Tonino Aceti: “Il coordinamento Stato-Regioni come chiave per la governance del sistema sanitario”

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La mancata attuazione del Piano Nazionale della Cronicità del 2016 è segno di una responsabilità diffusa. Vi è la responsabilità delle regioni nel non aver recepito il piano in tempo e nel non averlo attuato concretamente, mentre a livello centrale non è stata esercitata un’adeguata azione di controllo. Questo è indicativo di un problema di governance Stato-Regioni del servizio sanitario nazionale, secondo Tonino Aceti, Presidente di Salutequità, intervistato in vista del prossimo FORUM Sanità

13 Ottobre 2023

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Patrizia Fortunato

Consultant Content Editor, FPA

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La cronicità è una priorità di salute pubblica, i numeri lo confermano sia per diffusione sia per impatto economico sulle casse del servizio sanitario nazionale: sono 24 milioni gli italiani con una patologia cronica, un dato destinato a crescere nei prossimi anni insieme all’incremento della spesa a carico del Sistema Sanitario Nazionale che già oggi oscilla tra il 70 e l’80% dei costi sanitari (Rapporto Osservasalute 2022).

“Le patologie croniche sono un problema e, in modo ancora più evidente, lo sono state durante la pandemia, quando non sono state prese in carico perché non supportate da un’organizzazione territoriale in grado di occuparsene e da un Piano Nazionale della Cronicità messo in atto”. Parte da questa affermazione la nostra chiacchierata con Tonino Aceti, Presidente di Salutequità, intervistato in vista del prossimo FORUM Sanità 2023 e della sua partecipazione come relatore allo scenario “Territorio digitale e Connected Health”.

Il lungo cammino del Piano Nazionale della Cronicità (PNC) tra sfide e risultati

Il Piano Nazionale della Cronicità del 2016 è stato recepito da tutte le regioni italiane, ma le tempistiche di recepimento sono state molto diverse tra loro. La Sardegna, ad esempio, è stata l’ultima regione ad averlo recepito, dopo ben 5 anni dalla sua approvazione, in piena pandemia da Covid-19. “Il recepimento formale di un atto normativo implica la convocazione degli assessori e l’adozione di una delibera di giunta, ma l’approvazione di una delibera di giunta non è sufficiente per attuare il Piano Nazionale della Cronicità nel territorio e portarlo direttamente nelle case delle persone”, sottolinea il Presidente Aceti.

“La mancata attuazione è segno di una responsabilità diffusa”. Vi è la responsabilità delle regioni nel non aver recepito il piano in tempo e nel non averlo attuato concretamente. Mentre, dall’altro lato, non è stata esercitata un’adeguata azione di controllo a livello centrale sulle regioni, e questo aspetto sorprende maggiormente il Presidente Aceti: “è indicativo di un problema di governance Stato-Regioni del servizio sanitario nazionale. Dopo l’approvazione di un provvedimento, nella maggior parte dei casi, manca il controllo di gestione delle politiche sanitarie, rappresentando così una fragilità nell’architettura del servizio sanitario nazionale, che rischia di essere come un grande castello di sabbia”, pronto a sgretolarsi.

Dopo aver scritto e approvato il piano in Conferenza Stato-regioni, sembra che tutto sia stato lasciato così com’era, senza un monitoraggio adeguato. “Non abbiamo – dichiara Aceti – previsto la sua attuazione come indicatore di performance”.

La Cabina di regia: un ruolo chiave nella valutazione del PNC

Il Piano Nazionale della Cronicità è lasciato alla valutazione e all’analisi della Cabina di regia, che riporta al Ministero della Salute e agli uffici di diretta collaborazione del ministro e alle Direzioni generali segnalando o meno l’opportunità di mettere mano al Piano.

Tonino Aceti, durante il suo mandato di Coordinatore Nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva, ha contribuito alla stesura del PNC presso il Ministero, ed è stato uno dei primi membri a partecipare alla Cabina di Regia del 2018. “Nella mia concezione – afferma Aceti -, la Cabina di regia doveva essere un luogo dinamico, con una visione critica su ciò che accadeva o non accadeva, in grado di inviare input al ministro e alle regioni. Doveva svolgere un’importante attività di accountability, rendendo conto dell’operato, sia all’interno che all’esterno, delle azioni intraprese o non intraprese e dello stato di avanzamento del Piano”. Il Presidente Aceti ritiene fondamentale rilanciare con determinazione il mandato della Cabina di regia e suggerisce di aumentare il livello di accountability del lavoro svolto dalla Cabina di regia verso l’esterno. Questo permetterebbe a tutti gli osservatori indipendenti di capire qual è lo stato di attuazione di una strategia del paese sulla cronicità.

