Città eco-sostenibili: il passo è lento, ma la sensibilità cresce
L’obiettivo della completa dismissione delle illuminazioni ritenute inquinanti previsto a livello europeo è ancora lontano. Eppure cresce la sensibilità al tema dell’efficienza energetica. Prendiamo il focus sulle utilities ambientali pubblicato dall’Istat e cerchiamo di fare un po’ di luce (è il caso di dirlo) sulla situazione delle nostre province. Illuminazione, rifiuti, acqua e energia: quali scelte in materia di eco management stanno compiendo le città? Non limitiamoci a leggere i dati, ma ragioniamoci su (con una buona dose di autocritica).
2 Dicembre 2013
Eleonora Bove
L’obiettivo della completa dismissione delle illuminazioni ritenute inquinanti previsto a livello europeo è ancora lontano. Eppure cresce la sensibilità al tema dell’efficienza energetica. Prendiamo il focus sulle utilities ambientali pubblicato dall’Istat e cerchiamo di fare un po’ di luce (è il caso di dirlo) sulla situazione delle nostre province. Illuminazione, rifiuti, acqua e energia: quali scelte in materia di eco management stanno compiendo le città? Non limitiamoci a leggere i dati, ma ragioniamoci su (con una buona dose di autocritica).
L’Istat ha pubblicato nei giorni scorsi, all’interno della rilevazione “Dati ambientali nelle città”, un focus sulle utilities ambientali (rifiuti, acqua, energia) e sulle policy di eco management applicate dalle amministrazioni provinciali. Le rilevazioni statistiche, se lette trasversalmente con metodo qualitativo, vengono in aiuto a chi, come noi, si occupa di indagare un fenomeno rilevandone le progressioni. Prendiamo i numeri e facciamo il punto.
Oggi sappiamo che gestire in modo eco-sostenibile l’ambiente urbano non solo è possibile, ma doveroso. I consumi devono calare se si vuole intraprendere il percorso di trasformazione in una Smart City. L’Italia è uno dei Paesi che consuma più acqua a livello globale; i nostri rifiuti sono troppi (10.277.324 tonnellate) : con più di 560 Kg per abitante superiamo la media europea (calcolata da Eurostat e ISPRA) di 502 kg. E l’illuminazione urbana? I lampioni ai vapori di mercurio o a incandescenza la fanno ancora da padrone. Come scrivevamo su queste pagine, più del 60% dei Comuni con oltre 100mila abitanti sta scegliendo la strada smart. Questa percentuale però non ci dice come le città italiane si stiano attivando per attuare politiche volte al risparmio energetico, idrico o a una corretta gestione dei rifiuti. Non bisogna nemmeno rientrare in quel 60% per attuare delle soluzioni urbane che più del paradigma, è il buon senso a dettare. Vediamo quindi a che punto siamo e, è il caso di dirlo, facciamo un po’ di luce.
Luci e ombre eco-compatibili
Ancora lontano l’obiettivo dalla completa dismissione delle illuminazioni ritenute inquinanti previsto a livello europeo: nel 2012 in 39 capoluoghi i lampioni con lampade ai vapori di mercurio o a incandescenza rappresentano ancora più del 20% dei punti luce e 20 tra queste città dovrebbero dimettere le lampade di almeno un lampione su tre. Tra i grandi comuni, solo a Genova sono presenti lampioni fotovoltaici (1‰). La città, insieme a Trieste, Milano e Torino, rientra tra i capoluoghi con quota di punti illuminanti a luce schermata superiore al 50%; a Bari e Cagliari questi rappresentano la totalità dei punti luce e, all’opposto, Venezia, Padova e Verona non dispongono di questa tipologia di illuminazione pubblica. Palermo, Bologna, Catania e Messina dovrebbero sostituire le lampade di almeno un punto luce su due perché del tipo più inquinate, mentre Cagliari le ha già completamente eliminate e Trieste, Verona e Bari sono molto vicine all’obiettivo.
Tuttavia c’è una sensibilità diffusa in merito all’illuminazione stradale: azioni volte al miglioramento dell’efficienza energetica sono applicate in 80 capoluoghi (erano 68 nel 2011) e misure per la riduzione e/o la prevenzione dell’inquinamento luminoso coinvolgono 74 comuni. Crescono i punti illuminanti ( +3%), quelli fotovoltaici (+ 6,3%) e quelli schermati (+3,8%).
