Monica Calamai: “L’uomo al centro del Sistema Sanitario: il fondamento per un impatto sostenibile”

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PNRR e sanità locale, criticità e prospettive per un sistema sanitario sostenibile; programmazione e coinvolgimento di tutti gli attori della filiera ospedaliera; gender gap ed equità di genere nella sanità. Questi alcuni dei temi di cui abbiamo parlato con Monica Calamai, Fondatrice e Coordinatrice “Community Donne Protagoniste in Sanità” e Direttrice Generale AUSL/AOU Ferrara, da noi intervistata in vista del prossimo FORUM Sanità

29 Settembre 2023

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Patrizia Fortunato

Consultant Content Editor, FPA

Foto di Andrew Spencer su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/eY7ioRbk2sY - https://unsplash.com/it/foto/eY7ioRbk2sY

La ricerca di soluzioni innovative è sempre stata una costante, l’economista austriaco Joseph Alois Schumpeter ne aveva catturato il senso: l’innovazione è “fare le cose vecchie in modo nuovo”. E l’innovazione caratterizza tutte le tappe storiche del settore sanitario.

L’impiego delle risorse PNRR messe in campo per la Salute in Italia, 15,63 miliardi di euro per le due componenti della Missione 6[1], non è da solo sufficiente a farci parlare di innovazione. Né è sufficiente un decreto ministeriale sull’assistenza sanitaria territoriale, come il DM 77/2022, né lo sono i contenitori per creare innovazione. “Ciò che serve sono le persone, ma soprattutto una programmazione accurata che mai si improvvisa e che richiede competenze specifiche”. Ad evidenziarlo Monica Calamai, Fondatrice e Coordinatrice “Community Donne Protagoniste in Sanità” e Direttrice Generale AUSL/AOU Ferrara, intervistata in vista del prossimo FORUM Sanità 2023 e della sua partecipazione come relatrice allo scenario “Gli ‘Ospedali’ del futuro”.

Innovazione di prodotto, organizzativa o di processo

Le innovazioni dirompenti, o disruptive innovations come le ha definite l’accademico americano Clayton Magleby Christensen, sono capaci di stravolgere completamente un modo di fare consolidato da decenni. Tre elementi innovativi – dispositivi medici, abilità e nuovi modelli organizzativi – si compenetrano tra loro, consentendo la stessa prestazione in modalità diverse. Calamai riporta l’esempio dell’oculistica in cui l’intervento per la cataratta e altre procedure oftalmologiche, che in passato richiedevano un ricovero ospedaliero di 20 giorni, sono ora diventate prestazioni specialistiche ambulatoriali al 90,9%.

Le risorse del PNRR (oltre 2 miliardi e 700 milioni destinati all’Assistenza domiciliare, 280 milioni alle Centrali Operative Territoriali e 1 miliardo alla Telemedicina) consentiranno l’adeguamento delle strutture previste dal DM 77/2022: Case di Comunità, Ospedali di Comunità e COT. “Tuttavia –  secondo Calamai – le Case di Comunità rischiano di rimanere vuote se non vengono riempite di contenuto. La combinazione di queste strutture con metodiche innovative, come ad esempio la somministrazione sottocute di farmaci oncologici chemioterapici mirati, può modificare il modello organizzativo con effetti positivi per tantissimi pazienti. Alla base di tutto ciò c’è una progettualità, un percorso che va strutturato, da gestire nella prossimità delle Case di Comunità o laddove possibile presso il domicilio dei pazienti”.

L’introduzione di elementi innovativi modifica dunque il modello organizzativo. “Restando sull’esempio della chemioterapia in infusione – continua Calamai – è necessario un diverso setting assistenziale, con poltrone terapeutiche e un assetto infermieristico specifico. Questo tipo di cambiamento richiede una rivalutazione completa della struttura oncologica e dei percorsi di cura, generando una profonda riflessione. Un altro esempio: nel caso dell’oculistica il passaggio delle cataratte in regime ambulatoriale ha modificato radicalmente gli esiti, aumentando il volume di attività e migliorando la capacità erogativa dei servizi”.

I punti di forza e di debolezza dell’innovazione

L’innovazione porta con sé punti di forza e di debolezza. “Uno dei principali punti deboli – sottolinea Calamai – è rappresentato dalla resistenza di molti specialisti perché legati ad abitudini personali o a consuetudini professionali all’interno del contesto in cui operano. Come del resto può anche capitare che ci siano interessi tali per i quali si tenti di diffondere un’innovazione che non si adatta bene al contesto di sistema. Su questi aspetti dobbiamo lavorare”.

