Tra ottimismo e timore, una PA ad “onda quadra”

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Con il PNRR e la nuova programmazione sono arrivati flussi di risorse, di impegni e di scadenze che molte realtà non erano strutturate ad affrontare. Qui è utile la metafora dell’onda quadra. Un amplificatore audio è in grado di riprodurre un suono fedele se il segnale che gli arriva è inferiore alla sua potenza espressa in watt; se gli arriva un segnale più forte, entra in distorsione. È quello che è successo, nel complesso, alla nostra PA. Che fare? Evidentemente potenziare l’amplificatore, accelerare il rafforzamento della macchina organizzativa e intervenire su tre dimensioni: valorizzare le persone; governare con la rete, ridurre le diseguaglianze

27 Gennaio 2023

Gianni Dominici

Amministratore Delegato FPA

Foto di Sandy Kawadkar su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/i-FJ4obOoyM

Questa è una sintesi dell’introduzione all’Annual Report 2022 di FPA (la pubblicazione è disponibile online gratuitamente, previa registrazione)

Anni di svolta, questi recenti, per la nostra pubblica amministrazione che si è trovata improvvisamente ad essere al centro, protagonista, della vita sociale ed economica del paese. Alla fine del 2021 avevamo descritto una PA, le diverse PA, impegnate e unite per affrontare la pandemia che ha costituito il tema federatore in grado di innescare un’inedita capacità di collaborazione, di propensione al cambiamento, di spinta verso la digitalizzazione. Una PA molto simile a quella evocata dal presidente Mattarella 7 anni fa con il suo “discorso dei volti”. «Mi auguro – diceva Mattarella – che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. I volti preoccupati degli anziani, soli e in difficoltà, il volto di chi soffre, dei malati e delle loro famiglie che portano sulle spalle carichi pesanti. Il volto dei giovani che cercano lavoro e quelli di chi il lavoro lo ha perduto».

Sì, in gran parte è stato così, la pandemia ha svelato un nuovo volto delle PA e ha generato una spinta di reazione che ha accelerato processi che nella PA languivano da tempo. Il dubbio che sollevammo allora era se si trattasse di una reazione da resilienza, cioè tendente a ripristinare la condizione iniziale o, citando Taleb, fosse un’espressione di antifragilità, a reagire per migliorarsi, per uscirne migliori, come si diceva già all’inizio dell’emergenza.

A un anno da quelle riflessioni non siamo in grado di sciogliere il dubbio.

Le diverse pubbliche amministrazioni vivono ancora un importante momento di centralità dovuto al ruolo loro affidato in merito agli impegni presi in ambito PNRR e nuova programmazione che sono diventati i nuovi temi che federano le diverse realtà, le energie diffuse del paese ma che generano segnali di cambiamento ancora difficili da interpretare.

Il rischio è che la centralità assunta dalle PA, le risorse disponibili, l’impegno verso il cambiamento siano frutto di una spinta generata dalle grandi opportunità offerte da questa fase di ‘ricostruzione’ e che si possano esaurire una volta scaduto quello che rischia di essere solo un adempimento. Questo porterebbe non solo a una mancata occasione di crescita del paese intero ma all’acuirsi dei problemi endemici riconducibili al tema delle diseguaglianze, dei diversi livelli di sviluppo, delle diverse opportunità.

All’interno del nostro Annual Report abbiamo evidenziare tanti segnali, per ora flebili, per molti versi contraddittori al loro interno che, se ben interpretati e, soprattutto, governati potrebbero essere alla base di un punto di svolta. Rimandiamo alla pubblicazione integrale per approfondire in dettaglio questi aspetti e i dati a supporto.

È emerso come in tutti i settori il PNRR venga visto come strumento di riscatto, occasione da non perdere per far fronte, nei diversi ambiti, a ritardi strutturali e culturali. C’è da considerare, oltretutto, che il 2022 è il primo anno di attuazione del PNRR ma segna anche l’avvio dei Fondi Strutturali Europei 2021-2027 che danno il via agli investimenti delle politiche di Coesione che rafforzano quelle strategie di sviluppo dell’Europa e dell’Italia su cui il PNRR stesso si fonda ma che si estendono nel tempo con un orizzonte di spesa che tocca il 2030. Come abbiamo evidenziato nel testo integrale di questo articolo, gli sforzi della politica di Coesione rientrano quindi in un quadro più ampio e sono fortemente complementari rispetto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e agli investimenti del Fondo per lo sviluppo per la Coesione. La complementarità tra le diverse fonti di finanziamento contiene in sé la grande opportunità di inquadrare i diversi strumenti all’interno di un unico disegno di sviluppo del paese nei prossimi dieci anni, a patto che questo sia coerente ed eviti frammentarietà e sovrapposizione delle azioni.

