Una PA crea valore se…sa riconoscere prima di tutto il proprio valore

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La PA crea valore se incentiva l’innovazione per rispondere ai bisogni di cittadini e imprese e se al contempo comprende che la valutazione istituzionale serve proprio a riconoscerlo quel valore pubblico, ma con un approccio pluralista e democratico, senza trucchi né banalizzazioni

2 Maggio 2019

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Adriano Scaletta

Responsabile della valutazione della Performance, ANVUR

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C’è una PA attenta ai cambiamenti sociali, ricettiva agli stimoli, coraggiosa nel raccogliere le sfide, capace di attrarre attorno a sé la parte migliore del territorio in cui agisce, che è in grado di valorizzare e tradurre positivamente gli indirizzi degli organi politici democraticamente eletti o legittimamente nominati.

C’è una PA distratta, stanca e disillusa, incapace di reagire anche di fronte alle emergenze più evidenti, pavida rispetto alle sfide della modernità, che lavora con la pretesa che sia la società ad adattarsi al suo funzionamento piuttosto che organizzarsi per rispondere alle esigenze, plurali e differenziate, che la società contemporanea manifesta di continuo.

Esistono numerose sfumature tra questi due estremi, nelle migliaia di amministrazioni del Paese e tra gli oltre tre milioni di dipendenti pubblici. C’è una conoscenza approssimativa, estemporanea, alimentata da esperienze personali, da qualche dossier o da servizi giornalistici su episodi più o meno scandalistici, che non ha nulla di sistematico e che accomuna incredibilmente tutti: politica, media e gente comune. C’è una mole enorme di dati, tanto preziosi quanto disordinati, difficili da utilizzare per fare intelligence, ancora troppo spesso egemonicamente manovrati da tecnici informatici e analizzati da esponenti di una ricerca scientifica molto poco applicata. L’impresa di leggere e riordinare questi dati – ascoltando sistematicamente coloro che li alimentano, fino a raggiungere l’ultima scrivania dell’ultima amministrazione – appare ancora troppo difficile: è ritenuta impossibile. Ma lo era forse fino a poco tempo fa, mentre oggi più che mai è possibile, grazie agli strumenti della trasformazione digitale, alla creatività di chi li progetta e di chi li utilizza, alla capacità di tenere insieme statistiche e documenti testuali e interpretarli con curiosità, umiltà e inventiva, ascoltando la voce delle persone che li producono.

Si tratta di un’attività valutativa imponente, che necessita di una regia centrale e di diversi livelli di sintesi, settoriali e territoriali, che però non possono prescindere dal coinvolgimento di tutti, a partire ovviamente da coloro che sono più ricettivi al cambiamento. Una prima sfida può essere allora così formulata: la PA crea valore se costruisce un sistema capace di riconoscere gli uomini e le donne, agenti del cambiamento, che sono già all’opera negli uffici pubblici.

Il sistema produttivo, culturale e scientifico italiano è conosciuto in tutto il mondo. Siamo un piccolo Paese dal grande fascino, che suscita simpatia e che rimane ancorato a un’immagine di elevata qualità e talento. Una verità indiscussa, nonostante la gestione della cosa pubblica, direbbero in molti. Eppure chi ci lavora sa benissimo che laddove si costruiscono i cosiddetti ecosistemi i progetti prendono forma, e questa verità diventa indiscussa anche grazie al settore pubblico. Ecco dunque una seconda sfida: la PA crea valore se costruisce un sistema capace di riconoscere quando la qualità e il successo si manifestano nonostante o anche grazie alla PA.

Da quando è stata introdotta nel sistema pubblico italiano, la valutazione istituzionale ha vissuto fasi alterne di illusione e delusione. Non c’è dubbio che ora si trova in una sorta di risacca: lo dimostra l’assenza di un dibattito pubblico sui destini degli unici due enti nazionali di valutazione (INVALSI e ANVUR, attivi non a caso nei comparti strategici dell’istruzione e della ricerca) oppure la sfiducia dilagante sulla valutazione delle performance della PA (che si concentra proprio sul valore generato da organizzazioni e individui), ma lo dimostra anche la rara apparizione del termine “valutazione” in documenti importanti, fondamentali per il futuro del Paese, come il Libro Bianco sull’intelligenza artificiale o il Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione. Il paradosso è che non si parla di valutazione, ma tra le righe di ogni contributo – anche di questa rubrica – la sua funzione è sempre presente.

E allora, la PA crea valore se incentiva l’innovazione per rispondere ai bisogni di cittadini e imprese e se al contempo comprende che la valutazione istituzionale serve proprio a riconoscerlo quel valore pubblico, ma con un approccio pluralista e democratico, senza trucchi né banalizzazioni.

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Verso una nuova prospettiva per migliorare la salute delle PA e il benessere delle comunità: il valore pubblico

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Contributi, riflessioni e spunti per rispondere alla domanda: “Quali sono le iniziative prioritarie perché l’amministrazione pubblica possa creare 'valore pubblico' in una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile?”. I risultati di questo processo di ascolto, arricchiti dai contributi che sono stati raccolti durante FORUM PA 2019, saranno raccolti in un white paper finale da sottoporre poi a consultazione pubblica

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