Fascicolo Sanitario Elettronico: il vero driver dell’innovazione è nella formazione

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Il Fascicolo Sanitario Elettronico promette di rivoluzionare la gestione sanitaria a livello regionale. In vista del prossimo FORUM Sanità 2024, abbiamo sentito il parere di esperti come Tonino Aceti, Presidente di Salutequità, Barbara Mangiacavalli, Presidente FNOPI – Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, e Beatrice Delfrate, Direttrice Servizio Sistema Informativo e privacy, Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Aceti, Mangiacavalli e Delfrate sottolineano l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica, formare i professionisti e semplificare l’usabilità del FSE. L’articolo esamina anche la necessità di un bilanciamento tra privacy e innovazione

20 Settembre 2024

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Patrizia Fortunato

Content Editor, FPA

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Il Fascicolo Sanitario Elettronico promette di rivoluzionare la gestione sanitaria a livello regionale, abilitando l’accesso a numerosi servizi per l’assistito: dalla scelta e revoca del medico di famiglia alla prenotazione, fino alla consultazione dei referti. Lo strumento diventa patrimonio condiviso sia degli assistiti sia dei professionisti sanitari grazie a due sezioni: il taccuino personale dell’assistito, che consente di gestire dati e documenti personali relativi ai percorsi di cura, e il Profilo Sanitario Sintetico (patient summary), il documento socio-sanitario informatico redatto e aggiornato dai medici di medicina generale che riassume la storia clinica di ciascun paziente. L’85% dei medici di medicina generale è chiamato ad alimentare questa sezione entro il 2025, secondo il traguardo che l’Europa si è posta. Non tutte le regioni italiane lo alimentano adeguatamente; alcune risentono di una scarsa cultura rispetto all’importanza dei dati, un aspetto che impatta sul FSE 2.0, alimentato invece da dati e documenti sanitari generati durante le prestazioni sanitarie.

Nell’ultimo anno, il 35% dei medici specialisti e il 48% dei MMG hanno avuto accesso al FSE dei propri pazienti, secondo i dati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata il 29 maggio scorso. In linea con quelli dello scorso anno, i dati indicano che manca ancora la spinta che il PNRR[1] concorre a portare con un investimento di circa 1,38  miliardi di euro: garantire l’interoperabilità semantica (tassonomica e tematica), standardizzare i documenti e uniformare la disponibilità di servizi in tutta Italia, così da permettere a  tutti i cittadini di avere un punto unico di accesso che raccoglie le informazioni riguardanti la propria salute.  

Sempre secondo i dati dell’Osservatorio, solo il 41% degli utenti ha utilizzato il Fascicolo Sanitario Elettronico. Anche dal monitoraggio del fascicolo, a cura del Ministero della Salute, emerge che nei tre mesi di rilevazione (gennaio – marzo 2024) solo il 18% dei cittadini ne ha fatto uso. Abbiamo professionalità a diversa velocità, con diverse competenze digitali, e siamo in presenza di cittadini fragili digitalmente.

Il vero driver dell’innovazione è forse nella formazione? Lo abbiamo chiesto a Tonino Aceti, Presidente di Salutequità, Barbara Mangiacavalli, Presidente FNOPI – Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, e Beatrice Delfrate, Direttrice Servizio Sistema Informativo e privacy, Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in vista del prossimo FORUM Sanità 2024 e della loro partecipazione come relatori allo scenario FSE 2.0: l’innovazione al servizio delle Regioni.

Puntare sulla formazione! Un approccio condiviso anche dal PNRR [2]che ha destinato alla formazione e comunicazione degli operatori sanitari un investimento complessivo pari 737 milioni e 600 mila euro.

Le chiavi per l’adozione del fascicolo sanitario elettronico: sensibilizzare, formare e semplificare secondo il Presidente di Salutequità

Il Presidente Aceti sottolinea l’importanza di lavorare su diversi livelli per incentivare l’utilizzo del FSE. Evidenzia come il Fascicolo Sanitario Elettronico sia considerato uno degli indicatori dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e che mancanza di adempimento da parte delle regioni può comportare la perdita di accesso alla quota integrativa del Fondo Sanitario Nazionale.

“Ci sono una serie di adempimenti che devono essere soddisfatti. Se non sono soddisfatti, le regioni non hanno accesso alla quota integrativa del Fondo Sanitario Nazionale. È un meccanismo di valutazione agganciato a un effetto economico per le regioni. Tra i vari adempimenti c’è anche l’adempimento dell’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico”, afferma Aceti.