I grandi numeri non possono cambiare in pochi mesi o anni che siano. L’età media dei dipendenti pubblici, nonostante la flessione prodotta dallo sblocco del turnover e dal ricorso a Quota100, si attesta intorno ai 49,9 anni; a fine 2021 il personale pubblico è aumentato di uno scarso +0,2% rispetto alla fine del 2020 quando aveva raggiunto il minimo storico; i concorsi procedono a piccoli passi sulla strada della digitalizzazione e semplificazione (si attende un DPR di revisione organica del regolamento del 1994 che definisca le nuove modalità concorsuali); sul totale dei 3 milioni e 200 mila dipendenti pubblici, i giovani con meno di 35 anni di età sono meno del 10% e le donne rappresentano il 58,8%, ma solo un terzo delle cariche apicali nella PA è ricoperto da donne (33,5%) e solo il 28% delle donne ricopre incarichi direttivi; 40 euro e 30 centesimi è stata, nel 2020, la spesa di formazione per ciascun dipendente pubblico, per un totale di 130,7 milioni di euro sulle spese ordinarie, ovvero 33 milioni in meno rispetto al 2019; infine, seppure il dato dei laureati che lavorano nella pubblica amministrazione sia in crescita (sono quasi 1,4 milioni i laureati e rappresentano il 42,6% del totale del personale pubblico), forte è il disallineamento tra i titoli di studio posseduti (prevalentemente lauree in giurisprudenza/scienze giuridiche/diritto ed economia) e le professionalità richieste nella fase di attuazione del PNRR e nell’evoluzione della PA verso una maggiore efficienza e verso una migliore aderenza dei servizi alle necessità dei cittadini e delle imprese.

Nonostante ciò, non si può dire che importanti passi in avanti non siano stati fatti. Negli ultimi mesi abbiamo registrato:

  • l’approvazione dei nuovi contratti del pubblico impiego che valorizzano le professionalità e introducono la “quarta area” delle Elevate Professionalità, che «rappresenta un futuro sbocco professionale per i funzionari già presenti nell’amministrazione»;
  • la messa a punto di strumenti operativi e linee guida, quali azioni di accompagnamento a corredo delle riforme, come il portale InPA per l’accesso unico a tutti i concorsi, il portale e la guida alla compilazione del PIAO fornita con il Decreto Ministeriale del 30 giugno 2022, Capacity Italy, il programma di assistenza tecnica per sostenere gli enti impegnati nell’attuazione del PNRR;
  • lo sblocco e digitalizzazione dei concorsi e l’emanazione delle “Linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche”;
  • il disegno di una concreta semplificazione amministrativa, con l’istituzione di task force e portali di accompagnamento e, grazie al PNRR, con un ingente investimento per la semplificazione delle procedure complesse che inaspriscono il rapporto tra PA e cittadini e imprese;
  • la modifica delle norme che riformano la responsabilità dei dirigenti e dei dipendenti pubblici: il decreto-legge 76 del 16 luglio 2020 ha introdotto importanti cambiamenti nel concetto di responsabilità del dipendente pubblico spostando l’abuso d’ufficio sulla violazione di una legge, tutelando maggiormente in tal modo la discrezionalità di chi assume decisioni;
  • una rinnovata centralità al tema della formazione, ribadita peraltro nel PNRR («Sulle persone si gioca il successo non solo del PNRR, ma di qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese»). Su questa convinzione è stato costruito l’ambizioso programma, lanciato a gennaio del 2022, “Ri-formare la PA. Persone qualificate per qualificare il paese”, un Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della PA. Il Piano è articolato in “PA 110 e lode”, percorsi agevolati ai dipendenti pubblici che vogliano laurearsi o conseguire un master post-laurea, e “Syllabus per la formazione delle competenze digitali”, un’offerta gratuita di moduli formativi per colmare i gap di conoscenza e per migliorare le competenze, messi a disposizione a titolo gratuito da grandi aziende del settore tecnologico. Tuttavia, se l’obiettivo dichiarato era di coinvolgere tutti i dipendenti pubblici, le amministrazioni abilitate a settembre 2022 erano 2.299 per un totale di 145.704 dipendenti, con un 53% dei dipendenti che ha avviato il programma registrandosi in piattaforma e un 38% che ha effettuato l’assessment, per inquadrare il proprio livello di competenze e individuare l’offerta didattica adatta ai propri bisogni.