L’innovazione nel settore sanitario richiede una programmazione accurata, competenze specifiche e una cultura organizzativa aperta al cambiamento. Le riflessioni sul tema dell’innovazione dovrebbero coinvolgere non solo i singoli professionisti o ambiti, ma anche il top management. Come sottolinea la Direttrice, “è evidente che non si può introdurre un’innovazione potente senza la necessità di un piano di produzione significativo, di valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment – HTA), che presuppone tra l’altro considerazioni sugli aspetti industriali, clinici, sociali. È essenziale monitorare l’impatto sostanziale delle innovazioni, anche quelle più piccole, che tuttavia richiedono una riflessione sulle azioni da implementare in un sistema complesso, come quello sanitario”.

Nuovi modelli per lo sviluppo dell’assistenza territoriale ferrarese

La Regione Emilia-Romagna ha investito nel territorio per proporre nuovi modelli organizzativi e assistenziali, trasformando le “Case della Salute” in “Case di Comunità” previste dal DM 77/2022. Attualmente, sul territorio sono presenti sette Case di Comunità, di cui sei “hub” e una “spoke”, tre delle quali saranno oggetto di ristrutturazione con gli investimenti del PNRR: quelle di Ferrara, di Portomaggiore e di Copparo.

La struttura di Ferrara si presenta come una vera e propria “Città della salute”, con una posizione all’interno del vecchio ospedale a padiglioni. Si inserisce in un contesto ampio che promuove l’integrazione e la penetrazione della struttura di Assistenza Primaria Territoriale nella vita della città, rafforzando l’approccio comunitario. La sua ubicazione, infatti, permette ai cittadini di raggiungerla comodamente a piedi o in bicicletta, ed è in stretta connessione con il contesto circostante. Anche in questo caso l’intero progetto era già in fase di sviluppo ancor prima dell’arrivo del PNRR. Sottolinea Calamai: “Siamo stati facilitati dall’aver ridisegnato in largo anticipo il progetto territoriale, integrandolo con la rete degli ospedali. Non si può affrontare il tema del territorio senza considerare anche il percorso del paziente acuto, tenendo conto della demografia e della geografia del territorio da governare”. Questo perché “all’interno delle nostre case di comunità, abbiamo sia le strutture per la medicina di gruppo e la pediatria di gruppo, sia tutti i servizi specialistici previsti dal DM 77/2022. Disponiamo di poliambulatori, servizi di diagnostica per immagini. Abbiamo il dipartimento di sanità pubblica, e gli ospedali di comunità. Abbiamo una rete completa di cure primarie, compreso il sistema dell’ADI”.

La rete di case di comunità per la provincia di Ferrara contempla, a regime, un totale di 10 case di comunità: 7 hub e 3 spoke che saranno implementate in collaborazione coi Comuni e in condivisione con la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria.

Altre strutture di grande importanza sono gli Ospedale di Comunità (OsCO) che al momento contano 40 posti letto attivi. È stata pianificata l’apertura di altre tre strutture che aggiungeranno ulteriori 60 posti letto, attivando così a pieno regime circa 100 posti letto territoriali. Sono presenti, attualmente, due hospice e anche su questo si procederà con l’implementazione di ulteriori strutture.

Sono già in corso i lavori per le Centrali Operative Territoriali (COT) molto importanti per implementare i percorsi previsti nel DM 77. In provincia di Ferrara, su indicazione della Regione Emilia Romagna, ce ne saranno quattro. L’installazione delle attrezzature tecnologiche all’interno della centrale di Ferrara termineranno a febbraio. Successivamente, saranno tutte connesse in rete.

