Verso l’assistenza sanitaria “on demand”, Asl Napoli3
18 Marzo 2008
Nell’intervista con Armando Poggi, Direttore generale ASL NAPOLI 3, parliamo di quanto sia importante conoscere le reali esigenze di assistenza delle persone per riorganizzare le cure primarie sul territorio. Partire dal basso, quindi, e realizzare un’efficace integrazione con i Comuni, per offrire un servizio su misura dei cittadini e omogeneo su tutto il territorio.
Professor Poggi, negli ultimi anni la domanda di assistenza sanitaria nel nostro Paese è cambiata. Quale ruolo ricopre, in questo scenario, il sistema delle cure primarie a livello territoriale?
Le cure primarie sono una risposta alla domanda dei cittadini, alla quale oggi si pone più attenzione rispetto al passato. Si tratta di un processo che si realizza a livello territoriale, tenendo conto, più che di linee guida che arrivano dall’alto, delle reali esigenze delle persone. Partendo da questo, si può determinare un’azione che consenta a tutta la realtà dell’ASL, all’interno del singolo territorio e del distretto, di realizzare una risposta adeguata sotto l’aspetto diagnostico e terapeutico, in un processo che accomuni tutti. Io vedo le cure primarie come un "dipartimento di coordinamento dei distretti" all’interno di una ASL.
La Conferenza di Bologna ha testimoniato la svolta verso la realizzazione del secondo pilastro della sanità italiana. Nelle diverse realtà territoriali si sta cercando di sperimentare un approccio innovativo, in grado di leggere davvero i bisogni di assistenza e di fornire risposte "su misura". Qual è la vostra esperienza in questo senso?
La riorganizzazione aziendale deve seguire un’ottica che consenta di realizzare, all’interno di tutto il territorio di assistenza, una dinamica uguale per tutti, per dare una qualità diffusa che tenga conto delle esigenze del singolo cittadino e dei cittadini nella loro totalità. Per fare un esempio, pensiamo ai programmi di screening: noi li abbiamo realizzati tenendo conto di un’esigenza reale e, su questo argomento, abbiamo investito la responsabilità e la competenza dei singoli medici di medicina generale, che sono diventati il punto di riferimento, il trade union tra noi e i pazienti. Pensiamo ad esempio allo screening sulle donne: le indicazioni sono arrivate dal Ministero della Salute, ma noi l’abbiamo realizzato come "processo". Partendo dall’esperienza di un singolo distretto, peraltro premiato al FORUMPA 2007, abbiamo esteso il modello a tutto il territorio, in modo che fosse possibile offrire una risposta uguale per tutti.
Qual è attualmente il rapporto tra l’assistenza sanitaria primaria e le altre aree di assistenza, in particolar modo quella sociale? E quanto è importante la loro integrazione per la qualità delle cure e dei servizi offerti?
L’integrazione tra il settore sanitario e quello sociale è importante e noi ci stiamo già lavorando. In particolare il nostro obiettivo è realizzare un maggior coordinamento sul territorio, soprattutto con i Comuni. Per esempio, nell’ambito degli interventi per i tossicodipendenti ci stiamo occupando come ASL, per nome e per conto del Comune, dell’istituzione di borse lavoro.
Il primo punto del documento conclusivo della Conferenza di Bologna sottolinea che la salute non deriva solo dall’efficienza dei servizi sanitari, ma da politiche più generali, a partire dalla prevenzione. La ASL NAPOLI 3 è da sempre impegnata in questo campo. Quali sono, secondo voi, i prossimi passi da compiere?
Anche qui, al di là delle linee guida che ci vengono dall’alto e che condividiamo, perché rispondono alle esigenze dei nostri pazienti, io credo che sia necessario partire dalla base, dalle esigenze specifiche che eventualmente ha la popolazione del nostro territorio, per garantire una prevenzione mirata e non genericamente intesa. Anche la prevenzione, così come le cure primarie, va realizzata a partire da un’esigenza concreta.
Spostare l’attenzione dalla cura alla prevenzione e potenziare le soluzioni alternative al ricovero comporta anche una redistribuzione degli investimenti e delle risorse. Quali effetti si attendono da questa politica?
Anche su questo aspetto stiamo portando avanti un discorso particolare, per il quale ho chiesto un finanziamento ad hoc alla regione Campania. Uno dei grandi problemi che la nostra ASL deve affrontare è quello dell’assistenza domiciliare, in modo particolare per i malati terminali, e uno degli aspetti che stiamo cercando di portare avanti è quello che riguarda le cure palliative. Pensiamo di realizzare questo processo attraverso tre momenti: l’ospedalizzazione, quando è necessaria; la domiciliarizzazione presso le famiglie, quando è possibile; dove questo non può avvenire, abbiamo pensato a un discorso di Hospice. Da aprile sarà disponibile una casa di accoglienza, che non rappresenta un’ultima spiaggia, ma un luogo per le persone che non hanno la possibilità di essere accolte all’interno della struttura familiare, che comunque consideriamo la più adeguata. Questo per noi è un investimento, ma va anche in direzione di una razionalizzazione delle spese, poiché la deospedalizzazione comporta un risparmio, oltre a incidere in positivo sulla qualità della prestazione che offriamo ai nostri pazienti, anche nella fase terminale dell’esistenza.