Connected Care: la nostra salute solo tecnologia e governo dei dati?

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Aumentano le tecnologie, rese disponibili da aziende private, che utilizzano i dati sanitari per offrire maggiori e migliori servizi rivolti alla prevenzione, cura, riabilitazione. Ma ci si può fidare dell’uso dei dati sensibili sulla salute? È possibile trovare una strada che coniughi profitto e salute pubblica? Una riflessione che ci coinvolge tutti

26 Settembre 2019

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Massimo Tarantino

Senior Advisor P4I-Digital360

Photo by Mia Baker on Unsplash - https://unsplash.com/photos/15q2ZCDbQFU

Gli anziani se lo augurano, le nuove generazioni lo danno per scontato: maggiori e migliori servizi rivolti alla prevenzione, cura, riabilitazione, follow up, grazie all’impetuosa spinta della tecnologia che promette (ma permette?) mirabolanti evoluzioni, quasi prefigurandosi come l’unico elemento in grado di far stare insieme istanze molto diverse tra loro: invecchiamento, spesa sanitaria crescente a fronte di una costanza, quando non una riduzione, dei finanziamenti della spesa pubblica, farmaci innovativi, mobilità, servizi one to one…insomma la soluzione alla classica “coperta corta”!

Siamo spettatori interessati di una vera e propria battaglia tra colossi della tecnologia, monopolisti (o quasi) della logistica distributiva, giganti della produzione di farmaci e dispositivi che vedono la possibilità di allargare ancora di più il loro raggio di azione e influenza.

“È la Connected Care, bellezza!” parafrasando una famosa frase d’altri tempi…

Dati sanitari e connected care: un patrimonio per chi lo sa utilizzare

È noto ai più come i maggiori player del mercato (Amazon, Apple, Google, Philips) stiano incrementando notevolmente la loro presenza nel settore del digitale per l’assistenza sanitaria.

Strumenti di intelligenza artificiale per l’analisi delle cartelle cliniche dei pazienti, app che mirano a gestire alcune patologie, esperimenti basati su dati economici per analizzare la spesa al fine di ridurre le spese mediche e rendere più efficienti i sistemi: uno spazio che, oltre alle grandi aziende citate, vedrà la presenza sempre maggiore di start up che punteranno su questo mercato.

Un mercato in cui, senza troppi giri di parole, il vero tesoro è il dato e più ancora la capacità di utilizzarlo; i critici direbbero di plasmarlo a proprio vantaggio, dando un senso a questa enorme mole di informazioni di cui il nostro sistema salute è pieno, anche se certamente può esserci un tema di qualità e affidabilità dello stesso.

Possiamo coniugare profitto e salute pubblica?

E allora a tutti noi vengono in mente alcune domande: ci si può fidare dell’uso dei nostri dati sensibili sulla salute? Gli imperativi commerciali che guidano le scelte di questo tipo di aziende con una enorme forza economico-finanziaria, sono compatibili con i valori fondanti del nostro Sistema Sanitario Nazionale oppure ne costituiscono una minaccia alla stessa esistenza?

Gli incentivi di aziende profit sono aumentare la quota di mercato e i risultati: ciò le mette in contrasto con gli obiettivi sottostanti di un sistema sanitario pubblico oppure è possibile indicare una strada per coniugare profitto e salute pubblica? È la politica che dovrebbe rispondere a questo interrogativo.

Innovazione e ruolo del cittadino

È pacifico che esiste una tendenza ad una maggiore attenzione al proprio stato di salute. Si è sempre più consapevoli delle proprie condizioni e via via più orientati, fosse solo per un fatto generazionale, ad utilizzare sistemi innovativi che facilitano l’accesso al mondo sanitario, nelle sue varie forme.

Si configura, per il cittadino, un ruolo sempre più attivo e responsabile, spinto a prendersi carico del proprio stato di salute partendo da uno stile di vita sano, passando per la prevenzione, eventuale diagnosi, cura e convalescenza, per poi ripartire con la prevenzione, alimentando così un continuum nel processo di presa in carico della salute individuale e, lato sistemi sanitari, collettiva.

Le zone d’ombra del sistema sanitario legato alla connected care

Ma naturalmente, a fronte di un giudizio sostanzialmente positivo dell’esperienza in sanità anche se ancora con alcuni importanti distinguo, non mancano le zone d’ombra.

La carenza sul versante di una rete informativa integrata (duplicazione di informazioni, di esami, la gestione dei tempi di attesa, il processo di diagnosi), quando non si debba parlare della qualità stessa o addirittura dell’assenza dell’erogazione delle prestazioni, sono solo alcune delle aree di criticità da sottolineare.

