EDITORIALE
Avere cura: ecco il grande cantiere di cui abbiamo bisogno
Avendo negli occhi Notre Dame in fiamme, affermiamo con forza che il grande cantiere di cui tutta la nostra civiltà occidentale ha bisogno non può che essere quello del “prendersi cura”. Prendersi cura dei beni comuni, dell’ambiente, del patrimonio culturale, della nostra democrazia e dei nostri valori, ma anche della PA, che fa diventare concreto il mandato del popolo sovrano, attraverso un empatico accompagnamento delle persone e delle organizzazioni
16 Aprile 2019
Carlo Mochi Sismondi
Ciascuno di noi ha il suo ricordo. La rivede nel caldo dell’agosto parigino o rabbrividendo nella tramontana, insieme ad un’emozione di vacanza o a un frettoloso passaggio di lavoro. Ciascuno di noi ricorda la prima volta che l’ha vista sbucando sul parvis da una traversa o dalla Metro, o la prima volta che l’ha mostrata ad un figlio, magari facendogli aprire gli occhi proprio lì davanti, perché gli rimanesse nel cuore per sempre quell’immagine di suprema eleganza.
Notre Dame è un pezzo della vita di noi europei. Difficile resistere alla tristezza, al dolore per quel profilo mutilato, per quella pietra profanata, per quel simbolo crollato a terra in una sera di primavera. Lungi da me ogni polemica e ogni pretesa di giudizio, ma io credo che questa immane catastrofe, su uno dei massimi simboli della cultura europea, debba essere occasione di una profonda riflessione. Una riflessione, e scusate la irrispettosa analogia, che mi preme anche mentre, qui in treno con la solita mezz’ora di ritardo che sballerà la giornata, sento gli altoparlanti parlare come al solito di “un malfunzionamento sulla linea” e mi appresto a prendere una Metropolitana mutilata e a percorrere una strada a piedi devastata da buche e da rifiuti.
Il grande cantiere del nostro Paese, ma forse proprio di tutta la nostra civiltà occidentale non può che essere quello del “prendersi cura”.
Prendersi cura dell’enorme patrimonio culturale che i nostri padri ci hanno momentaneamente affidato perché lo trasmettessimo, con religiosa attenzione, a chi verrà dopo di noi.
Prendersi cura del nostro pianeta di cui lo scorso anno all’1 di agosto, che è stato l’Earth Overshoot Day del 2018, avevamo già utilizzato tutte le risorse. Come dire che cinque mesi nel 2018 li abbiamo vissuti a sbafo dei nostri figli.
Prendersi cura del patrimonio infrastrutturale che i nostri padri (per i più giovani i nonni) hanno rimesso in piedi dopo l’inferno della guerra perché fossero lo scheletro di un nuovo vivere insieme nella pace, nella tolleranza, nell’accoglienza.
Prendersi cura delle nostre istituzioni democratiche, strattonate da ogni parte, troppo spesso considerate immarcescibili e che ora si dimostrano fragili sotto i colpi di una rabbia che cresce, non senza giustificazioni, proprio per mancanza di “cura” delle persone e dei loro destini, delle ferite che, non curate si sono infettate e ora appaiono mettere in pericolo tutto il corpo del Paese.
Prendersi cura delle relazioni, mettendo al centro la volontà e lo sforzo di capirsi, di entrare nelle scarpe dell’altro, di praticare quella innovazione empatica che sarà l’unica che potrà salvarci da un progresso che è come Giano, bifronte: può essere foriero di grande sviluppo sostenibile, quanto spietato carnefice di vite e di speranze.
Prendersi cura, last but not least, di un’amministrazione pubblica che, con tutti i suoi limiti, è il veicolo di cui le istituzioni democratiche si servono per rendere concreta la volontà del popolo sovrano. Una cura che parte dal rispetto per le persone e che accompagna quotidianamente il necessario cambiamento, abbandonando la pretesa di poterlo normare da un centro che, se non esce dai palazzi, capirà sempre meno e userà sempre più le leggi invece dei manuali, i decreti invece delle cassette degli attrezzi, le sanzioni invece della formazione, le impronte digitali e i tornelli invece della motivazione e del coinvolgimento.
Non vi sembri blasfemo partire dal disastro di Notre Dame che, vi confesso, mi suscita lacrime non metaforiche ogni volta che ci penso, per arrivare a FORUM PA 2019 che metteremo in scena a Roma dal 14 al 16 maggio. Ma se dovessi riassumere in una locuzione il perché ho costruito, assieme alla nostra straordinaria squadra, questa manifestazione, ora giunta al trentennale, direi proprio che è nata per “prendersi cura” di un bene comune, come la PA, di cui abbiamo sempre più bisogno, ma che potrebbe, se non curato, piegarsi su se stesso e tracollare, così come quella flèche che oggi piangiamo.
LA MANIFESTAZIONE
FORUM PA 2019
L’amministrazione pubblica può e deve essere un fattore imprescindibile di sviluppo del Paese: va vista infatti come soggetto attivo che crea valore pubblico. Questa creazione di valore non può che essere collaborativa, ma la collaborazione, per essere efficace e portare al risultato atteso di uno sviluppo sostenibile e un avvicinamento agli obiettivi dell’Agenda 2030, richiede alcune azioni di sistema. Queste azioni saranno al centro del FORUM PA 2019
Roma Convention Center "La Nuvola", 14 – 16 Maggio 2019