativa in lavoro agile;
  • un piano di smaltimento degli arretrati.

Il Piano integrato della pubblica amministrazione (PIAO, introdotto dal DL 80/2021) ha assorbito i contenuti dei Piani organizzativi del lavoro agile (POLA) e ha rappresentato per tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal 31 gennaio 2022, uno strumento di semplificazione e di pianificazione delle attività e delle strategie da attuare. Il limite del 15% dei lavoratori in smart working sarebbe stato applicabile alle amministrazioni nel caso in cui non avessero adottato il Piano, come dichiarava il Ministro in una intervista (ricordiamo che il Decreto Proroghe, Decreto legge 30 aprile 2021, n. 56, per primo è intervenuto sullo smart working emergenziale, eliminando le precedenti percentuali e lasciando, ma solo a regime dopo la fine dello stato di emergenza, una soglia – in questo caso minima non massima – del 15% in caso di mancata adozione del POLA).

“Ritorno in ufficio” e green pass

Le premesse per il DPCM del 23 settembre 2021 – che mette quindi la parola “fine” all’utilizzo del lavoro agile quale strumento di contrasto al fenomeno epidemiologico e stabilisce che, a decorrere dal 15 ottobre 2021, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni è soltanto quella svolta in presenza – sono state poste dal decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, con cui il Governo ha esteso a tutto il personale delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di possedere e di esibire, per l’accesso al luogo di lavoro, la certificazione verde COVID-19 (il cosiddetto green pass), escludendo da tale obbligo i soli soggetti esentati dalla campagna vaccinale per motivi sanitari. 

Il Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione dell’8 ottobre 2021

Con Decreto dell’8 ottobre 2021 “Modalità organizzative per il rientro in presenza dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni” (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 ottobre 2021), il Ministro della pubblica amministrazione, in attuazione delle disposizioni impartite con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2021, ha indicato le modalità organizzative per gestire il rientro in presenza del personale dipendente a partire dal 15 ottobre 2021.

Il Decreto stabilisce che ciascun Ufficio è tenuto ad adottare le misure organizzative necessarie per consentire il graduale rientro in sede di tutto il personale in servizio a decorrere dal 15 ottobre ed entro il 31 ottobre, assicurando, da subito la presenza in servizio dei dipendenti preposti alle attività di sportello e ricevimento degli utenti (front office) e di quelli assegnati ai settori preposti all’erogazione di servizi all’utenza (back office), anche attraverso la flessibilità degli orari di sportello e di ricevimento, flessibilità da definirsi previa intesa con le organizzazioni sindacali.

L’art. 1, comma 3 del decreto 8 ottobre, nel precisare che “il lavoro agile non è più una modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa”, dando così seguito all’art. 1, comma 1, del D.P.C.M. del 23 settembre, ha disposto, “nelle more della definizione degli istituti del rapporto di lavoro connessi al lavoro agile da parte della contrattazione collettiva e della definizione delle modalità e degli obiettivi del lavoro agile da definirsi (…) nell’ambito del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO)”, che l’accesso al lavoro agile possa essere comunque autorizzato nel rispetto di alcune condizionalità:

a) lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non deve in alcun modo pregiudicare o ridurre la fruizione dei servizi a favore degli utenti;

b) l’amministrazione deve garantire un’adeguata rotazione del personale che può prestare lavoro in modalità agile, dovendo essere prevalente, per ciascun lavoratore, l’esecuzione della prestazione in presenza;

c) l’amministrazione mette in atto ogni adempimento al fine di dotarsi di una piattaforma digitale o di un cloud o comunque di strumenti tecnologici idonei a garantire la più assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni che vengono trattate dal lavoratore nello svolgimento della prestazione in modalità agile;

d) l’amministrazione deve aver previsto un piano di smaltimento del lavoro arretrato, ove sia stato accumulato;

e) l’amministrazione, inoltre, mette in atto ogni adempimento al fine di fornire al personale dipendente apparati digitali e tecnologici adeguati alla prestazione di lavoro richiesta;

f) l’accordo individuale di cui all’art. 18, comma 1, della legge 22 maggio 2017, n. 81, deve definire, almeno: gli specifici obiettivi della prestazione resa in modalità agile; le modalità e i tempi di esecuzione della prestazione e della disconnessione del lavoratore dagli apparati di lavoro, nonché eventuali fasce di contabilità; le modalità e i criteri di misurazione della prestazione medesima, anche ai fini del proseguimento della modalità della prestazione lavorativa in modalità agile;

g) le amministrazioni assicurano il prevalente svolgimento in presenza della prestazione lavorativa dei soggetti titolari di funzioni di coordinamento e controllo, dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi;

h) le amministrazioni prevedono, ove le misure di carattere sanitario lo richiedano, la rotazione del personale impiegato in presenza, nel rispetto di quanto stabilito dal presente articolo.

“Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche”

Il 30 novembre 2021, a conclusione del confronto con le organizzazioni sindacali, il Ministro per la pubblica amministrazione ha pubblicato lo schema di “Linee guida per lo smart working nella Pubblica amministrazione”. Acquisita l’intesa della Conferenza unificata il 16 dicembre dello stesso anno, sono state adottate le relative Linee guida che fissano le condizioni per un lavoro agile flessibile e intelligente (ancorato all’accordo individuale) e che le 32.000 amministrazioni pubbliche sono tenute a rispettare nelle more della regolamentazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Contratti collettivi del pubblico impiego relativi al triennio 2019-2021

Il quadro regolatorio è stato completato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del personale del Comparto Funzioni Centrali sottoscritto in via definitiva tra l’Aran e le parti sociali il 9 maggio 2022, in attuazione del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale del 10 marzo 2021. Per la prima volta è stato disciplinato l’istituto dello smart working nel pubblico impiego ed è stato distinto nelle due modalità di lavoro agile, previsto dalla legge 81/2017, e lavoro da remoto (con vincolo di orario e di luogo), lasciando ad ogni amministrazione la facoltà di scelta tra le due modalità. Anche per il Comparto delle Funzioni locali, della Sanità e dell’Istruzione e Ricerca è stato disciplinato il nuovo regime di smart working (lavoro agile e lavoro da remoto). Sono state specificate le caratteristiche, le modalità, i limiti e le tutele del lavoro a distanza, e sono state individuate misure formative per l’arricchimento delle competenze digitali. Il 2 novembre 2022 c’è stata la firma definitiva del contratto collettivo nazionale del Comparto Sanità, che riguarda circa 550mila dipendenti, e il 16 novembre è arrivata la firma definitiva del contratto delle Funzioni locali, relativo ai circa 430mila dipendenti di Regioni, Province e Comuni. Infine, il 6 dicembre dello stesso anno è stato sottoscritto il contratto relativo ai principali aspetti del trattamento economico del personale del comparto Istruzione e ricerca. Superata l’emergenza pandemica, come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 5 maggio 2023, e consolidata la disciplina contrattuale collettiva 2019-2021, il lavoro agile è ora riconosciuto come strumento organizzativo.

Prorogato lo stato di emergenza nazionale: rinvio al 31 marzo 2022

Con il Decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 (convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11), è stato prorogato fino al 31 marzo 2022 lo stato di emergenza, e sino a tale data sono state applicate le misure stabilite dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 marzo 2021. Ai sensi del DPCM, art. 6 (Misure relative allo svolgimento della prestazione lavorativa nei luoghi di lavoro pubblici e privati sull’intero territorio nazionale), sono state previste le misure necessarie a garantire la progressiva riapertura di tutti gli uffici pubblici e il rientro in sicurezza dei propri dipendenti con le modalità di cui all’art. 263 del Decreto Rilancio, ovvero assicurando la differenziazione e la flessibilità dell’orario di ingresso del personale ed erogando i servizi di competenza verso l’utenza esterna attraverso soluzioni digitali secondo modalità di interlocuzione programmata. Ai fini di quanto disposto, le amministrazioni sono state tenute a fornire adeguati programmi di aggiornamento professionale alla dirigenza per garantire un alto livello di efficienza nell’organizzazione.

Fine dello smart working emergenziale

La Legge 19 maggio 2022, n. 52, di conversione con modificazioni del decreto-legge 24 marzo 2022 n. 24 recante “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”, intervenendo su quanto previsto dall’art. 26, comma 2, del decreto legge n. 18/2020, ha prorogato fino al 30 giugno 2022 il diritto allo smart working per i soggetti in condizione di fragilità. In particolare, la legge ha disposto la possibilità per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (ai sensi dell’art. 3, comma 3, Legge 5 febbraio 1992, n. 104), impossibilitati quindi al lavoro agile, di equiparare il periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero.

Le novità in tema di Semplificazione degli obblighi di comunicazione

In sede di conversione del decreto-legge 21 giugno 2022 n. 73 (c.d. Decreto Semplificazioni fiscali) in Legge 4 agosto 2022 n. 122 è stato introdotto l’art. 41-bis, che ha modificato l’articolo 23, comma 1, della legge 81/2017, recante “Obblighi di comunicazione e assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