E l’ombra si allunga quando ci si sofferma sulla copertura di alcuni bisogni assistenziali che riguardano le reti territoriali per le prestazioni extra ospedaliere, in particolare per l’assistenza alla cronicità e lungodegenza, l’assistenza residenziale o domiciliare nelle molteplici forme organizzative che conosciamo.

Spesa sanitaria: come e dove investire

E ancora, come certifica la Corte dei Conti nel suo recente referto sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, “…diminuisce ancora la copertura pubblica della spesa sanitaria e aumenta quella privata delle famiglie. Il rapporto si attesa a circa il 74% a copertura pubblica e il 26% a copertura da parte delle famiglie italiane.

E colpisce ancora di più come i “livelli” di assistenza domiciliare a lungo termine e per cura-riabilitazione siano destinatari di un investimento pubblico complessivo a livello nazionale di soli circa 2,5 miliardi a fronte di una spesa pubblica complessiva di oltre 114 miliardi. Un’incidenza troppo bassa e inversamente proporzionale al quadro epidemiologico, ai bisogni della popolazione e alle traiettorie delle politiche sanitarie pubbliche, a partire dal Piano Nazionale della Cronicità.

E il combinato disposto tra livelli di investimento nell’assistenza sanitaria territoriale, ritardi nell’innovazione organizzativa e gli attuali livelli di carenze di personale infermieristico, incide fortemente sul livello di accessibilità alle prestazioni sanitarie pubbliche, sul livello di presa in carico, sulla qualità e sicurezza delle cure e sulla spesa diretta delle famiglie…”

Aspettative dei cittadini e risposta delle tecnologie

Quindi, ritornando alla già citata “coperta corta”, da un lato si registra un crescente livello di consapevolezza del proprio stato di salute e impegno del cittadino nel preservarlo ai livelli più elevati e per tempi più lunghi possibili, dall’altro la spinta della tecnologia (e dei numerosi player, alcuni dei quali sono dei veri e propri giganti) in altre aree della nostra vita verso sistemi sempre più in grado di tenere conto delle nostre esigenze personali, con la costante diminuzione dei tempi di attesa del servizio stesso (pensiamo alla consegna di un ordine effettuato solo poche ore prima).

Tutto questo, generando la legittima aspettativa di uno stesso livello di servizio e flessibilità dall’assistenza sanitaria, ma alimentano anche i dubbi sull’utilizzo dei nostri dati e gli interrogativi sui potenziali conflitti di interesse di aziende spesso molto invasive, orientate al profitto e al mercato.

Ma non solo. L’allungamento dell’aspettativa di vita genera la necessità di servizi di assistenza sanitaria sempre più proiettati dalla gestione dell’acuzie a quella sul territorio del malato cronico, all’assistenza domiciliare, alla lungodegenza.

Ciò mentre viviamo un lungo periodo di bassa o nulla crescita del reddito pro capite, a cui si accompagna una diminuzione della copertura pubblica di spesa del sistema sanitario oltre ad una grave carenza di personale sanitario.

Organizzazione sanitaria: come rispondere alle nuove sfide?

E l’organizzazione sanitaria, come deve modificarsi e attrezzarsi per fare fronte a una sfida così complessa ma piena di opportunità?

E come intende raccoglierla e guidarla, coniugando bisogni e interessi anche profondamente differenti, utilizzando la forte spinta della tecnologia senza correre il rischio di esserne soggiogata?

Vogliamo veramente che la “partita della salute” sia lasciata in mano a una molteplicità di soggetti, con il rischio dell’assenza di un soggetto qualificato e integratore competente in grado di indirizzare la loro forza verso il bisogno di salute del singolo cittadino?

Quali esperienze stanno maturando sul fronte del governo di processi di Connected Care, perché siano realmente generatori di valore e senza che qualcuno arrivi a illudersi che la salute – di ognuno di noi – possa essere paragonata alla “semplice” gestione di un pacco?

Sono solo alcuni degli spunti intorno ai quali si ragionerà insieme a numerosi attori della sanità italiana durante il convegno “Modelli organizzativi per la cronicità e continuità di cura” all’interno di Forum PA Sanità, l’approfondimento annuale di FPA dedicato all’innovazione sostenibile del sistema salute, che si svolgerà il prossimo 29 e 30 ottobre a Roma.

Innovazione del sistema salute

FORUM PA SANITÀ

Innovazione del sistema salute

Roma, 29 – 30 Ottobre 2019

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