Sul fronte dell’assistenza, nel 2020, è stata avviata la progettualità degli infermieri di comunità e di famiglia che ha permesso di diffondere sul territorio 52 “cellule” (ciascuna composta da due infermieri di comunità), al fine di potenziare l’assistenza sanitaria territoriale. “Abbiamo iniziato – afferma la Dirigente – questa esperienza mappando il territorio, partendo dall’area metropolitana della città di Ferrara e dalle aree interne. I primi inserimenti sono iniziati a dicembre 2021, con una pianificazione della formazione e delle nuove assunzioni. Abbiamo realizzato un master universitario per la loro formazione, poi effettuato selezioni interne, comprese valutazioni psico-attitudinali, privilegiando il personale già presente. Abbiamo definito il nostro fabbisogno e prevediamo di raggiungere, a regime, 140 infermieri impegnati nelle funzioni territoriali, entro la fine del 2024 o l’inizio del 2025”. Gli infermieri di famiglia e di comunità sono distribuiti sul territorio secondo una logica di autonomia e di interazione con la medicina generale, di collaborazione con le istituzioni comunali e con le Aziende pubbliche di servizi alla persona – ASP, costituite in capo alla rete dei comuni, al fine di contrastare la cronicità senza trascurare, laddove serve, un sostegno sociale. Dalla loro attivazione hanno effettuato circa duecentomila prestazioni per distretto.

Da quasi due anni è stato inoltre avviato il progetto di “Azienda Digitale” per l’implementazione della telemedicina, che include le televisite, la tele refertazione e la radiologia domiciliare (tele refertata), oltre alla possibilità di effettuare monitoraggi in remoto. “E grazie alla presenza dell’infermiere di famiglia – sottolinea Calamai – siamo in grado di realizzare importanti progettualità, favorendo anche l’uso di tablet da parte della popolazione anziana che propriamente digitale non è”.

Per quanto riguarda l’Assistenza Domiciliare Integrata – ADI, il servizio al cittadino deve essere assicurato 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (con un’eccezione di 6 ore solo la domenica). Spostando il setting assistenziale dall’ospedale al territorio si garantisce l’uniformità dei livelli di assistenza per il malato cronico.

Il 19 settembre dello scorso anno è stato inaugurato a Ferrara il primo ambulatorio a Bassa Complessità – ABC, successivamente trasformato in Centro di Assistenza Urgenza – CAU come da Riforma dell’Emergenza Urgenza della Regione Emilia Romagna. Chiunque può recarvisi senza prenotazione, il servizio è gestito da un medico della continuità assistenziale e da un infermiere. Tutte le urgenze differibili possono essere gestite in questo laboratorio, con una lista di protocolli e procedure, e si registrano mediamente 50 accessi al giorno. Un ambulatorio identico è stato aperto a marzo nel contesto della Casa di Comunità di Comacchio e un altro è stato aperto a giugno nella Casa di Comunità di Copparo. “A ottobre – continua Calamai – ne apriremo un altro; in base alla nostra mappatura, ne sono previsti cinque, ma stiamo già valutando la possibilità di portarli a sei”. Questa rete di assistenza territoriale ha migliorato significativamente il sistema del pronto soccorso, riducendo gli accessi, i tempi di attesa e aumentando la soddisfazione del cittadino.

In conclusione sono stati definiti tutti gli step e molte tecnologie sono già state installate. Sono stati avviati progetti importanti, come: “On Connect”, progetto di oncologia territoriale; la pneumologia territoriale; l’infettivologia territoriale, che gestisce le infezioni sia negli ospedali di distretto che nella rete degli ospedali di Comunità Hospice, così come nelle strutture per anziani autosufficienti e non autosufficienti. Due di questi progetti, l’Infermiere di famiglia e la Riabilitazione territoriale, sono stati presentati per il finanziamento sulla Missione 5 “Inclusione e coesione” del PNRR, e hanno ottenuto quattro milioni di euro per progetti già in corso.

Innovazione nel settore sanitario con il bilancio di genere

Prima tra tutte le aziende sanitarie, l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Ferrara ha promosso e redatto il Bilancio di genere cui è seguito quello dell’Azienda Ospedaliero Universitaria.  Le due Aziende stanno inoltre per ottenere la Certificazione di genere, che – come specifica la Direttrice – non è un “bollino di merito” quanto un’analisi di quello che è il proprio contesto, di tutte le dimensioni sin qui esposte rispetto all’implementazione dei servizi dati alla popolazione divisa per genere, ma anche rispetto all’assetto della popolazione delle risorse umane interne. Dunque un punto di partenza. La certificazione di genere e il bilancio di genere sono infatti processi che richiedono un significativo cambiamento culturale e strutturale. Coinvolgono alcune scelte aziendali, come ad esempio la decisione di stabilire la composizione delle commissioni di selezione e di stringere partnership con altre istituzioni per migliorare il welfare a favore del genere o la valutazione dei curricula e delle carriere delle persone all’interno delle aziende che deve tener conto di nuovi criteri: l’assistenza agli anziani ad esempio invece che un handicap dovrebbe essere considerata come valore aggiunto. “È necessario – afferma Calamai – cambiare lo schema mentale con cui si valutano i curricula. E ancora, la maternità non può essere una iattura, così come non può esserlo avere genitori che implicano possibili momenti in cui assentarsi”.