In attuazione dell’articolo 23, comma 1, della legge 122/2022 e successive modificazioni, il Ministro  del  lavoro  e  delle politiche sociali ha pubblicato il DM 22 agosto 2022 n. 149, rendendo più semplici a decorrere dal 1° settembre gli obblighi di comunicazione relativi al lavoro agile dei dipendenti pubblici e privati (resta fermo l’accordo individuale prescritto dalle linee guida per i lavoratori della PA). Il decreto ministeriale contiene il modello di “Comunicazione Accordo di Lavoro agile” per la trasmissione telematica dei dati (nominativi dei lavoratori, data di inizio e di cessazione delle prestazioni), insieme alle istruzioni per la corretta compilazione. Secondo le disposizioni normative, l’obbligo di adempiere riguarda esclusivamente nuovi accordi di lavoro agile o la modifica di accordi precedentemente stipulati. La trasmissione dei dati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali deve avvenire attraverso il portale dei servizi on-line, con identificazione del datore di lavoro tramite SPID o CIE, e deve essere completata entro cinque giorni dalla firma dell’accordo. In alternativa all’invio tramite applicativo web è disponibile la modalità massiva REST, utile nei casi di elevata numerosità di periodi di lavoro agile da comunicare. In questo caso, l’invio della comunicazione tramite API REST richiede che i datori di lavoro adeguino i propri sistemi informatici. Pertanto, per consentire a tutti i soggetti obbligati e abilitati di conformarsi alle modalità stabilite dal Decreto Ministeriale n. 149 del 22 agosto 2022, il termine per assolvere agli obblighi di comunicazione è differito al 1° gennaio 2023

Proroga del lavoro agile per lavoratori fragili

La Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 306, legge 29 dicembre 2022, n. 197), come da ultimo modificata (art. 8 del decreto legge 29 settembre 2023, n. 132), ha previsto che fino al 31 dicembre 2023 per i lavoratori fragili, dipendenti pubblici e privati, “il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’assegnazione di una mansione diversa ma appartenente alla stessa categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli”.

Smart Working 2024: nuova Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione

Dal 1° gennaio 2024 è terminato lo smart working per i lavoratori della pubblica amministrazione, mentre è stato prorogato fino al 31 marzo 2024 per i genitori con figli minori di 14 anni e i lavoratori fragili del settore privato, come stabilito dall’art. 18-bis della Legge n. 191/2023 di conversione del “Decreto Anticipi” (decreto-legge n. 145/2023). La proroga  del lavoro agile emergenziale per i dipendenti statali era attesa nel testo definitivo del decreto legge Milleproroghe (decreto-legge n. 215/2023), approvato dal consiglio dei Ministri il 28 dicembre scorso. A seguito della mancata proroga, il Ministro della Funzione Pubblica Paolo Zangrillo ha emesso il 29 dicembre la direttiva ‘salva fragili’, consentendo accordi individuali mirati e misure organizzative necessarie.

La direttiva ha lo scopo di “sensibilizzare la dirigenza delle amministrazioni pubbliche ad un utilizzo orientato alla salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute, degli strumenti di flessibilità che la disciplina di settore – ivi inclusa quella negoziale – già consente”. Si legge nella direttiva “Nell’ambito dell’organizzazione di ciascuna amministrazione sarà, pertanto, il dirigente responsabile a individuare le misure organizzative che si rendono necessarie, attraverso specifiche previsioni nell’ambito degli accordi individuali”. Nel 2024, il lavoro agile nella pubblica amministrazione dipenderà, dunque, come specificato nella direttiva, da “accordi individuali – sottoscritti con il dirigente/capo struttura – che calano nel dettaglio obiettivi e modalità ad personam dello svolgimento della prestazione lavorativa”.

La direttiva non specifica nulla riguardo alla questione dei genitori con figli under 14, tuttavia va detto che, ai sensi dell’art. 18, comma 3 bis, legge n. 81/2017 (così come modificato dal D.Lgs.30 giugno 2022, n. 105), “i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità […].  La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata o che siano caregivers”.

Il dibattito: quale futuro per lo smart working nella PA?

Nel mese di settembre 2021 il dibattitto sullo smart working è diventato molto acceso. Punto di partenza le dichiarazioni del Ministro Renato Brunetta che ha sottolineato in diverse sedi e occasioni l’obiettivo di ripristinare il lavoro in presenza per la grande maggioranza dei dipendenti pubblici.

Ecco alcuni passaggi:

2 settembre, intervista su Il Giornale: «Grazie ai vaccini, grazie alla campagna dell’ottimo Commissario Figliuolo, stiamo tornando verso la normalità. Il metabolismo del Paese è cambiato. Che senso ha continuare con le stesse misure nate per resistere alla pandemia? Che senso ha mantenere ancora questa cappa di straordinarietà quando il Paese chiede che venga accompagnato verso la crescita con tutto il suo capitale umano? Già prima della pandemia esistevano montagne di arretrati. Negli ospedali, nei tribunali, negli uffici comunali. Tanti freni allo sviluppo, al benessere, alla giustizia. La pandemia ha moltiplicato questo cumulo di arretrati e di ingiustizie. Adesso abbiamo bisogno di dare gambe alla crescita, anche “riempiendola” di capitale umano. II lavoro in presenza è l’anima di questa rinascita. L’assenza è ancora più pericolosa nel privato, perché rischia di essere prodromica ai licenziamenti di massa. È un mio grande timore».

