Le Centrali Operative Territoriali in Sanità (COT): cuore pulsante della medicina di iniziativa

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Nel contesto della riforma del sistema sanitario, introdotta dal DM77, emerge con preponderanza il ruolo delle Centrali Operative Territoriali (COT). Queste strutture si configurano come veri e propri snodi strategici nell’orchestrare l’assistenza sanitaria, fungendo da ponte tra i vari livelli di cura e garantendo una gestione fluida e coordinata dei percorsi di presa in carico dei pazienti, abilitando la medicina di iniziativa. Ne abbiamo parlato con Simona Lissemore, Sales Enablement Lead Dedalus

27 Maggio 2024

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Claudia Scognamiglio

Consultant Content Producer - Journalist, FPA

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/woman-in-black-long-sleeve-shirt-holding-white-smartphone-xN0INdwHAs4

Le Centrali Operative Territoriali rappresentano un elemento chiave nel sistema sanitario, garantendo sicurezza e assistenza capillare sul territorio. Le COT, la cui funzione è di coordinamento della presa in carico della persona e di raccordo tra servizi e professionisti, assicurano continuità, accessibilità e integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, a testimonianza dell’importanza di una visione olistica, in cui ogni componente del sistema sanitario contribuisce al benessere della comunità. Nell’ambito della “transitional care”, ovvero quella fase delicata che gestisce i passaggi di setting assistenziali dei pazienti, da un livello all’altro di cura, la funzione delle COT è particolarmente rilevante. Questo processo è fondamentale soprattutto per i pazienti cronici, fragili o in fase post-acuta, che necessitano di un percorso di cura continuativo e ben coordinato, che spesso si estende oltre la dimissione ospedaliera e coinvolge diversi servizi territoriali.

Le COT si pongono quindi come centri nevralgici capaci di abilitare una presa in carico strutturata e pianificata del paziente, orchestrando le varie fasi del percorso di cura e assicurando l’intervento delle figure professionali necessarie. Questo implica una conoscenza approfondita delle risorse disponibili sul territorio, degli spazi e dei servizi offerti, nonché delle professionalità coinvolte, al fine di attivare in modo efficiente i passaggi tra i diversi setting assistenziali.

Che cosa sono le Centrali Operative Territoriali?

“Le COT rappresentano sostanzialmente quelle strutture che si occupano di orchestrare, armonizzare i passaggi di setting dei pazienti – spiega Simona Lissemore, Sales Enablement Lead Dedalus – I passaggi di setting sono fondamentali, perché sostanzialmente poi si strutturano nella presa in carico elemento importante e strategico che emerge dal DM 77”.

Le COT sono strutture altamente specializzate, deputate al coordinamento e all’ottimizzazione degli interventi sul territorio e alla supervisione delle risorse sanitarie e assistenziali disponibili. Operano 24 ore su 24, garantendo una risposta immediata a chi si trova in situazione di bisogno, anche attraverso il dialogo con la rete di emergenza urgenza. Le loro attività spaziano dalla gestione e dal monitoraggio dei pazienti che devono transitare da un luogo di cura a un altro, dalla telemedicina al monitoraggio dei pazienti in dimissione ospedaliera precoce o in assistenza domiciliare, fino al supporto logistico ai professionisti del distretto o dell’ambito di appartenenza.

“La COT deve essere inserita all’interno di una visione strategica e di insieme considerando la diversità dei territori e ottimizzando processi e governance” prosegue la Lissemore.

Per funzionare efficacemente, una COT richiede una serie di strumenti, tra cui una mappatura accurata delle risorse territoriali, capacità di gestione in tempo reale delle disponibilità e una stretta integrazione con i diversi attori del sistema sanitario territoriale e le relative strutture. Questo presuppone, anche l’impostazione di un chronic care model a monte che definisca e stratifichi la popolazione di riferimento e il modello di presa in carico per intensità di cura da attivare. La sfida maggiore resta quella di inserire le COT all’interno di una visione di governance complessiva, che tenga conto sia del modello di medicina di iniziativa di riferimento, sia delle strutture e dei processi organizzativi necessari, e che consideri fondamentale la formazione adeguata del personale coinvolto.

Il ruolo del digitale

“Il digitale è assolutamente fondamentale perché attraverso una serie di cruscotti si ha una visione di insieme di tutte le iniziative di transitional care in corso, sia a livello aggregato che per singolo paziente, e si ha la possibilità di integrare strumenti tecnologici di monitoraggio”, afferma Simona Lissemore.

La digitalizzazione gioca dunque un ruolo chiave nell’abilitare le funzioni delle COT, offrendo strumenti per una gestione efficiente e in tempo reale delle informazioni, dalla disponibilità dei posti letto alla localizzazione dei servizi, fino al monitoraggio dei pazienti attraverso sistemi di telemedicina e telemonitoraggio.

La tecnologia, quindi, non solo supporta le operazioni quotidiane delle COT, ma apre anche la possibilità di una gestione più proattiva e preventiva della salute sul territorio.

“Il digitale è un elemento abilitante sicuramente per le attività delle COT – spiega la Lissemore – perché un operatore per spostarsi tra i setting dovrà avere una visione completa e in tempo reale di tutti i servizi attivi, le risorse disponibili, i posti letto ecc. Questo consente di ottimizzare e pianificare l’utilizzo delle risorse, ospedaliere e territoriali. Ma per funzionare è necessario che il digitale operi in maniera corretta attraverso attività di mappatura del territorio”.

Le sfide future delle COT

La pandemia da COVID-19 ha messo in luce l’importanza cruciale delle Centrali Operative Territoriali nel coordinare la risposta sanitaria a un’emergenza globale. Le sfide future per queste strutture saranno molteplici: dall’implementazione delle nuove tecnologie all’integrazione sempre più stretta con i servizi territoriali, dalla formazione del personale alla gestione delle emergenze in scenari complessi. Ma quale sarà la vera sfida?

“Il futuro si giocherà sulla capacità di prevenzione e sullo screening – aggiunge la Lissemore – Questo vuol dire spostare l’asse dall’emergenza-urgenza alla presa in carico di persone, per esempio, ad alta familiarità e ad alto rischio cronicità, anticipando, di fatto, i bisogni di cura”.

La vera sfida per la medicina territoriale, e per le COT in particolare, è dunque quella di intercettare le necessità dei pazienti, intervenendo prima che si manifestino situazioni di emergenza o cronicità avanzate. La prevenzione e lo screening personalizzato rappresentano le frontiere verso cui orientarsi per garantire un sistema sanitario più efficiente e vicino ai bisogni dei cittadini, riducendo al contempo la pressione sui servizi di emergenza e ospedalieri. Il passaggio auspicato è quello dalla presa in carico del paziente ormai cronico alla presa in carico di ogni cittadino in salute con l’obiettivo di mantenere il benessere individuale agendo sulla prevenzione e su corretti stili di vita.

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