“È preoccupante che non ci sia un’attività di rendicontazione al Parlamento sulle azioni intraprese o non intraprese nei territori regionali del nostro paese, sulle criticità che devono essere affrontate e sulle priorità per il ministro”. Aceti propone una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della strategia nazionale sulle cronicità. “Il fatto che questa non sia stata prevista rappresenta un grave vulnus, poiché le cronicità rappresentano una sfida per tutti i principali servizi sanitari nazionali o sistemi nazionali dei principali paesi”.

Il Nuovo Sistema di Garanzia per il monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (LEA)

In Italia abbiamo un unico sistema ufficiale per il monitoraggio e l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da parte delle regioni, si tratta del Nuovo Sistema di Garanzia – NSG (introdotto con il DM 12 marzo 2019 e operativo dal 1° gennaio 2020). Al suo interno è stato identificato un sottoinsieme di 22 indicatori, noto come ‘core’, che sostituisce la precedente “Griglia LEA”, ma come sottolinea Aceti, “nessuno di questi indicatori monitora le performance regionali nell’attuazione del Piano delle Cronicità. È questo un aspetto critico che deve essere ancora colmato”.

Il nuovo sistema garanzia ha tantissimi altri limiti che Aceti evidenzia.

Sicuramente all’interno c’è un indicatore del tutto inadeguato: vi è un solo indicatore riguardante le liste di attesa, un codice di priorità B, per cui le Regioni risultano quasi tutte adempienti, mentre dovrebbero essere monitorate su tutti i codici di priorità e su tutte le prestazioni. Non abbiamo nulla, ad esempio, sui tempi di attesa al pronto soccorso, che rappresenta un altro tema che ogni cittadino affronta quando accede al servizio sanitario nazionale.

Rimanendo sul tema delle cronicità, abbiamo un indicatore relativo al tasso di presa in carico degli ultrasessantacinquenni netti in assistenza domiciliare integrata (ADI), ma questo non ci fornisce automaticamente una visione completa della capacità delle regioni nel gestire le cronicità. Non abbiamo alcun indicatore sullo stato di attuazione della telemedicina, a cui, tra l’altro, il PNRR destina 1 miliardo di euro. E ancora, non abbiamo nulla sull’aderenza terapeutica, nonostante siano organizzati innumerevoli convegni su questo tema. E l’aderenza terapeutica rappresenta un elemento cruciale per valutare l’operato delle regioni, poiché il fatto che un anziano affetto da multimorbilità cronica non segua l’intero percorso terapeutico, sia dal punto di vista delle visite che delle terapie, è di estrema importanza.

Ci sono molte questioni che non rientrano nel Nuovo Sistema di Garanzia, come ad esempio i PDTA che rappresentano lo strumento di governance per la presa in carico e sono considerati indicatori ‘no core’. “Questa impostazione si basa su 22 indicatori misurabili con flussi informativi diretti e non con autocertificazioni delle regioni.  Ma un flusso informativo, se non esiste, – precisa Aceti – lo si attiva”.

“Questo sistema di garanzia è attivo dal 2020, e già tre anni prima avevano iniziato con delle sperimentazioni, sapevamo che sarebbe stato necessario rafforzarlo con altri indicatori, come quelli menzionati. È necessario, quindi, modificarlo. Tuttavia – evidenzia Aceti -, anche il meccanismo di aggiornamento è piuttosto rigido. È necessario proporre nuovi indicatori che devono poi essere inviati al comitato Lea, il quale deve approvarli e successivamente inviarli all’attenzione del ministro. Il ministro deve poi compiere alcuni passaggi per emettere il decreto di aggiornamento, mentre noi avremmo bisogno di un sistema misurazione delle performance che sia dinamico e contestuale alle innovazioni che subentrano a livello normativo, programmatorio e di finanziamento”. Attualmente il ministero sta lavorando per un suo aggiornamento, vedremo nei prossimi mesi quali saranno i risultati.

Le ragioni dietro il mancato successo della strategia sulle cronicità nel nostro paese

Il Piano andrebbe aggiornato, è quello che ci si aspetta, molte cose sono cambiate dal 2016.È stata istituita, la figura dell’Infermiere di Famiglia e Comunità con il Decreto “Rilancio” (DL 34/2020). È stato introdotto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che stanzia 7 miliardi di euro per la M6C1– Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. È stato emanato il DM 77/2022 che ha introdotto modelli organizzativi ed assistenziali nuovi come le Case di Comunità, gli Ospedali di Comunità e le Centrali Operative Territoriali (COT). È stata predisposta la Piattaforma della cronicità, che raccoglie le buone pratiche di gestione innovativa della cronicità con il supporto delle tecnologie digitali, finanziata attraverso le risorse del Fondo Sociale Europeo, nell’ambito del PON GOV Capacità Istituzionale 2014-2020.

