Smart Working: ecco cinque punti da cui ripartire per il dopo-emergenza
L’attuale emergenza si sta rivelando una grande palestra per lo smart working. Ma, una volta finita, sarà necessario consolidare un modello di smart working efficace e sostenibile, realmente a misura d’uomo e di organizzazione e, ci sentiamo di dire, anche di società. Da dove possiamo ripartire? Certamente da alcuni punti contenuti nelle recenti direttive e circolari sul tema
9 Aprile 2020
Giovanna Stagno
Responsabile Area Advisory e Gare FPA
Da diversi anni ormai ci occupiamo di approfondire il ruolo dello Smart Working nell’organizzazione del lavoro pubblico. Abbiamo così spesso evidenziato come lo Smart Working contribuisca alla definizione di una nuova PA, che scardini l’approccio alla burocrazia difensiva, che sia in grado di valorizzare le persone e rafforzarne le competenze, che trasformi in chiave digitale processi interni e relazioni con i cittadini.
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Alla fine del 2019 ci siamo lasciati con dati incoraggianti rispetto all’adozione del lavoro agile nella PA, seppure testimoniassero ancora una forte tendenza all’adempimento piuttosto che una vera ed effettiva cultura del cambiamento. Poi è arrivata l’emergenza che ha costretto – come nel settore privato – anche la PA a spostare in remoto processi e lavoro delle persone.
Le direttive e circolari del Ministro per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone si sono susseguite numerose dalla fine di febbraio ad oggi, a sostegno di quanto poi sancito nel decreto Cura Italia ovvero che fino alla fine dell’emergenza da COVID-2019 «il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni».
Un passaggio fondamentale – se ci pensiamo – quello della sospensione di ogni forma di sperimentazione a vantaggio dell’ordinarietà. Un passaggio talmente centrale nelle riflessioni sullo Smart Working se consideriamo anche che il Ministro Dadone ha dichiarato l’intenzione di portare in Smart Working il 40% dei lavoratori della PA nel dopo emergenza.
Passando in rassegna le direttive e le circolari di questi ultimi giorni vogliamo mettere in evidenza alcuni punti di attenzione a nostro avviso interessanti nelle riflessioni da portare avanti per la messa a regime dell’istituto nell’intera PA. Molte di queste rispecchiano peraltro quanto era stato richiesto a gran voce dai Responsabili Risorse Umane delle Amministrazioni che si sono incontrati in occasione di FORUM PA 2019 nell’Arena delle Reti.
Semplificazione
La “sburocratizzazione” dello Smart Working viene, seppure temporaneamente, ribadita dalla Direttiva 2/2020 nella quale si legge che “le amministrazioni prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura”. Non serve richiesta del lavoratore, non serve accordo individuale, la PA è obbligata a ricorrere al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa. Semplificare è possibile!
Soglie e tipologie di attività
Come è noto la Legge 124/2015 aveva definito per le PA l’obbligo di adottare misure organizzative per l’attuazione del lavoro agile, che permettessero entro i 3 anni di fare adottare modalità flessibili di prestazione del lavoro ad almeno il 10% dei dipendenti, ove richiesto. La Direttiva 2/2020 aggiunge che “la previsione non prevede una soglia massima per il ricorso alle predette modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per cui l’attuale situazione emergenziale è tale da giustificarne il ricorso come strumento ordinario” e suggerisce un “ripensamento” sulle attività da poter portare in Smart Working con l’obiettivo di includere attività che erano state magari escluse in fase di sperimentazione del lavoro agile nelle diverse amministrazioni. Estendere e diffondere la pratica è necessario!
Dispositivi informatici
La repentina remotizzazione del lavoro ha trovato diverse PA impreparate sia a livello culturale che a livello organizzativo e di strumentazione per rendere possibile lo Smart Working. Da una parte la Direttiva 2/2020 è intervenuta per riconoscere ai dipendenti la possibilità di ricorrere alle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa attraverso l’utilizzo dei propri dispositivi personali “a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione”, dall’altra parte lo stesso Cura Italia, all’art. 75, ha autorizzato le PA ad approvvigionarsi di “beni e servizi informatici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara [art. 63 dlgs 50/2016] scegliendo il fornitore tra una rosa di almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa»”.
Il punto sulla strumentazione, come è noto, era molto dibattuto prima dell’emergenza in termini di sicurezza e di opportunità, e lo è ancora di più adesso se, come sta accadendo a molti, ci si trova ad utilizzare per lo Smart Working strumenti informatici personali condivisi con gli altri membri della famiglia. Da questo punto di vista, la Direttiva 2/2020 ribadisce comunque il rispetto dei livelli di sicurezza e protezione della rete stabiliti da ciascuna amministrazione e la Circolare 2/2020 sottolinea anche che quanto disciplinato dalla Legge sul Lavoro Agile (art. 18 comma 2 legge 81/2017), ovvero che il “datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”, non trova applicazione in tali casi.
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In questa situazione di mancanza di controllo quotidiano agevolato dalla presenza fisica, il dibattito si sposta anche sulla restituzione delle attività svolte dai dipendenti, aspetto da conciliare con i concetti di lavoro per obiettivi e valutazione dei risultati raggiunti e di fiducia nella relazione tra capo e collaboratore propri dell Smart Working. La Circolare 2/2020 rimette all’autonomia di ciascuna amministrazione la scelta di individuare strumenti di sintesi degli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile con riferimento a periodi temporali più estesi. Diverse le posizioni delle Amministrazioni dalla reportistica puntuale al diario di bordo per macro attività.
Smart learning
“È altresì possibile – anzi è auspicabile che le amministrazioni si attivino in tal senso – promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile” si legge nella Circolare. Bene, ma serve considerare che l’adozione di un approccio allo smart learning dovrà contemplare da una parte il ricorso alla formazione on line come strumento preferenziale per l’aggiornamento e dall’altra l’attivazione di un percorso di accompagnamento e valorizzazione delle persone più ampio e strutturato.
Che cosa stiamo imparando da questa fase di emergenza? In che modo possiamo fare tesoro di questo momento così particolare per l’introduzione e messa a regime di questo nuovo modo di lavorare?
Il forte rilancio dello Smart Working in ambito pubblico da una parte è un vantaggio per riportare alta l’attenzione sulla misura come strumento fondamentale per un nuovo modello di organizzazione del lavoro più efficace ed efficiente. Dall’altra parte, il rischio è di collegare la misura solo a situazioni di emergenza e che l’emergenza stessa renda acuti i limiti e le difficoltà (dettate dall’emergenza stessa) e mortifichi le opportunità e i vantaggi.
Inoltre il repentino spostamento delle attività in remoto, da casa, rischia di sovrapporre Smart Working e Telelavoro che, come sappiamo, non sono la stessa cosa!
Si tratta sicuramente di un grande stress test che porta anche a riflettere sul rapporto tra Smart Working e molti altri fattori: la mancata o non adeguata digitalizzazione dei servizi al cittadino, il necessario e imprescindibile rafforzamento delle competenze digitali dei dipendenti pubblici, il divario che purtroppo ancora persiste in molti territori in termini di accesso al digitale e connettività.
L’emergenza si sta rivelando una grande palestra. Dopo questa emergenza sarà necessario tornare sulle dimensioni chiave dello Smart Working, la nuova cultura manageriale, il cambiamento organizzativo, il coinvolgimento delle persone, l’azione abilitante delle tecnologie. Servirà consolidare un modello di Smart Working efficace e sostenibile, realmente a misura d’uomo e di organizzazione e, ci sentiamo di dire, anche di società.
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