Secondo i dati del Global Gender Gap Report 2023, diffuso il 20 giugno scorso, l’Italia è scesa dal 63esimo al 79esimo posto su 146 Paesi, perdendo ben 16 posizioni nel Gender World Report, e causando un aumento del gender gap nel Paese. Calamai sente il peso della consapevolezza che molte donne in altri Paesi non hanno ancora raggiunto le conquiste che noi abbiamo raggiunto, come ad esempio il diritto allo studio. L’ascesa culturale è sinonimo di libertà personale e non è legata esclusivamente al percorso lavorativo. “Dobbiamo affrontare – afferma Calamai – la sfida dell’equilibrio di genere anche nel settore accademico, incoraggiando le giovani donne a intraprendere percorsi nelle discipline STEM. È importante riflettere sul fatto che il settore sanitario stia diventando appannaggio quasi esclusivamente del genere femminile, mentre altri settori, come le discipline STEM, sono ancora dominati dagli uomini”.

La nostra Costituzione già rappresenta un buon punto di partenza per le donne: l’art. 3 stabilisce il principio di uguaglianza senza distinzione di sesso; l’art. 37 garantisce la parità di retribuzione tra uomini e donne e l’art. 51 assicura alle donne l’accesso alle cariche politiche. Tuttavia, – come sottolinea Calamai “in Italia rimangono dei vulnus significativi riguardo al gender pay gap, su cui è importante concentrare l’attenzione e continuare a segnalarlo al fine di attivare percorsi di riequilibrio. Rimane sempre molto significativo, il percorso delle carriere femminili e l’occupazione di posizioni di vertice, noto come ‘tetto di cristallo’. Nel settore sanitario italiano, sebbene la maggioranza degli operatori sia costituita da donne, con delle punte importanti che raggiungono poco meno dell’80% come quelle del mondo infermieristico e anche del mondo medico dove la divisione dei due generi è equiparata, le posizioni apicali restano quasi esclusivamente di appannaggio maschile”.  Secondo i dati del Rapporto OASI 2019 le donne direttori generali nel periodo pre-pandemico erano il 17%, ora si è passati al 25%. Eppure in Italia dal 2011 è in vigore anche la cosiddetta legge Golfo Mosca che disciplina le quote rosa nei consigli di amministrazione delle aziende.

Calamai ritiene che la questione si ponga anche nel settore della salute, in cui le donne utilizzano maggiormente i servizi sanitari, ma in cui i trialls clinici vengono effettuati su modelli maschili: è necessario dunque concentrarsi sul genere e sulla medicina di genere. Calamai riporta un esempio personale relativo alla vaccinazione antinfluenzale, a cui era restia in passato perché dopo la somministrazione stava male per diversi giorni. Era causato dal fatto che il dosaggio non era adattato alla sua corporatura e questo problema influisce su molte altre situazioni. “Attraverso la Community che coordino – continua Calamai, che è anche fondatrici e coordinatrice di “Donne Protagoniste in Sanità” – abbiamo costruito e stiamo costruendo una rete solida e importante che diffonde iniziative non solo a favore del genere, ma anche incentrate sulla salute e sulla sanità. Cerchiamo di essere di supporto per migliorare i percorsi che coinvolgono gli operatori e i cittadini”. È infatti in avvio un corso di mentorship al femminile, un’iniziativa partecipata da molte giovani donne.

Grazie al lavoro di Monica Calamai, Fondatrice e Coordinatrice “Community Donne Protagoniste in Sanità” e Direttrice Generale AUSL/AOU Ferrara, la strada verso un sistema sanitario più equo e inclusivo è tracciata.

Prenota il tuo posto all’appuntamento “Gli ‘Ospedali’ del futuro” (THE HUB LVenture GROUP – Via Marsala 29 H, Roma, il 25 ottobre).



[1]Missione 6 C1 – Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e Missione 6 C2 – Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario

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