5 settembre, dichiarazioni a margine del forum The Europeon House-Ambrosetti: «L’ipotesi che auspico prevede una quota fino al 15% di smart working, anche dopo il ritorno in presenza. Abbiamo inoltre sbloccato i rinnovi contrattuali per fissare le regole del gioco, per definire le modalità di lavoro agile per la pubblica amministrazione. Sarà questione di due mesi al massimo. Saranno definite le regole su disconnessione, produttività, misurazione dei risultati. Poi c’è da costruire la piattaforma informatica. Prenda la scuola: ogni classe ha fatto la Dad a modo suo. Io vorrei un software omogeno, un’architettura ben strutturata. C’è un mondo da costruire per un’Italia migliore. E c’è bisogno del contributo di tutto il capitale umano pubblico». 

8 settembre, question time alla Camera: il ministro Brunetta ha risposto a interrogazioni sulle iniziative volte a favorire il lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni.

9 settembre, articolo su Il Foglio: un articolo del Ministro Brunetta che risponde punto per punto agli argomenti sollevati sul tema e chiude dicendo «L’esperienza non sarà cancellata, al contrario: sarà una lezione. Grazie alle riforme messe in campo dal governo, possiamo risolvere tutti i nodi emersi, definire le regole contrattuali e dotare la Pa dell’infrastruttura digitale adatta e sicura. Non sarà un percorso rapido, né semplice, ma dobbiamo procedere in questa direzione. Con una efficace azione riformatrice, il coinvolgimento delle parti sociali e di tutta la Pubblica amministrazione possiamo realizzare uno smart working che sia realmente un ulteriore strumento a disposizione per migliorare l’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Lo smart working, però, quello vero: dalla parte dei cittadini e dalla parte delle imprese».

Il Pola (Piano organizzativo del lavoro agile)

Il Pola è uno strumento previsto dal decreto Rilancio. Il provvedimento stabilisce che entro il 31 gennaio di ciascun anno (a partire dal gennaio 2021) le amministrazioni pubbliche debbano redigere, sentite le organizzazioni sindacali, il POLA (Piano organizzativo del lavoro agile). Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60% dei dipendenti possa avvalersene – percentuale ridotta poi al 15% dal Decreto Proroghe (Decreto legge 30 aprile 2021, n. 56) – e garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera. Definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. 

Il documento è soggetto al monitoraggio del ministero per la PA, attraverso apposita commissione in seno al DFP, e partecipato con il territorio al quale devono prioritariamente dare il contributo diversi soggetti, in primis: OO.SS, OIV, CUG e RTD.

Il 9 dicembre 2020 sono state pubblicate, con decreto ministeriale, le Linee Guida sul Piano Organizzativo del Lavoro Agile (Pola) e Indicatori di Performance, documento che raccoglie indicazioni e raccomandazioni del Dipartimento Funzione Pubblica.

Questi i pilastri delle Linee Guida, che potete approfondire in questo articolo:

  1. i contenuti del Piano organizzativo del lavoro agile (POLA);
  2. la salute dell’Amministrazione e le condizioni abilitanti del lavoro agile;
  3. lo stato di implementazione del lavoro agile;
  4. l’impatto del lavoro agile sulla performance organizzativa;
  5. l’analisi e gli indicatori sulle performance individuali;
  6. l’impatto del lavoro agile sulla società;
  7. il programma di sviluppo del lavoro agile.

A fine febbraio 2021, sono stati resi noti i dati del monitoraggio effettuato attraverso il Portale della performance del Dipartimento della Funzione pubblica. Da questi dati risultava che erano 54 su 162, pari al 33,3%, le amministrazioni statali monitorate che, alla scadenza del 31 gennaio 2021 fissata dal “Decreto Rilancio”, avevano pubblicato i POLA. In pratica, un terzo delle amministrazioni coinvolte. Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha quindi dato mandato al coordinatore Antonio Naddeo di insediare e avviare, il successivo 3 marzo, la Commissione tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile, istituita presso la Presidenza del Consiglio.

Dal POLA al PIAO (Piano Integrato di Attività e Organizzazione)

Il DL 80/2021 all’articolo 6 comma 6 (convertito dalla legge 6 agosto 2021, n. 113) introduce il nuovo “Piano Unico” della PA, il “Piano Integrato di Attività e Organizzazione” , che accorperà, tra gli altri, i piani della performance, del lavoro agile, della parità di genere, dell’anticorruzione. I POLA confluiranno quindi in questo nuovo Piano unico, che avrà durata triennale con aggiornamento annuale e dovrà essere pubblicato dalle amministrazioni entro il 31 dicembre di ogni anno.

