Strategie di Reskilling e Upskilling. Competenze e azioni necessarie per un lavoro pubblico aumentato

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L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro, costringendo la pubblica amministrazione a ridefinire ruoli e competenze. Quali sono le sfide e le opportunità di questa transizione? Quali percorsi di upskilling e reskilling dovrebbero essere avviati per adeguare le competenze dei dipendenti pubblici alla nuova realtà? La Community degli HR Manager pubblici si è riunita lo scorso 14 novembre per delineare gli aspetti che caratterizzeranno il futuro di alcune figure professionali nella pubblica amministrazione

5 Dicembre 2024

F

Astrid Finocchiaro

Junior Content Specialist FPA

Credits by Shutterstock

L’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente il mondo del lavoro, spingendo le organizzazioni, e in particolare la pubblica amministrazione, a ripensare ruoli e competenze. Questo cambiamento rende indispensabile l’attuazione di percorsi di upskilling (aggiornamento delle competenze) e reskilling (riqualificazione), per aiutare i dipendenti verso questa nuova transizione.

Il panorama di molte figure professionali, tra cui quelle amministrative e manageriali, è infatti dentro una netta trasformazione che vede una ridefinizione delle loro mansioni e dei loro contributi all’interno delle strutture organizzative. Ma quali sono le azioni di upskilling e reskilling funzionali a realizzare ciò? Su quali dimensioni occorre andare ad agire e quali competenze stanno diventando imprescindibili?

Partendo dai ragionamenti condivisi nella ricerca “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego” presentata da FPA, in apertura di FORUM PA 2024, in riferimento al modo in cui l’IA può agire in complementarità al lavoro umano, sono stai approfonditi questi aspetti attraverso un incontro di lavoro collaborativo dal titolo “Complementarità e obsolescenza. Competenze e azioni necessarie per un lavoro pubblico aumentato”, svoltosi il 14 novembre, riservato ai Direttori e Direttrici e Responsabili del Personale, dell’Organizzazione e della Formazione delle Amministrazioni pubbliche italiane. Questi hanno delineato le sfide e le opportunità che caratterizzeranno il futuro di alcune figure professionali nella pubblica amministrazione.

L’evento, organizzato in collaborazione con SAP e GiGroup, ha fornito un’occasione per delineare alcune strategie concrete. In particolare, GiGroup ha condiviso i risultati della sua indagine “Nuovi modi di lavorare. Ruoli e competenze nell’era dell’IA generativa”, offrendo una panoramica sulle competenze emergenti e sui nuovi ruoli richiesti per affrontare il panorama trasformativo del lavoro. Diventa centrale in tal caso la figura dell’HR che potrà accompagnare i dipendenti e le organizzazioni verso il cambiamento e aiutare a colmare le necessità che si presenteranno.

L’elemento di partenza del dibattito è stato il concetto di complementarità, ovvero la capacità di essere inseriti dentro un processo che integri efficacemente le proprie mansioni con gli strumenti di intelligenza artificiale. Per rendere più tangibile questa analisi, sono state esaminate due figure professionali: una con una bassa complementarità ed un’altra che invece gode di un’alta complementarità con l’AI. Questa scelta di due complementarità opposte (bassa-alta) ha permesso di evidenziare le difficoltà legate all’aggiornamento delle competenze per evitare che alcuni ruoli cadano in obsolescenza.

Gli esperti che hanno partecipato all’incontro hanno esplorato la questione, condividendo le esperienze dei propri Enti e riflettendo sui prossimi passi da compiere per costruire una forza lavoro più preparata e in grado di valorizzare le tecnologie emergenti.

Come ripensare il ruolo nei profili a bassa complementarità

Un primo spunto di riflessione sul tema dell’evoluzione delle competenze nella PA può essere tratto dalle figure a “bassa complementarità con l’IA” che ormai si ritrovano a fare i conti con il rischio di obsolescenza dovuta all’automazione dei processi resa possibile dalle nuove tecnologie. L’introduzione di strumenti basati sull’AI e su approcci orientati ai dati (Data Driven) ha spinto molte organizzazioni a rivedere le proprie funzioni e orientarsi verso un’ottimizzazione e uno snellimento dei processi e delle funzioni.

Per affrontare queste sfide, le organizzazioni hanno compreso che non possono limitarsi a introdurre nuove tecnologie, ma devono ripensare profondamente ruoli e mansioni, con un focus sulle competenze digitali e sulle soft skills. Questo implica anche la necessità di saper distinguere le mansioni associate ai diversi ruoli affinché si evitino delle sovrapposizioni. Alcune amministrazioni hanno infatti avviato dei percorsi di transizione orizzontale dei ruoli, in cui delle figure professionali a bassa complementarità vengono traghettate verso nuove funzioni e mansioni, diventando più efficaci per l’organizzazione.  Tuttavia, questa transizione pone non poche difficoltà imponendo una riflessione sulle famiglie professionali. Spesso, infatti, le diverse figure che devono svolgere la “transizione” si ritrovano carenti in alcune competenze e fanno fatica a sostenere il passaggio verso nuovi ruoli.

