Turismo sostenibile, cammini europei, politiche della formazione

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Opinioni e riflessioni emerse dal sondaggio “Turismo sostenibile, territori e attori” su aspetti quali: la conoscenza delle politiche europee di turismo sostenibile e degli strumenti di misurazione e gestione che la Commissione europea ha sviluppato come ETIS; l’immagine dei Cammini Europei; il ruolo della formazione pubblica

26 Luglio 2017

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Cinzia De Marzo*, Monia Franceschini**, Roberta Pistagni***

Il 2017 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite l’anno internazionale del turismo sostenibile (International Year of Sustainable Tourism for Development – IYSTD). Il breve questionario lanciato sul sito di Forum PA ha permesso di intercettare gli orientamenti del pubblico su alcuni aspetti, poi approfonditi il 25 maggio scorso nel seminario “Le politiche per il turismo sostenibile nell’agenda 2030: conoscenza delle politiche europee di turismo sostenibile e degli strumenti di misurazione e gestione che la Commissione europea ha sviluppato come ETIS[1]; immagine dei Cammini Europei; ruolo della formazione pubblica.

Nonostante il questionario sia stato reso fruibile on line solo nell’arco di un mese (maggio 2017), hanno risposto 61 persone: il 30% di età compresa tra i 51 e i 60 anni, in prevalenza donne (59%); lavoratori pubblici (circa il 28%), liberi professionisti (quasi il 20%), in minoranza i manager pubblici (quasi il 10%) e privati (neanche il 5%) e gli imprenditori (meno del 7%).
È auspicabile che tale modello di consultazione pubblica e di monitoraggio, focalizzato sulle stesse tematiche, possa essere esteso maggiormente sia in termini di durata che di partecipazione numerica, in modo da quantificare una massa critica di feedback utile per orientare le scelte degli operatori pubblici e privati del settore del turismo.

Politiche europee di turismo sostenibile
Il 70% dei rispondenti sa che le Nazioni Unite hanno proclamato il 2017 l’anno del turismo sostenibile e ha una discreta conoscenza (60%) del fatto che l’IYSTD ha anche un obiettivo di inclusione. Quasi il 42% di loro collega la sostenibilità del turismo a un uso migliore delle risorse naturali. Soltanto il 6,7% ritiene che l’Unione Europea si adoperi tanto nella sfida della sostenibilità. In tema di sostenibilità del turismo e di gestione sostenibile delle destinazioni, vi è un discreto livello di consapevolezza diffusa e di conoscenza degli strumenti che ne consentono la misurazione sulla base di indicatori specifici, come ETIS, noto al 53,3% dei rispondenti. L’83,3% auspica che la gestione delle grandi destinazioni venga affidata a un partenariato pubblico-privato qualificato. Ciò significa che il percorso da intraprendere per concretizzare questa esigenza/auspicio è tuttavia ancora in salita, specie nelle comunità locali.

Il compito di organizzazioni come l’United Nations World Tourism Organization – UNWTO – in ambito internazionale è di rafforzare le campagne di sensibilizzazione e di comunicazione tra i diversi paesi nel mondo, favorendo il coinvolgimento attivo della società civile e dei giovani. Le politiche e gli interventi dell’UE, in particolare della Commissione europea, dovrebbero essere potenziati sia in termini di promozione più capillare delle azioni volte a favore il turismo sostenibile, che di supporto finanziario a vantaggio degli enti locali e delle imprese turistiche. Tutto ciò è possibile attraverso un approccio integrato ed olistico, in grado di stimolare lo sviluppo di pratiche virtuose diffuse di gestione sostenibile delle destinazioni, facilitando gli scambi di buone pratiche tra i paesi membri dell’UE, inclusi i paesi terzi, basati sulla misurazione degli impatti del turismo declinati nelle diverse componenti socio-culturali, ambientali ed economiche.

L’utilizzo di modelli innovativi di gestione pubblico-privata come quello delle DMO (Destination management organization) e dei CLLD (Community LED Local Development ), unitamente a modalità dinamiche e intelligenti di raccolta di informazioni e dati (compresi i big Data provenienti dalle APP dei cellulari), rappresentano la sfida reale da intraprendere oggi a livello locale, per essere al passo con i rapidi cambiamenti globali di domani.