Il 2 dicembre 2021 è arrivato il via libera della Conferenza Unificata al decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, con cui si definisce il contenuto del Piao, il Piano integrato di attività e organizzazione, previsto dal DL 80/2021. È stata accolta la richiesta di Regioni, Anci e Upi di posticipare la scadenza del 31 gennaio 2022 come termine ultimo per l’adozione dei Piao da parte delle amministrazioni. È stato inoltre avviato l’iter di approvazione del Dpr che abroga le disposizioni sull’adozione, da parte delle amministrazioni, dei piani e adempimenti destinati a essere assorbiti dal Piao. Per evitare duplicazioni e coordinare i contenuti delle sezioni del Piano, infine, il Dipartimento della Funzione pubblica adotterà specifiche linee guida.

Il Ministro Brunetta ha spiegato: “Le amministrazioni con più di 50 dipendenti racchiuderanno in un solo atto tutta la programmazione relativa alla gestione delle risorse umane, all’organizzazione dei dipendenti nei vari uffici, alla loro formazione e alle modalità di prevenzione della corruzione. Massima semplificazione, stop alla somma di tanti piani separati con una mole infinita di adempimenti burocratici compilati spesso senza una visione unitaria, massima chiarezza nei confronti degli utenti. Ogni amministrazione dovrà, quindi, predisporre un unico Piano con sezioni specifiche, indicando la programmazione degli obiettivi, gli indicatori di performance, le attese da soddisfare”.

L’Osservatorio nazionale del lavoro agile nella PA

Il 4 novembre 2020 la Ministra Dadone ha firmato il Decreto che istituisce l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, come previsto dal decreto Rilancio.

Ecco la composizione dell’Osservatorio: 27 rappresentanti di Governo, Regioni, enti locali, Inps, Istat e altre istituzioni, tra cui un membro per conto dell’Enea, in modo da poter approfondire con attenzione anche gli aspetti connessi alle tecnologie, all’energia e allo sviluppo sostenibile. Inoltre, 14 esperti del settore pubblico e privato o provenienti dal mondo universitario, come Commissione tecnica di supporto.

Anche dopo il cambio di governo, il Ministro Renato Brunetta ha confermato e riunito la Commissione tecnica dell’Osservatorio Nazionale.

L’Organismo nasce per fornire spunti e proposte di carattere normativo, organizzativo o tecnologico per migliorare sempre più lo smart working nelle Pa, anche interagendo con i principali stakeholder, per sviluppare le competenze del personale pubblico, le capacità manageriali dei dirigenti, la misurazione e valutazione delle performance organizzative e individuali. Verificherà, inoltre, che i POLA (Piani Organizzativi del Lavoro Agile) messi a punto dagli enti raggiungano gli obiettivi quantitativi e qualitativi fissati, monitorerà gli effetti dello smart working sull’organizzazione e i benefici per i servizi ai cittadini, ma ne promuoverà anche la diffusione sul piano comunicativo e culturale. 

Prima indagine sulla qualità del lavoro agile in 34 amministrazioni centrali

Il 12 maggio 2021 è stata presentata la prima indagine sulla qualità dei Piani organizzativi del lavoro agile (POLA) 2021-2023, coordinata dal professor Enrico Deidda Gagliardo e realizzato in stretta collaborazione tra il Cervap, il Centro di ricerca sul Valore pubblico dell’Università di Ferrara, e l’Ufficio Valutazione performance del Dipartimento della Funzione pubblica. Emergono ottime pratiche che possono diventare benchmark di riferimento, ma anche tante criticità da migliorare, come l’insufficiente valutazione degli impatti esterni e interni dello smart working e la necessità di progettare percorsi formativi mirati dei dirigenti. In sintesi: grande capacità di reazione organizzativa in risposta all’emergenza Covid, ma poco monitoraggio degli effetti. Ecco i principali risultati e la nostra intervista al Prof. Enrico Deidda Gagliardo nella rubrica video del 14 maggio 2021.

Sulle tracce dell'innovazione - Focus sui POLA

I numeri dello smart working nella PA: indagini e ricerche

La Ricerca 2023 dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano

Nel 2023 lo Smart Working in Italia aumenta nuovamente nelle grandi imprese e nelle PMI, ma diminuisce nella PA: è quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, presentata lo scorso 6 novembre durante il convegno “Rimettere a fuoco lo Smart Working: necessità, convenzione o scelta consapevole?”. Dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 il numero dei lavoratori da remoto nel nostro paese si stabilizza a 3,585 milioni, registrando una leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022 e un incremento del 541% rispetto al periodo pre-Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia.

Si elencano i punti chiave emersi dalla ricerca rispetto al settore pubblico.

La PA mostra una crescita più lenta. Nel corso del 2023 i lavoratori da remoto sono cresciuti soprattutto nelle grandi imprese, nel comparto sono oltre un lavoratore su due, pari a 1,88 milioni di persone; sono invece diminuiti nelle pubbliche amministrazioni (515.000 addetti, il 16% del totale).

