Smart Working in Regione Emilia-Romagna: sotto la punta dell’iceberg

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Lo Smart Working potrà rappresentare un cavallo di Troia per incidere sulla cultura organizzativa della dirigenza pubblica senza aspettare la prevedibile sostituzione del turnover

6 Febbraio 2020

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Francesco Raphael Frieri

Direttore Generale Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni, Regione Emilia-Romagna

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Stefania Sparaco

Attività di trasformazione digitale e organizzativa, Regione Emilia-Romagna

Photo by You X Ventures on Unsplash - https://unsplash.com/photos/Oalh2MojUuk

Lo Smart Working in Emilia-Romagna inizia a prendere forma: dai primi passi sperimentali avviati a giugno del 2018, la strada percorsa è stata tanta e ha portato l’amministrazione regionale a decidere non solo di rendere questo strumento una vera e propria misura organizzativa ad ampia diffusione, ma anche a immaginare di poter costruire reti sempre più consistenti con altre amministrazioni locali e nazionali, perché il cambiamento non può che essere condiviso e ampio, per essere davvero efficace.

Un anno di sperimentazione

L’anno di sperimentazione ha messo in evidenza, benché su piccoli numeri, tutta la potenza di questo nuovo modo di concepire il lavoro: i dati ci parlano di una maggiore efficienza e qualità del lavoro, un maggiore senso di appartenenza all’organizzazione e una maggiore apertura mentale nei confronti di nuove pratiche organizzative, oltre ovviamente al recupero in termini di tempi di vita e conciliazione con esigenze personali e familiari.

Segnali importanti e positivi, che convincono a procedere sulla strada intrapresa. Eppure, si ha l’impressione di aver appena scalfito la superfice di un cambiamento che se sospinto e guidato, può portare a qualcosa di ancora più profondo e significativo. E perché accada, è necessario che questo cambiamento sia ancora più incisivo e ampio.

Come favorire il cambiamento

Serve coinvolgere in modo responsabilizzante il middle management, coloro che tutti i giorni coordinano attività e persone e contribuiscono al raggiungimento di obiettivi e risultati.

Emerge l’esigenza anche di mantenere collegati i due mondi che si possono creare: quello dei ‘nuovi’ lavoratori smart e quello di coloro che continuano a lavorare con le ‘vecchie’ modalità, ma anche quello tra PA smart e PA che ancora non lo sono, assottigliando il confine, creando connessioni e coesione e scambio di conoscenze e know-how tra due mondi che per molto tempo coesisteranno.

Serve infine garantire sicurezza sotto ogni profilo: dei luoghi di lavoro, proteggendo le persone dal frastuono della iperconnettività, dal rischio di perdita di dati e informazioni.

Successivamente occorre intervenire sul top management, perché è lo strato responsabile del modo di agire la leadership. Se si riuscirà, di fatto, a intervenire in tal senso, lo Smart Working potrà rappresentare un cavallo di Troia per incidere sulla cultura organizzativa della dirigenza pubblica senza aspettare la prevedibile sostituzione del turnover.

Il ruolo del team

Per tutti questi motivi, l’Emilia-Romagna ha deciso di proseguire l’iniziativa rafforzandola su tre fronti: per prima cosa valorizzando la dimensione organizzativa e di gruppo. Il team (composto da almeno due persone, meglio se di tre, cinque o sette, di cui una almeno con funzioni di coordinamento) è la cellula minima che può intraprendere percorsi di Smart Working.

E sulla relazione intra team e tra il team e il resto dell’organizzazione si lavorerà con un percorso di sviluppo dedicato, orientato a rafforzare dinami che e strumenti di reale lavoro smart, la programmazione di medio periodo (tre mesi), la gestione del tasking e il raggiungimento degli obiettivi.

Sotto la punta dell’iceberg dello Smart Working c’è la possibilità di agire sul tanto agognato ‘orientamento al risultato’. Le due call aperte nell’estate del 2019 hanno portato alla costruzione di oltre 140 team, per un totale di 430 persone coinvolte, di ogni livello e con profili professionali di ogni genere (da quello più amministrativo, al project manager, al tecnico/professionale).

Saranno i protagonisti di questa nuova fase di sviluppo del progetto e contribuiranno, con esperienze e casi d’uso concreti, a svilupparne le potenzialità.

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L’importanza di fare network

Il secondo fronte è quello della dimensione territoriale e nazionale: se è vero che siamo solo all’inizio del percorso, la costruzione di network è fondamentale per trovare soluzioni condivise ai molti nodi che ancora restano aperti (normativi, organizzativi, tecnologici di spazi di lavoro). In tal senso si svilupperà la rete con altre amministrazione regionali e non solo (a partire da quelle del Progetto VeLA) ed è stato avviato, in occasione della giornata del Lavoro Agile di Bologna del 24 ottobre, il progetto Emilia-Romagna Smart Working, dedicato alla diffusione di buone pratiche sul territorio regionale e alla creazione di una rete di spazi condivisi tra amministrazioni, per ridurre la mobilità dei lavoratori pendolari (con un impatto significativo su trasporti, emissioni e traffico) e immaginare nuovi luoghi di lavoro, magari valorizzando l’ampio patrimonio immobiliare pubblico.

La formazione e le competenze

Infine, il terzo cantiere è quello della formazione e dello sviluppo competenze per essere lavoratori smart (ma non workaholic), per essere leader smart e per costruire processi e organizzazioni smart, per essere amministrazioni attrattive per le nuove generazioni che entreranno a far parte della PA. Sotto la punta dell’iceberg, quindi, la possibilità di un cambio di passo e di mindset, per costruire una nuova generazione di pubblici dipendenti dinamici, orientati al risultato, digitali.


Questo articolo fa parte di FPA Annual Report 2019

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