Cammini Europei
La prima idea che viene in mente a chi pensa a un Cammino Europeo è che esso rappresenti una forma di turismo alternativo (quasi 48%). Il 25% vede in esso un dispositivo di creazione di nuove opportunità di lavoro. Il desiderio che il turismo alternativo si traduca anche in valore economico e nuova occupazione emerge preponderante anche dalle risposte alla domanda successiva. Il campione intervistato si dice entusiasta all’idea che il proprio quartiere rientri in una rete europea quale distretto turistico legato a un Cammino Europeo (56,7%), ma spera anche nelle occasioni di lavoro che questa iniziativa potrebbe creare (23,3%).
Queste risposte importanti meritano di essere approfondite nel grado di consapevolezza delle tipologie di turismo alternativo legato al mercato degli Itinerari Europei, nonché dell’evoluzione delle competenze e dei nuovi mestieri collegati. Un segnale di graduale cambiamento delle esigenze proviene dall’8% delle risposte, che identificano i Cammini come turismo collegato alla spiritualità e ai pellegrinaggi. I dati provenienti dalla Borsa Internazionale del Turismo Religioso (edizione 2017) sembrano confermare il trend della domanda di fruizione degli Itinerari Spirituali – Storico-Religiosi, che sembrano anche meglio rappresentare in questo particolare momento storico i valori, la memoria, della storia e del patrimonio europei.

“Future for Religious Heritage” (FRH), l’associazione internazionale e laica che unisce 133 membri (tra cui ONG, associazioni, governi, università in 37 paesi del mondo sulla tutela del patrimonio religioso in Europa), prevede un aumento ancora più significativo dei flussi di domanda, specie dei pellegrini. Già oggi si stimano oltre 250 milioni persone in cammino per l’Europa, con motivazioni tradizionalmente religiose ma anche con nuove forme di turismo di frontiera tra Itinerari di spiritualità e tratti riconducibili al turismo culturale e del tempo libero. Questa particolare tendenza è colta ed affrontata dagli addetti del settore nazionale ed internazionale, nella Prima Convention sugli Itinerari e Cammini Culturali, Religiosi e del Tempo Libero a San Giovanni Rotondo in Puglia, a fine luglio 2017.

L’Organizzazione Mondiale per il Turismo (UNWTO) identifica nel turismo spirituale uno dei settori turistici in più rapida ascesa [2]. L’Italia è Paese europeo protagonista di questa richiesta, legata a quell’aspettativa di “Esperienza Memorabile” espressa dal 14,8% dei rispondenti. Una risposta efficace a questa aspettativa può essere rappresentata da NikolaosRoute-La Via Nicolaiana®, Cammino Europeo di San Nicola di Myra che ripercorre i pellegrinaggi nicolaiani dell’Est e della Russia, a partire dal primo viaggio nel 1459 d.C. percorso dal Venerabile Barlaam di Rostov Valikij in devozione delle reliquie del Santo.

La portata unificatrice politica, spirituale e anche economica della NikolaosRoute-La Via Nicolaiana -Cammino verso la Chiesa Indivisa – è stata recentemente dimostrata quest’anno da quasi due milioni di pellegrini russi che in due mesi attraverso un percorso disagevole, hanno raggiunto una reliquia di San Nicola portata da Bari a Mosca, quale simbolo di riunione delle chiese di Oriente e Occidente. Uno storico processo di dialogo interculturale e interreligioso, che collima pienamente con gli obiettivi delle Risoluzioni Europee CM/Res(2013) 66 e 67 sui Cammini Europei, intesi come “uno strumento essenziale per incrementare la consapevolezza di un patrimonio europeo condiviso come base costituente della cittadinanza europea, un mezzo per il miglioramento della qualità della vita e una fonte di sviluppo sociale, economico e culturale”.

Ruolo della formazione pubblica
Le risposte valorizzano l’importanza dei territori come fulcri di economia sostenibile, e dell’innovazione prodotta dai giovani. Complessivamente, il 65% vorrebbe destinare i fondi della formazione pubblica a task force multisisciplinari, composte da professionisti locali, che possano favorire lo sviluppo dei territori. C’è anche chi propone task force miste: “la formazione della task force è fondamentale per innescare processi di sviluppo. Tuttavia la composizione della task force oltre a garantire la multidisciplinarietà anche una composizione tra soggetti interni ed esterni al territorio in modo da integrare reciprocamente i punti di vista e la percezione della realtà locale”. Un altro 31% dei rispondenti vorrebbe sostenere i progetti di giovani particolarmente innovativi come i Makers. Il 3,3% preferirebbe soddisfare i bisogni di professionalità espressi dai singoli individui. Nessuno si esprime a favore di un’implementazione delle competenze richieste dalle aziende.