Qual è la questione per Aceti? È che questi adempimenti hanno tutti lo stesso peso e, come il fascicolo sanitario elettronico, ci sono molti altri adempimenti su questioni sì importanti, ma probabilmente non così attuali e centrali come il fascicolo e tutta la sanità digitale: è un obiettivo del PNRR, è un obiettivo di molti atti di programmazione sanitaria ed è un fattore abilitante per tutta una serie di azioni e riforme in corso. Quindi, dovrebbe avere una maggiore rilevanza specifica all’interno degli adempimenti LEA, perché è la sfida della transizione digitale, è la sfida dell’informatizzazione, è la sfida attuale che il Servizio Sanitario Nazionale ha. E questa sfida non può essere trattata alla pari con altre nel sistema di misurazione e valutazione della performance dell’attività sanitaria erogata dalle regioni. Le regioni dovrebbero, a loro volta, con il sistema performante, responsabilizzare ancora di più i direttori generali nell’attuazione e nell’utilizzo del fascicolo elettronico nelle loro aziende sanitarie. A cascata, i direttori generali dovrebbero farlo con i capi dipartimento, i primari, con i responsabili di area, di reparto e di servizio. Deve innescarsi un meccanismo di responsabilizzazione e valutazione sull’attuazione di questo fascicolo. L’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico dovrebbe, dunque, essere considerato un obiettivo dei Direttori generali.

Un altro elemento evidenziato da Aceti è che il FSE non è richiesto ai fini dell’utilizzo dei servizi sanitari dentro le strutture. Il cittadino come fa, allora, a sentirne l’utilità? Bisognerebbe sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore aggiunto, sull’utilità e su quale può essere il plus dell’utilizzo di questo fascicolo sanitario; quindi, fare un’attività di comunicazione diffusa a tutta la popolazione. Per Aceti, di pari passo, bisognerà lavorare anche sulla semplificazione per l’usabilità di questa tecnologia.

“L’usabilità e la semplicità di utilizzo oggi è la vera chiave di volta per la riuscita o meno di un’innovazione tecnologica”.

E per affiancare i più fragili nell’utilizzo degli strumenti digitali, ci sono sicuramente tre grandi categorie professionali previste dal PNRR e dal DM77: l’infermiere di famiglia e di comunità, la farmacia e gli assistenti sociali.

La sfida della sanità digitale: FNOPI e il ruolo chiave degli infermieri

La sfida della sanità digitale è una sfida che la professione infermieristica ha inteso accogliere.

“Abbiamo un gruppo di lavoro di approfondimento che da alcuni anni sta creando anche delle sinergie interprofessionali e interistituzionali con il Politecnico di Milano, con Agenas, con il Ministro della Salute, con l’Istituto superiore, con le Regioni, con alcune società scientifiche, perché vogliamo raccogliere questa sfida e inserirla nel DNA della professione, quindi inserirla negli aspetti formativi”, afferma la Presidente Mangiacavalli.

Da molto tempo, infatti, la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche ritiene che le competenze digitali debbano essere patrimonio trasversale di tutte le professioni sanitarie, infermieri compresi, e che debbano essere inserite nella formazione di base, quella abilitante, ma anche nella formazione specialistica e nella formazione continua. Peraltro questa formazione andrebbe fatta anche rispetto ai cittadini, proprio per la possibilità di utilizzo di questi strumenti. Oltre alla formazione, la sanità digitale entra nel diario della professione attraverso l’esercizio professionale.

La sanità digitale per noi è sempre uno strumento, non è mai il fine. Il fine resta sempre il nostro assistito, la sua famiglia, ma la sanità digitale è quello strumento che ci può consentire di fare prossimità digitale e di prenderci carico anche della fragilità digitale dei nostri assistiti. È lo strumento che consente di creare il ponte tra l’assistito nella sua casa a domicilio, nella struttura e l’equipe curante. E il pivot di questo ponte è l’infermiere di famiglia e di comunità”.

La Federazione infermieri ha un piano formativo che viene fatto di anno in anno. La formazione infermieristica, ad esempio, è già molto orientata sulla formazione in simulazione: in ambiente protetto si simulano scenari assistenziali, il che permette alle nuove generazioni di infermieri di sviluppare una particolare propensione e predilezione per gli aspetti tecnologici e digitali.