Progetti di Smart Working strutturati o informali. Lo Smart Working è presente nel 61% degli enti pubblici, con iniziative strutturate prevalenti soprattutto nelle realtà di maggiori dimensioni.

Iniziative mature di Smart Working. Solo il 16% della PA con progetti di Smart Working è maturo sulle dimensioni che strutturano lo smart working, quali: Tecnologie – le organizzazioni si trovano in generale ad un buon livello, grazie a una generalizzata crescita di competenze dovuta all’accelerazione tecnologica data dalla pandemia; Riorganizzazione degli spazi – solo il 13% delle PA ha attività su come utilizzare in modo corretto gli ambienti aziendali, il 18% delle PA ha però progetti di revisione degli spazi; Comportamenti e stili di leadership – il 20% delle PA ha attivato iniziative di formazione per capi e collaboratori sulla gestione dei team da remoto.

Il futuro dello Smart Working. Il 20% delle PA non sa come si evolverà l’iniziativa, l’incertezza sulla possibilità di mantenere lo Smart Working si avverte soprattutto nelle organizzazioni di minori dimensioni.

Smart Working Award 2023. ARERA riceve il riconoscimento dell’Osservatorio nella categoria PA, mentre l’iniziativa SmartBo lo riceve nella categoria “valorizzazione dei territori”. Entrambe si sono distinte per la capacità di innovare le modalità di lavoro attraverso i loro progetti di Smart Working.

La Ricerca 2022 dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano

L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato il 20 ottobre l’edizione 2022 della ricerca sull’evoluzione delle iniziative di Smart Working nell’ultimo anno, durante il convegno “Smart Working: Il lavoro del futuro al bivio”. Il dato che più emerge è che il lavoro da remoto in Italia continua ad essere utilizzato sia nelle aziende private sia nella PA, pur se in misura minore rispetto allo scorso anno, ma per il 2023 si prevede un lieve aumento (fino a 3,63 milioni tra dipendenti pubblici e privati).

Ecco gli impatti più rilevanti che il fenomeno ha su organizzazioni e persone della PA:

Rallenta la diffusione nella PA. Nel 2022 in Italia il lavoro da remoto continua a essere utilizzato da circa 3,6 milioni di lavoratori, nonostante sia in lieve calo (500 mila in meno) rispetto allo scorso anno. La PA, in particolare, passa dal 67% al 57% degli Enti, con in media 8 giorni di lavoro da remoto al mese.

I nuovi spazi di lavoro. Il diverso modo di lavorare e l’evoluzione futura dei modelli di Smart Working implicano un ripensamento degli spazi finalizzati a favorire sia il rientro in ufficio, che nel 45% delle PA ha incontrato resistenze da parte dei lavoratori, sia la collaborazione con colleghi.  Anche se lentamente, il 25% della PA ha già effettuato degli interventi di modifica degli ambienti o lo sta facendo in questi mesi e in prospettiva futura sono previste o in fase di valutazione iniziative simili nel 21% delle PA.

Gli effetti su engagement e benessere. Analizzando il benessere dei lavoratori sia dal punto di vista psicologico che relazionale, la ricerca rinforza la tesi che la revisione del modello organizzativo accresca il benessere delle risorse umane: i lavoratori che manifestano i livelli più elevati di benessere sono gli smart worker, tra i quali il 13% risulta pienamente ingaggiato, mentre i lavoratori remote non smart, privi di flessibilità ulteriori oltre a quelle di luogo di lavoro, risultano avere minore benessere e un livello di engagement molto basso (6%), inferiore non solo ai veri smart worker ma anche ai lavoratori on-site (12%).

L’impatto che lo smart working ha sull’ambiente riducendo le emissioni di CO2 di circa 450 Kg annui per persona. I dati di ricerca mostrano come questo sia il risultato di tre componenti su base annua: la riduzione degli spostamenti, che permette il risparmio di 350 Kg di CO2, le emissioni risparmiate nelle sedi delle organizzazioni che hanno introdotto lo Smart Working (pari a circa 400 Kg di CO2) al netto delle emissioni addizionali dovute al lavoro dalla propria abitazione (in media circa 300 Kg di CO2). Se si pensa che il numero degli smart worker attuali è pari a 3.570.000 di lavoratori, l’impatto a livello di sistema Paese calcolate sarebbe pari a 1.500.000 Ton annue di CO2.

L’impatto positivo per effetto dell’aumento dei costi energetici. L’attuale crisi energetica spinge a riflettere anche sul binomio smart working/riduzione dei costi energetici: un lavoratore che operi a distanza per due giorni a settimana risparmia in media circa 1.000 euro all’anno per via della diminuzione dei costi di trasporto. Allo stesso tempo, però, nella stessa ipotesi di due giorni alla settimana di lavoro da remoto, l’aumento dei costi dei consumi domestici di luce e gas può incidere per 400 euro l’anno riducendo il risparmio complessivo a una media di 600 euro l’anno.

