Valutare i servizi pubblici: un dovere per le amministrazioni

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 I risultati della valutazione dei servizi pubblici così come vengono percepiti dagli utenti e, più in generale, dall’opinione pubblica rappresentano una componente essenziale nel processo di miglioramento qualitativo degli stessi servizi pubblici e vanno ricondotti alla più generale strategia di misurazione e valutazione delle prestazioni rese dalla Pubblica Amministrazione. quali sono gli ostacoli da superare, i punti chiave e gli esempi su cui impostare questo nuovo ragionamento?

27 Ottobre 2009

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Alberto Padula*

Articolo FPA
Continua il percorso iniziato con il Professor Alberto Padula il mese scorso finalizzato ad approfondire il tema dei servizi pubblici. L’iniziativa scaturisce dalla nostra intenzione di far in modo che la newsletter ed il portale diventino sempre più strumenti non di semplice informazione, ma di approfondimento di tutti quei temi legati all’innovazione nella PA e nei sistemi territoriali. Il secondo appuntamento di questo percorso che ci porterà fino al prossimo FORUM PA, tocca il tema della misurazione e della soddisfazione dell’utente, argomenti molto cari a tutti i nostri lettori.
Buona Lettura, Gianni Dominici.

 

I risultati della valutazione dei servizi pubblici così come vengono percepiti dagli utenti e, più in generale, dall’opinione pubblica rappresentano una componente essenziale nel processo di miglioramento qualitativo degli stessi servizi pubblici e vanno ricondotti alla più generale strategia di misurazione e valutazione delle prestazioni rese dalla Pubblica Amministrazione, in quanto attengono: 

  • al cambiamento di ottica dell’organizzazione pubblica, non più rivolta alla semplice congruità fra norme e procedure, ma all’effettivo raggiungimento di risultati in grado di soddisfare esigenze e bisogni collettivi;
  • al mutato rapporto fra Stato e cittadino, da improntare ad una reciproca responsabilizzazione che implichi, da un lato, aderenza ai bisogni sociali e, dall’altro, congruità fra richieste, comportamenti e uguaglianza nell’accesso ai servizi pubblici;
  • all’indispensabile conoscenza, da parte degli utenti, dei meccanismi di percezione, dei miglioramenti o delle inefficienze come base informativa necessaria ad orientare la riqualificazione dei servizi pubblici.

Mentre per le imprese private la soddisfazione dell’utenza rappresenta un mezzo per aumentare la propria redditività, per il settore pubblico essa rappresenta il suo fine ultimo, la mission principale, ed è strettamente correlata al cambiamento di status del fruitore dei servizi pubblici, sia esso cittadino/utente (non più disposto a tollerare ritardi, “soprusi”, disservizi, ma che reclama, chiede rimborsi, cita in giudizio), sia esso impresa.

La semplice considerazione dell’importanza strategica della customer satisfaction, però, non esaurisce l’analisi in merito all’attenzione alla clientela, poiché spesso i servizi pubblici vengono erogati in assenza di concorrenza, limitando così la libertà degli utenti fino a lederne alcuni diritti individuali: da questioni di piccola importanza (essere trattati in modo scortese, non ricevere informazioni, impiegare molto tempo per fare operazioni di pochi minuti, ….), fino a casi anche gravi (mancata assistenza sanitaria, impedimenti per cittadini disabili, ….).
È quindi necessario individuare non solo metodologie di rilevazione e strumenti per il miglioramento della soddisfazione dell’utenza, ma anche modalità adeguate a evitare, in primo luogo, la violazione di micro diritti e, in secondo luogo, i fattori di insoddisfazione. 

In particolare, nella realizzazione di strutture efficienti, tese alla valutazione della qualità del servizio erogato, occorre tenere presente alcuni punti chiave

  • definizione delle procedure atte ad identificare momenti e luoghi delle decisioni, in modo che risultino chiaramente definite le responsabilità;
  • disponibilità di modelli di riferimento da assumere come punto di partenza per affrontare tutta una serie di ostacoli organizzativi o procedurali;
  • capacità di attenzione al dato soggetto a misurazione, concentrandosi su pochi indicatori rilevati con grande accuratezza;
  • attenzione a non focalizzarsi solo su uno degli elementi della struttura: servizio, dimensione tecnica, dimensione organizzativa e sociale (o delle risorse umane);
  • capacità di iniettare nel sistema un insieme nuovo di valori in cui le persone possano riconoscersi e che rappresenti un punto di partenza irrinunciabile e non discutibile;
  • attenzione a riportare in equilibrio la cultura di processo (oggi prevalente) con la cultura di servizio (oggi debole).