Il FSE è utilizzabile anche dagli infermieri per la pianificazione assistenziale, offrendo la possibilità che un infermiere professionista possa essere non solo tra gli utilizzatori, ma anche tra gli implementatori della documentazione presente nel Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0.

Patient summary e privacy: la formazione dei medici di medicina generale nel Friuli Venezia Giulia

Il 26 giugno il Garante Privacy ha notificato a 18 Regioni e alle Province autonome di Bolzano e Trento l’avvio di procedimenti correttivi e sanzionatori per le  violazioni riscontrate nell’applicazione della nuova disciplina sul FSE 2.0, introdotta con il decreto del ministero della Salute del 7 settembre 2023. La nota del garante evidenziava tra le criticità la vulnerabilità nella sicurezza dei trattamenti, la discriminazione tra i pazienti nelle diverse regioni e le difficoltà di accesso al profilo sanitario sintetico.

“Parlando del patient summary, del profilo sanitario sintetico, noi siamo fermi all’integrazione con tutte le cartelle dei medici” afferma Delfrate.

Il Garante ha invece dichiarato che non gli interessa che sia solo funzionante dal punto di vista fisico, ma è importante che venga alimentato. Su questo, il lavoro che si sta facendo, al di là dell’infrastruttura fisica, è proprio la formazione. Rendere consapevole il medico di medicina generale che l’alimentazione del patient summary, cioè l’inserimento di una serie di informazioni cliniche relative al paziente, possa essere utile per l’intero processo di cura del paziente stesso (in ospedale, come sul territorio); il paziente, d’altro canto, può recuperare tutte le informazioni che gli altri operatori sanitari inseriscono nel fascicolo attraverso referti ambulatoriali, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione. Quindi, al di là dell’infrastruttura tecnologica che la regione sta adeguando (ma ci sono stati anche problemi a livello nazionale per quanto riguarda il collegamento dei sistemi), quello che si sta facendo in Friuli Venezia Giulia è mettere in atto una formazione puntuale dei medici di medicina generale, sia sulla privacy, sulla gestione corretta del dato, sia sul razionale del fascicolo.

“Abbiamo individuato dei tutor per ogni azienda sanitaria, tutor che andranno fisicamente presso l’ambulatorio del medico di medicina generale a spiegargli come alimentare il patient summary, come firmarlo digitalmente e ricordargli l’importanza del patient summary all’interno del processo di cura”.

Oltretutto, come sottolinea Delfrate, il fascicolo 2.0 del decreto del 2023 stabilisce che, in caso di emergenza e pronto soccorso, il primo dataset che viene visualizzato è il patient summary, anche senza consenso. Questo conferma quanto sia fondamentale far comprendere l’importanza dell’inserimento dei dati, obiettivo che si raggiunge attraverso la formazione.

Il ‘problema’ della privacy

La rivoluzione promessa dal Fascicolo Sanitario elettronico parte anche dal dato. La vera sfida del servizio sanitario è trasformare i documenti che alimentano il Fascicolo in dati e rendere quei dati usufruibili, utile agli assistiti e ai professionisti per le cinque finalità del FSE: di diagnosi, di cura e di riabilitazione; di studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico; di governo (programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria); di prevenzione; di profilassi internazionale.

Il Fascicolo porta con sé anche un dibattito sulla privacy: fino al  30 giugno è stato possibile opporsi alla condivisione dei dati sanitari precedenti al maggio 2020 con vari enti della pubblica  amministrazione. Ma il tema della privacy deve essere bilanciato in modo più adeguato con quello del miglioramento e dell’innovazione dei servizi, come afferma Aceti. “La privacy non può costituire un ostacolo allo sviluppo e all’innovazione del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, se il governo dei servizi non riesce a comunicare e rappresentare l’utilità di tale innovazione, come nel caso specifico del fascicolo sanitario, è comprensibile che questo equilibrio sia percepito in modo diverso. Al contrario, se l’utilità è evidente, il cittadino non avrà difficoltà ad accordare i consensi necessari”.

Tuttavia, “avere un garante della privacy tutela il cittadino, ma anche i professionisti per alcuni aspetti”, come afferma la Presidente Mangiacavalli.


[1] M6 C2 | 1.3.1 Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione – FSE

[2] M6C2 | 2.2 Sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario

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