Smart Working Award 2022. La Presidenza del Consiglio dei ministri riceve il riconoscimento dell’Osservatorio nella categoria PA, per essersi distinta per capacità di innovare le modalità di lavoro grazie al proprio progetto di Smart Working.

La Ricerca 2021 dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano

L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato il 3 novembre l’edizione 2021 della sua ricerca annuale.

La Ricerca fa il punto sullo smart working in Italia, nel settore privato e in quello pubblico, e offre spunti e previsioni su quanto potrebbe accadere nei prossimi mesi. La principale evidenza, in questo senso, è che lo smart working non finirà: l’intenzione è di mantenerlo nell’89% delle grandi aziende e nel 62% delle pubbliche amministrazioni. Ma lato PA c’è al momento molta incertezza su cosa si potrà effettivamente fare nel post emergenza.

Ecco i punti chiave che emergono dalla ricerca relativamente al settore pubblico.

Diminuiscono i “lavoratori agili” nel 2021. A marzo 2021, a un anno dal primo lockdown, l’Osservatorio stima che siano stati 5,37 milioni gli smart worker italiani, di cui 1,44 milioni nella PA. Nel secondo trimestre il numero ha iniziato progressivamente a diminuire fino a 4,71 milioni, con il calo più consistente proprio nel settore pubblico (1,08 milioni). A settembre il numero complessivo degli smart worker si è attestato a 4,07 milioni, di cui 860mila nella PA, con una media di 3,6 giorni a settimana.

La pandemia come “occasione” per introdurre lo smart working. Progetti di smart working strutturati o informali sono presenti nel 67% delle PA (contro il 23% pre-Covid). Fra le PA che hanno definito o stanno definendo un progetto di smart working, l’85% afferma che il progetto non era presente prima dell’emergenza e che è stata la pandemia l’occasione per introdurlo.

L’impatto sulle prestazioni. Sia le grandi imprese che le PA evidenziano un deciso miglioramento di efficacia ed efficienza (migliorata per il 30% delle PA, contro il 16% che dichiarano un peggioramento). L’aspetto ritenuto più negativo è quello della comunicazione tra colleghi, peggiorata per il 48% delle PA, mentre solo un 16% dichiara un miglioramento.

Le prospettive. Al termine della pandemia si prevede che lo smart working rimarrà o sarà introdotto nel 62% delle PA e coinvolgerà 680mila lavoratori. Nella PA c’è però molta incertezza sul futuro: un quarto non sa se lo smart working potrà restare o iniziare nel post-Covid. Crescono intanto i modelli di lavoro ibridi, alla ricerca di un miglior equilibrio fra lavoro in sede e a distanza: nelle PA sarà possibile lavorare a distanza mediamente per due giorni a settimana.

Il Monitoraggio sul lavoro agile -Dipartimento della funzione pubblica

A partire da maggio 2020 il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato un’iniziativa di monitoraggio rivolta a tutte le amministrazioni pubbliche. Il monitoraggio ha carattere continuativo e periodicità quadrimestrale e vuole analizzare le dimensioni quantitative e qualitative dell’attuazione del lavoro agile da parte delle amministrazioni pubbliche nella fase emergenziale. L’elaborazione dei dati raccolti attraverso le attività di monitoraggio consente l’alimentazione di una base di conoscenza indispensabile per il Dipartimento della funzione pubblica per disegnare gli interventi finalizzati alla promozione del lavoro agile, e in particolare, di quelli volti a sostenere lo sviluppo della capacità amministrativa delle singole amministrazioni pubbliche.

A dicembre 2020 sono stati pubblicati i numeri del monitoraggio elaborati da FormezPA per conto della Funzione pubblica. Le amministrazioni rispondenti sono state ben 1.537 (circa 300mila i dipendenti rappresentati) per un periodo che va da gennaio al 15 settembre 2020.

Ecco alcuni numeri: a gennaio i lavoratori pubblici in smart working erano appena l’1,7%. Successivamente, l’esplosione della pandemia ha portato ai picchi di maggio con percentuali oltre l’87% per le amministrazioni centrali. Il lavoro agile ha riguardato l’86% delle amministrazioni interpellate, dal 94% al 100% se parliamo degli enti sopra i 10 addetti. A maggio, le dipendenti donne attive da remoto hanno raggiunto il 66,3% contro il 60,3% degli uomini. A settembre il gap è diminuito: 47,6% contro 44,4%. In media, 48% contro 44%. A maggio il 57% del tempo di lavoro era mediamente in smart working, con punte di quasi l’80% nelle Pa centrali.