Per quanto riguarda gli ostacoli che si presentano, molti di questi, di carattere organizzativo e culturale, sono da riscontrare nel lato negativo dei precedenti punti chiave, ai quali se ne sommano altri di carattere strutturale, tra cui: 

  • un impianto normativo particolarmente complesso e minuzioso, che ha costretto le amministrazioni a verificare soprattutto la regolarità formale, sottraendo energie e risorse al controllo di risultato;
  • una forte resistenza da parte dell’apparato burocratico, che preferisce la deresponsabilizzazione rispetto a obiettivi e risultati;
Approfondisci il tema della Riforma Brunetta su Saperi Pa
  • l’assenza di un deterrente che obblighi a porre attenzione al risultato e all’efficienza gestionale (fino alla recente riforma “Brunetta”, che riguarda però solo la P.A.) 
  • la stratificazione di un insieme di status quo acquisiti nel tempo, la cui modifica dà luogo a frizioni tanto maggiori quanto maggiore è l’inerzia del sistema;
  • la scarsa presenza di criteri guida per la valutazione qualitativa e quantitativa del lavoro e della qualità del servizio.

Si tenga presente, però, che verificare i risultati, i costi ed i rendimenti dell’azione amministrativa trova un consenso generalizzato quanto generico perché – anche se nessuno può dirsi teoricamente contrario – un po’ tutti finiscono con l’avere interessi contrastanti. E’ quindi necessario individuare dei “punti di rottura” rispetto alla prassi precedente, in grado di tessere lentamente un circuito di interessi favorevoli alla misurazione non solo in linea di principio, ma nella sostanza. 

Fare cultura della misurazione, infatti, significa contribuire a creare le basi di una nuova alleanza fra cittadini e Stato, all’insegna della qualità dei servizi ed in dialettica con il sistema dell’amministrazione e con il sistema degli operatori. 

Le esperienze di valutazione dei servizi pubblici, peraltro, si sono sempre scontrate con una serie di difficoltà che si concretizzano: 

  • nel definire obiettivi chiari e quantificabili e nell’identificare le nozioni di servizio, produttività ed efficacia;
  • nel fatto di produrre beni e servizi di utilità collettiva e quindi distribuiti secondo una presunta logica di equità e non di potere di acquisto;
  • nell’assenza dell’indicatore costituito dall’utile;
  • nell’utilizzo di risorse comunque garantite, prescindendo spesso dai risultati;
  • nella dipendenza dal potere politico per gli obiettivi, le risorse e, spesso, anche per gli aspetti strutturali, organizzativi e di gestione.

In tale ambito, le esperienze di valutazione dell’azione amministrativa hanno fatto riferimento principalmente alla valutazione e al controllo interno di gestione, che in termini aziendali corrisponde all’attività di autodiagnosi del processo produttivo. Tali attività, però, coprono solo un’area del processo di valutazione, mancando un modello di valutazione comparata che consenta di confrontare fra di loro le diverse prestazioni e che permetta ad altri soggetti istituzionali di realizzare interventi perequativi. 

Per questa ragione è necessario estendere la valutazione a tutti i servizi pubblici, attraverso la realizzazione di un modello che rilevi, mediante indicatori, i principali servizi offerti e, attraverso indagini sulla soddisfazione, i livelli medi di percezione della qualità, al fine di: 

  • fornire ai soggetti istituzionali le coordinate necessarie a realizzare interventi perequativi e/o straordinari;
  • garantire gli elementi di comparazione sufficienti a sviluppare un’approfondita autoanalisi delle proprie prestazioni.

Tale approccio tende a sottolineare la funzione di servizio dei modelli valutativi e, quindi, prefigura l’evoluzione di modelli bidirezionali di scambio di informazioni fra centri di spesa (ad esempio, lo Stato o le Regioni) e centri di erogazione (enti locali, public utilities, ….). 
L’acquisizione di informazioni e dati sulla qualità delle prestazioni a livello locale (analisi della domanda e dell’offerta) e la loro sintesi a livello territoriale più vasto, inoltre, consentirebbe di disporre di strumenti di controllo sulla qualità e sui costi dei servizi erogati, permettendo lo sviluppo di strategie gestionali mirate, trasparenti e qualitativamente competitive. 

In definitiva, è quindi necessario:

  • effettuare valutazioni dei servizi in relazione al loro contenuto, ai prezzi ed agli obiettivi di natura economico-sociale;
  • monitorare l’andamento dei servizi nel tempo, per garantire l‘uguaglianza dei cittadini nell’accesso agli stessi;
  • identificare le migliori prassi, anche internazionali, per adeguare l’offerta dei servizi a tali prassi, nell’interesse dei fruitori.

*Prof. Alberto Padula, docente di Economia e gestione delle imprese di pubblici servizi presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”

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