L’orientamento espresso è coerente con “Porta Mediterraneo”, un modello di costruzione e coordinamento di rete territoriale, sperimentato nel 2015 in un municipio di Roma e presentato all’interno del seminario. La proposta mette in discussione alcuni capisaldi delle tradizionali politiche della formazione e del lavoro. In primis il concetto stesso di formazione, intesa non più come corsificio, bensì come dispositivo di creazione di condizioni ambientali favorevoli all’esercizio delle competenze, oltre che al loro accrescimento. Lo sviluppo delle competenze, da solo, rischia infatti di diventare un paradosso in un Paese come il nostro che soffre di overskilling e overeducation. In altre parole, le persone non riescono a trovare lavoro e, quando lo trovano, sempre più spesso esercitano mansioni inferiori a quelle che il loro effettivo livello di preparazione richiederebbe. Risultato: vanno a ingrossare la schiera degli inattivi o quella dei cervelli in fuga, con un effetto psicologicamente ed economicamente deprimente sul sistema. Come spiegare a queste persone perché dovrebbero continuare a studiare e aggiornarsi? C’è una evidente strozzatura nel sistema. Si potrebbe sciogliere passando dalla prospettiva del “cercare lavoro” a quella del “creare lavoro”. Un cambio di paradigma in cui i territori e gli innovatori rivestono un ruolo-chiave. I primi, come contesti in cui si può sperimentare, in maniera concreta, controllabile e dotata di senso, il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità declinati nella strategia 2030 delle Nazioni Unite. I secondi, come locomotori di un’economia locale che è sostenibile, perché coniuga tradizione e innovazione e perché si sviluppa nel rispetto delle altre dimensioni di sostenibilità.

È evidente, quindi, che occorre aiutare le comunità territoriali a formulare un’idea di sviluppo, che non solo alimenti il senso di appartenenza, ma aiuti anche a identificare obiettivi concreti e piste di lavoro; a raggiungere i risultati in una prospettiva ecologica. Occorre cioè realizzare in modo equilibrato e integrato i diversi obiettivi di sostenibilità. Dove l’ecologia è un concetto “meta”, in quanto integrazione tra i diversi obiettivi territoriali di sostenibilità; infine, a misurarli per fornire ai decisori di livello più alto il feedback necessario a migliorare le politiche. Sostanzialmente, la traduzione operativa della Strategia 2030, che sarebbe possibile realizzare formando e mobilitando task force territoriali multidisciplinari.

In sintesi, il cammino europeo potrebbe rivelarsi un dispositivo potente di attuazione dell’Agenda 2030 e delle politiche europee in tema di turismo sostenibile. Suo presupposto è una rete transnazionale di comunità legate da una visione e da valori comuni, formidabile cornice di senso per la realizzazione delle politiche di sostenibilità. Soprattutto perché è una rete che può trasformarsi in network di economie sostenibili, se si lega la dimensione della partecipazione a quella della direzione e della ingegnerizzazione. Attraverso l’identificazione di obiettivi chiari, salienti e tempificati, e la messa a sistema dei processi di progettazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione. Per la valorizzazione dei territori, la creazione di occupazione e l’inclusione delle fasce deboli della popolazione. Concetti, questi, espressi anche da Jeffrey Sachs, leader mondiale nello sviluppo sostenibile, nella lectio magistralis tenuta a Forum PA il 24 maggio scorso.

In allegato i risultati del questionario “Turismo sostenibile, territori e attori”

[1] European Tourism Indicators System
[2] Fonte: UNWTO, Global Report on Cultural Routes and Itineraries)

*Cinzia De Marzo, EU consulente giuridico ed esperta in turismo sostenibile ed indicatori. Già esperto nazionale distaccato in Commissione Europea- DG GROW- Unità turismo (maggio 2012 – aprile 2016).
**Monia Franceschini, formatrice, tutor, progettista. Dipartimento Turismo, Formazione e Lavoro Roma Capitale. Ideatrice del progetto di Itinerario “NikolaosRoute-La Via Nicolaiana® European Route Nicholas of Myra”.
***Roberta Pistagni, ricercatrice INAPP (ex ISFOL) – ideatrice modello Porta Mediterraneo, coach e facilitatrice.

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