Un lavoratore su due in lavoro agile si è giovato di strumenti forniti dall’amministrazione; in particolare è stato rilevato un +7% sulla disponibilità di device da maggio a settembre. L’87% dei dirigenti adesso ha la firma digitale, mentre la digitalizzazione dei procedimenti è al 60%. Per il 70% delle amministrazioni, secondo il monitoraggio, c’è stato un salto nelle competenze digitali dei dipendenti. Per il 48% degli enti i dipendenti sono stati più responsabilizzati e orientati ai risultati. Il 54% delle amministrazioni ritiene invece che le spese siano diminuite, con punte oltre l’80% per il comparto università e ricerca e nella Pa centrale. Risparmi concentrati soprattutto nelle voci utenze e carta. Infine, su 2.681 dipendenti interpellati, per il 91% l’esperienza del lavoro agile è pienamente o abbastanza soddisfacente e il 73% ritiene che ci siano stati incrementi della produttività del lavoro.

Ecco la sezione dedicata al monitoraggio sul sito della Funziona Pubblica

Smart working: il 94% dei dipendenti pubblici proseguirebbe anche nel post-emergenza. La ricerca di FPA

Il 3 luglio 2020 FPA ha presentato la ricerca “Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza”, che ha visto la partecipazione di 5.225 persone di cui 4.200 dipendenti pubblici. Il 92,3% dei dipendenti pubblici oggetto dell’indagine di FPA stava lavorando in smart working. Il 73,5% di questi da casa per tutto l’orario di lavoro, il 18,8% con alcuni rientri in ufficio o sospensioni del lavoro con giorni di ferie, recuperi o congedi. Gli esclusi dallo smart working erano appena il 4,7% (il 2% per scelta personale, l’1,2% perché in settori essenziali o servizi indifferibili, un altro 1,2% perché lavora in enti che non l’hanno attivato). L’88% dei dipendenti giudicava l’esperienza di successo e il 61,1% riteneva che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli enti, fra gli enti e nei rapporti con i cittadini e le imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza. E se – come ha sottolineato la Ministra della PA Fabiana Dadone – una volta tornati alla normalità almeno il 40% dei dipendenti pubblici dovrà adottare una modalità di lavoro agile, questi si dicono pronti: il 93,6% vorrebbe continuare a lavorare in smart working. Ma per la maggior parte (il 66%) il lavoro da casa deve essere integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.

La ricerca “La PA oltre il Covid” presentata a FORUM PA 2020 Restart Italia

La ricerca La PA oltre il Covid realizzata da FPA in occasione di “FORUM PA 2020 Restart Italia”. La ricerca è stata realizzata attraverso un’indagine demoscopica condotta in collaborazione con l’Istituto Piepoli su un campione di 1000 persone rappresentativo della popolazione italiana e una seconda indagine su oltre 2000 persone che compongono il PanelPA della community di FPA, per mettere a confronto le opinioni di utenti e dipendenti pubblici sul ruolo della Pubblica Amministrazione nell’emergenza e nella ripresa. Il tema smart working era presente in entrambe le indagini che compongono la ricerca.

La demoscopica: secondo la maggioranza degli italiani, il 53%, lo smart working è un’opportunità per un’amministrazione più efficiente e moderna, quota ben superiore al 29% che lo considera un rischio per l’assenteismo e comportamenti opportunistici (il 13% lo ritiene ininfluente).

Il Panel PA: lo smart working è stato un fatto positivo, ma i dipendenti pubblici non vedono ancora un nuovo orientamento ai risultati. Per il 42,8% la pratica della valutazione non è cambiata, per il 44,6% non ci sono ancora cambiamenti in questo senso ma segnali di miglioramento, solo il 12,6% vede un reale cambiamento. Con il lavoro a distanza si avverte maggiormente la necessità di una condivisione costante ed efficace di obiettivi e strategie, ma per la maggioranza non è migliorata la comunicazione interna ma ci sono segnali di cambiamento (40,6%) o non c’è miglioramento ed appare insufficiente (il 36,1%). Se a giugno 2020, oltre il 60% dei rispondenti esprimeva fiducia che lo smart working avrebbe portato un cambiamento positivo nella PA, ora, a qualche mese di distanza, la fiducia resta alta: il 55,1% dei lavoratori è ottimista che questo possa avvenire, ma pensa ci vorrà più tempo.

Il vademecum dell’AgID per la sicurezza in Smart Working

Per cercare di contrastare il fenomeno della sicurezza informatica, che assume ancor più rilevanza per i dipendenti che lavorano nella pubblica amministrazione, il Cert-PA di AgID (Computer Emergency Response Team Pubblica Amministrazione) nel marzo 2020 ha stilato un vademecum con undici consigli per lavorare in sicurezza da casa.

Per approfondire ancora: i progetti nazionali e altri focus

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!