La ricerca di un equilibrio pone una notevole sfida alle politiche pubbliche e alle organizzazioni che devono valutare con attenzione i profili del personale, identificando per ciascuno il ruolo più adatto alle sue qualità e alle esigenze operative dell’organizzazione.

È per tale ragione che molte realtà pubbliche stanno puntando su percorsi mirati di formazione delle competenze tecniche e digitali affinché il dipendente riesca a preservare il proprio posto di lavoro ed evolvere la propria mansione.

Le soft skills per i profili ad alta complementarità

Per le figure ad alta complementarità, l’incontro ha messo in luce la necessità di implementare soprattutto le soft skills. La crescente complessità tecnologica e organizzativa richiede, infatti, delle figure capaci di lavorare con resilienza, flessibilità e competenze strategiche: l’obiettivo è riuscire ad incrementare competenze come il problem solving, l’orientamento al risultato, la gestione dei processi, la promozione del cambiamento e l’attenzione al servizio. Tuttavia, queste capacità devono essere accompagnate da competenze tecniche, in particolare quelle legate all’uso consapevole e strategico dell’intelligenza artificiale. Su questo fronte, PP.AA. sembrano ancora essere in una fase di sperimentazione e adattamento ai nuovi strumenti digitali.

Per colmare questo gap, è necessario investire nelle infrastrutture, costruendo ecosistemi in cui l’AI diventi parte integrante del lavoro e delle mansioni quotidiane, con una valutazione attenta dei suoi impatti. Tra questi, ad esempio, vi sono le implicazioni energetiche, le opportunità di semplificazione delle attività, ma anche un’attenzione verso la gestione e la privacy dei dati. Parallelamente, è fondamentale offrire percorsi di formazione specifici e di assessment, che includono valutazione delle competenze, coaching mirato, job rotation e programmi di sviluppo personalizzati.

Non meno importante è il tema dell’etica, che inevitabilmente si intreccia con l’adozione dell’AI. Una riflessione utile da fare a riguardo è: “Quanto deve comandare l’IA su di noi, e quanto noi su di lei?”. Questo interrogativo pone una necessaria attenzione sull’impatto che l’AI avrà non solo sui ruoli e le responsabilità, ma anche sui valori umani. Deve dunque esservi un equilibrio tra processo tecnologico e apporto umano, in cui certamente il dipendente deve essere capace di saper porre “le domande giuste”.

Grazie, inoltre, alla collaborazione con SAP e Gi Group è stato possibile esplorare prospettive pratiche. SAP ha presentato l’Employee Journey, ovvero il percorso di un dipendente all’interno di un’organizzazione: dalla sua acquisizione, alla sua crescita e formazione e alla valutazione delle performance. Gi Group invece ha presentato un esempio di Assessment funzionale a identificare un profilo ideale, rivelando le soft skills fondamentali per migliorare la leadership.

Quali saranno le nuove prospettive?

Affrontare un panorama in rapida evoluzione significa saper ampliare le prospettive e cogliere le opportunità che il cambiamento porta con sé. Se da un lato lo sviluppo delle competenze trasversali e digitali dei dipendenti è essenziale, dall’altro lato le amministrazioni sono chiamate a ripensare anche i modelli organizzativi, le strategie di recruiting e la definizione delle nuove famiglie professionali. Si tratta di un cambiamento che richiede un nuovo approccio: servono organizzazioni basate su modelli più orizzontali e di AI Driven per adattarsi rapidamente alle nuove sfide del futuro.

Il fulcro del cambiamento risiede tuttavia nella capacità di integrare gli strumenti tecnologici con il talento umano. Come sottolinea l’AD Gianni Dominici, di fronte alla rapida evoluzione delle tecnologie, non si può prescindere dal valorizzare il fattore umano, elemento essenziale per affrontare in modo consapevole i cambiamenti in atto. Questo scenario implica un cambio di paradigma nel modo di concepire il lavoro.

Si approda così a quello che Dominici – riprendendo lo studioso e sociologo Federico Butera – definisce “lavoro pubblico aumentato”: una visione in cui il lavoro non è solo trasformato dall’intelligenza artificiale e dai dati, ma è arricchito da un’interazione tra innovazione e persone. Si tratta di pensare ad un futuro che non si limita a reagire ai cambiamenti, ma li sappia anticipare, guidare e renderli un’occasione di crescita per il sistema Paese.

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