“Tcon zero”: una fotografia della PA italiana prima della Riforma Madia

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Di tutte le riforme della PA che si sono succedute quella disegnata dalla “legge Madia” è quella che ha più probabilità di incidere sui numeri delle amministrazioni pubbliche, non solo perché è forse la più impegnativa in termini di decreti legislativi delegati (almeno 13) che partorirà, ma anche perché essi andranno a toccare alcune aree che per ora erano sfuggite a precedenti tentativi di razionalizzazione. Ma non saremo mai in grado di valutarne l’impatto se non scattiamo una foto precisa dello stato attuale, del “tempo zero” prima che la riforma parta e cominci a produrre effetti. Questo è il compito che si è assunto FORUM PA con questa ricerca, che prende in esame otto articoli del disegno di legge indicando per ciascuno la situazione attuale, cosa avverrà se la legge sarà approvata così come la conosciamo ora, quali sono i numeri da cui partiamo e, dove è possibile, qual è l’impatto della legge su queste grandezze.

10 Giugno 2015

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Redazione FORUM PA

Di tutte le riforme della PA che si sono succedute quella disegnata dalla “legge Madia” è quella che ha più probabilità di incidere sui numeri delle amministrazioni pubbliche, non solo perché è forse la più impegnativa in termini di decreti legislativi delegati (almeno 13) che partorirà, ma anche perché essi andranno a toccare alcune aree che per ora erano sfuggite a precedenti tentativi di razionalizzazione.

Nel momento in cui scriviamo la Riforma è arrivata alla Camera dopo un lungo iter al Senato e il Ministro Madia ha preso l’impegno di concluderne l’iter entro ottobre e di vararne i decreti successivi entro l’anno. Ancora non sappiamo se il passaggio alla Camera stravolgerà la legge che, tutto sommato, è passata quasi indenne al Senato, né sappiamo se i decreti successivi manterranno il rigore che la legge ha impostato. Quel che sappiamo però di certo è che non saremo mai in grado di valutarne l’impatto se non scattiamo una foto precisa dello stato attuale, del “tempo zero” prima che la riforma parta e cominci a produrre effetti.

Questo è il compito che si è assunto FORUM PA con questa ricerca: definire i numeri di partenza per poter poi verificare i cambiamenti. La ricerca prende in esame otto articoli del disegno di legge, quelli che ci sembra possano avere un impatto maggiore sui “numeri” della PA, indicando per ciascuno la situazione attuale, cosa avverrà se la legge sarà approvata così come la conosciamo ora, quali sono i numeri da cui partiamo e, dove è possibile, qual è l’impatto della legge su queste grandezze.

Ecco i numeri da tenere sotto controllo partendo dai grandi obiettivi che ha la legge di riforma. Su ciascuno di questi la ricerca individua quali dovrebbero essere i concreti miglioramenti (cfr tabelle):

  1. Più trasparenza: l’Italia è 18^ su 24 Paesi dell’area Eu+Nord America come indice di Open goverment e 25 su 28 Paesi nell’indice di Trasparency che misura la resistenza alla corruzione.
  2. Una PA più snella: la giungla degli uffici distaccati delle amministrazioni centrali conta su 241.238 impiegati distaccati in 62mila unità operative, di cui quasi 5mila dei Ministeri.
  3. Mondo camerale più razionale: ad oggi abbiamo 103 camere di commercio che possiedono 691 società partecipate e oltre 4.000 cariche tra Presidenti, consiglieri, revisori, ecc.
  4. Una dirigenza unica: nella PA italiana ci sono 65.666 dirigenti con 8 contratti diversi. La distribuzione è molto squilibrata e si va da un dirigente ogni 7,2 dipendenti nella Presidenza del Consiglio, a un rapporto di uno a 135 nella scuola. Sono molto squilibrati anche i compensi che per la prima fascia vanno da un massimo nelle agenzie fiscali di 221.775 euro a un minimo negli enti di ricerca di 151.176 euro lordi complessivi. I dirigenti apicali italiani guadagnano 12,6 volte il reddito medio pro capite, mentre in Francia il rapporto è 6,44; in UK 8,48; in Germania 4,97. Ancora oggi la retribuzione di risultato viene data a pioggia e a tutti la stessa: ad es. e centinaia di dirigenti di II fascia del MEF prendono tutti 6.879,34 euro. Tutti e tutti uguali in barba alla legge che lo vieta esplicitamente.
  5. Ordine negli Enti di ricerca pubblici: negli Enti di ricerca lavorano 17.526 unità di cui solo il 49,7% sono ricercatori. Questa percentuale è più alta nel CNR (60,7%), mentre scende al 33% per esempio nell’ISFOL. A fronte di meno di 18.000 dipendenti stabili vi sono negli enti circa 13.000 precari e assegnisti di ricerca
  6. Maggiore mobilità: ad oggi la mobilità tra comparti o tra pubblico e privato è praticamente nulla, meno dell’un per mille; i concorsi sono fermi o comunque con cadenza casuale e l’Italia è il Paese al mondo con il maggior numero di impiegati pubblici ultracinquantenni e un’età media (extra polizie e militari) di 52 anni.
  7. Meno sprechi nelle partecipate: si contano 39.800 mila partecipazioni e 7.564 società partecipate. A questa moltitudine di aziende partecipate corrisponde un esercito di cariche: solo quelle partecipate dai Comuni fanno registrare un numero complessivo di 15.868 amministratori. A questi si aggiungono 11.617 soggetti negli organi di controllo e 2.700 individui che ricoprono cariche di altra natura (direttori, procuratori, ecc.). E’ facilmente stimabile che in totale abbiamo circa un esercito di circa 55.000 incarichi per le aziende partecipate.

NB. Il volume è gratuito ma per scaricarlo occorre essere iscritti alla community di FORUM PA

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