Il piano deve essere aggiornato anche alla luce delle ragioni che ne hanno impedito l’attuazione. Vediamone alcune:

  • “Come ben sanno gli appassionati di analisi del servizio sanitario nazionale e delle politiche sanitarie, è fondamentale – specifica Aceti – che ogni atto di programmazione sanitaria sia adeguatamente supportato da risorse economiche. La mancanza di tali risorse rappresenta un vulnus importante, poiché le regioni tendono a concentrare i propri sforzi in ordine prioritario su provvedimenti per i quali sono disponibili le risorse”. Il piano prevedeva una serie di riorganizzazioni, e le riorganizzazioni comportano sempre dei costi. “Le regioni – continua Aceti – devono comunque effettuare degli investimenti, ad esempio nella stesura e nel governo dei PDTA, nella telemedicina e nella trasformazione del registro dell’assistenza sanitaria da una ‘assistenza d’attesa’ a una ‘assistenza d’iniziativa’. Questo implica anche un cambiamento nel lavoro dei professionisti e nell’erogazione dei servizi sanitari, richiedendo un ulteriore intervento economico”. È vero che c’è stato un finanziamento europeo, il PON GOV Cronicità, ma come evidenzia Aceti “questo ha espletato i suoi effetti in questo ultimo periodo, mentre il piano è stato approvato nel 2016. Era necessario avviarlo con risorse immediate da destinare alle regioni per realizzare il cambiamento organizzativo, indicato nel piano”.
  • Il secondo motivo è quello dell’attuazione (come già evidenziato), che non era considerata una priorità per le regioni. “Le priorità sono definite all’interno del nuovo Sistema di Garanzia, poiché attraverso tale sistema le regioni ottengono il punteggio Lea. Il punteggio Lea è il grimaldello – dichiara Aceti – per accedere poi ad una quota parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale. Pertanto, anche questo aspetto dovrebbe essere profondamente modificato e rafforzato”. Per Aceti non sarebbe sufficiente avere solo 22 indicatori ‘core’ per monitorare l’efficienza delle regioni nella spesa di oltre 130 miliardi di euro all’anno.
  • Per molti anni non abbiamo potuto contare sugli standard territoriali. Era, invece, necessario affiancare al Piano anche la stesura e la realizzazione di standard, che sono stati introdotti solo con il DM 77/2022, quindi sei anni dopo.
  • Il quarto motivo riguarda il fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina, che, sebbene siano menzionati nel Piano, ancora oggi faticano a decollare.
  • Il quinto aspetto è rappresentato dal blocco della privacy. Si fa riferimento all’implementazione di sistemi di stratificazione della popolazione, una questione prioritaria sia nel Piano Nazionale della Cronicità sia nel DM 77. La stratificazione è fondamentale poiché senza di essa non è possibile programmare o sapere quali azioni intraprendere. Tuttavia, l’attuazione di questa attività risulta spesso ostacolata dalle regioni a causa di restrizioni legate alla normativa sulla privacy.
  • E infine, l’ultimo aspetto riguarda la carenza del personale sanitario. Non si possono affrontare le sfide senza risorse adeguate, e purtroppo abbiamo una carenza sia di infermieri sia di medici da molto tempo, il che rappresenta un elemento di grande fragilità.

Prospettive future

Aceti si aspetta con forza che esca fuori un nuovo piano della cronicità, che sia: finanziato; oggetto di misurazione e che coordini tutti gli atti che sono intervenuti nel corso di questi anni, dal PNRR al modello di assistenza territoriale – ospedali di comunità, infermiere di famiglia e di comunità –, dalle linee guida di indirizzo nazionali sulla telemedicina e sulla teleriabilitazione a tutte le normative intervenute in questa pandemia sulle competenze delle professioni sanitarie. Ha affermato Aceti “mi aspetto che il nuovo piano faccia proprie tutte queste indicazioni e che gli dia una lettura di insieme e dia all’esterno un modello completo, aggiornato, in grado di coordinare a 360 ° tutte le possibilità di risposta alla domanda di salute delle popolazioni che abbiamo messo all’interno di vari provvedimenti”.
“Oltre al piano sulla cronicità, abbiamo il piano sul diabete, il piano nazionale sulla prevenzione e il piano sulle demenze, ma manca un piano dei piani, cioè manca un piano, da tanti anni ormai, che faccia la programmazione sanitaria strategica del nostro servizio sanitario nazionale, che è il piano sanitario nazionale”, afferma Aceti. Questo piano sanitario nazionale è un obbligo previsto dalla legge che, purtroppo, non stiamo realizzando. L’ultimo piano risale al periodo 2006-2008, quindi da oltre 15 anni non abbiamo un piano sanitario nazionale che identifichi le priorità di programmazione strategica nel settore sanitario.

Prenota il tuo posto all’appuntamento “Territorio digitale e Connected Health” (THE HUB LVenture GROUP – Via Marsala 29 H, Roma, il 25 ottobre).

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