Sicuramente sono stati avviati molti processi, nella giusta direzione che, però, non sempre hanno toccato terra arrivando a raggiungere i risultati attesi. Quello dei concorsi pubblici, e quindi dell’accesso alle pubbliche amministrazioni, è probabilmente il campo in cui nel 2022 è stato maggiore il differenziale tra l’attività normativa e l’effettiva attuazione. Le norme hanno avuto quest’anno un’accelerazione importante, la pratica purtroppo è invece progredita molto meno. Il 2022 quindi si è caratterizzato come un anno da forti segnali, spesso contrastanti, come l’ottimismo e il timore, provenienti dai diversi ambiti e dai diversi attori nazionali e locali deputati a gestire il cambiamento. Segnali che le nostre PA hanno avuto difficoltà a processare.

Qui è utile la metafora dell’onda quadra. Un amplificatore audio è in grado di riprodurre un suono fedele se il segnale che gli arriva è inferiore alla sua potenza espressa in watt. Se gli arriva un segnale più forte, l’amplificatore entra in distorsione, si arrende. Questo fenomeno è rappresentato graficamente da curve che, raggiungendo la soglia, vengono tagliate, squadrate. È quello che è successo, nel complesso, alla nostra PA. Sono arrivati flussi di risorse, di impegni e di scadenze che molte realtà non erano strutturate ad affrontare.

Che fare? Beh, evidentemente potenziare l’amplificatore, cioè accelerare il rafforzamento della macchina organizzativa affinché sia in grado di processare i segnali sempre più forti che gli arrivano. La strada è già tracciata, si tratta di allungare il passo e di non indugiare nei passaggi meno conosciuti per portare avanti le trasformazioni in grado di cambiare il paese: digitale, ecologica, organizzativa.

Per fare questo, tre sono le dimensioni su cui intervenire:

  • Valorizzare le persone. Finalmente al lavoro pubblico viene data la giusta centralità e riconoscenza dovuta per l’importante ruolo che svolge per la crescita sociale ed economica del paese. Anche, e soprattutto, in questo caso è necessario rafforzare il processo di empowerment della forza lavoro. Intensificazione dei concorsi (cercando di evitare le scorciatoie dei contratti a termine), investimenti (ci sono finalmente le risorse) nella formazione dei dipendenti sulle materie chiave relative alle trasformazioni digitali, ecologiche e organizzative. Motivazione dei dipendenti stessi (non si tratta solamente di attrarre i talenti ma anche di valorizzarli) grazie al riconoscimento del merito e ad una organizzazione agile basata su obiettivi e risultati.
  • Governare con la rete. Dedicammo il nostro FORUM PA nell’edizione del 2011 al tema della collaborazione sollecitando un nuovo modello organizzativo al centro del quale ci sono la cooperazione, la condivisione di esperienze, la crescita dei beni relazionali e del capitale sociale, la collaborazione virtuosa tra PA, imprese, cittadini e terzo settore. Oggi, più che mai, quelle considerazioni sono valide per delle PA che da sole rischiano, appunto, di non essere in grado di portare avanti diversi impegni. Si tratta di sovvertire la logica dei grandi programmi calati dall’alto e di coinvolgere i diversi attori nazionali e locali deputati al cambiamento. Si tratta, ancora, di usare al meglio gli strumenti di collaborazione, come le convenzioni quadro o le partnership pubblico-privato.
  • Ridurre le diseguaglianze. Il rischio di creare nuove forme di discriminazione sulla base del genere, del territorio, dell’età, della condizione sociale è forte. Il digitale, soprattutto in questi ultimi anni, è stato un formidabile strumento di modernizzazione della PA, così come le risorse del PNRR insieme ai fondi di Coesione rappresentano un’occasione unica di crescita. Il rischio è che, però, tali opportunità vengano colte solo da quelle realtà e da quei territori più avanzati. Determinanti, come appena descritto, il ruolo delle competenze, dell’empowerment degli esecutori pubblici, della collaborazione fra i diversi attori per accompagnare l’esecuzione dei progetti anche nei territori e nelle realtà attualmente meno avanzate.

Ottimismo e timore, abbiamo visto, sono stati i due stati d’animo prevalenti di gran parte degli attori coinvolti in questo momento cardine nella storia del paese. Le rassicurazioni sono importanti ma quello che ora conta sono le risposte concrete. Non c’è tempo per procrastinare.

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