Eco management, cresce la pianificazione ambientale condivisa
La progettazione partecipata, il bilancio ambientale(o rapporto ambientale) e il bilancio sociale, possono essere considerati indicatori della trasparenza della gestione socio-ambientale e del coinvolgimento della cittadinanza, nella programmazione e rendicontazione delle politiche. Su questo ambito c’è ancora molto da lavorare, ma cresce il numero dei comuni che si avvale di questi strumenti: forme di progettazione partecipata (che prima del 2011 si rilevano in 59 comuni), risultano applicate in 67 capoluoghi alla fine del 2012; nello stesso periodo la diffusione del bilancio ambientale è passata da 40 a 49 capoluoghi e quella del bilancio sociale da 49 a 56. Piccoli numeri che evidenziano un buon trend. La progettazione partecipata è quella maggiormente diffusa tra i capoluoghi (45 comuni): nel 42,6% del Nord e nel 45,5% del Centro, per diminuire al 31,9% tra i capoluoghi del Mezzogiorno. Il bilancio sociale è stato adottato, invece, in 21 comuni, in poco più di un quarto dei capoluoghi del Nord e in circa il 13% di quelli del Centro e del Mezzogiorno; quello ambientale in 20 comuni con quote omogenee (intorno al 20%) in tutte le ripartizioni. In questo quadro spicca Bologna che applica tutti e tre gli strumenti considerati nella ricerca.
Soluzioni per una gestione eco-sostenibile dei rifiuti
Lungo la strada verso la smart city si incontrano diversi strumenti e attività che i comuni possono utilizzare per incentivare il corretto conferimento dei rifiuti. Non necessariamente soluzioni tecnologiche, consideriamo ad esempio un regolamento per la gestione dei rifiuti urbani, il ritiro su chiamata degli ingombranti, interventi programmati di raccolta dei rifiuti abbandonati, l’utilizzo di stazione ecologica mobile, la presenza di isole ecologiche e la presenza di servizi di raccolta porta a porta. Sono proposte concrete da non sottovalutare per una gestione eco-sostenibile dei rifiuti urbani e le nostre province sembrano averlo capito bene.
Nel 2012 sono 104 i capoluoghi che dispongono di un regolamento per la gestione dei rifiuti urbani, mentre 61 i capoluoghi di provincia che hanno attivato almeno un’agevolazione per le utenze domestiche che effettuano l’autocompostaggio (erano 49 nel 2009) e tra questi 45 le hanno mantenute con continuità. Un incentivo alla raccolta differenziata dell’umido, in questo caso, che piace molto al Nord (57,4%) mentre al Centro e nel Mezzogiorno si preferisce distribuire gratuitamente la compostiera, che istallata nei giardini condominiali o nei parchi trasforma il rifiuto organico in fertilizzante naturale.
Uno dei servizi più diffusi tra i capoluoghi è il ritiro su chiamata dei rifiuti ingombranti, presente nel 2012 in 107 città: nella quasi totalità di quelle del Nord (97,9%), in tutte quelle del Centro e nell’84,4% dei capoluoghi del Mezzogiorno. In 99 capoluoghi è attivo un servizio di "raccolta porta a porta", almeno per parte delle utenze e delle tipologie di rifiuto. Nel 2012 in 104 capoluoghi è presente e funzionante almeno un centro di raccolta (o isola, erano 94 nel 2009) e 34 dispongono di stazioni mobili (in 29 capoluoghi sono attivi entrambi i servizi). Complessivamente nel 2012 nei capoluoghi di provincia sono attive 243 isole ecologiche, con situazioni molto differenziate tra i diversi contesti locali.
C’è infine da rilevare che sono 11 i comuni capoluogo di provincia che hanno raggiunto l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata per la fine del 2012, come indicato dal Decreto 152/2006 art. 205 : ai comuni che avevano già raggiunto il risultato negli anni precedenti si aggiungono Vercelli (67,7), Udine (65,8), Oristano (65,1) e Benevento (65) che centrano l’obiettivo proprio nel 2012.
14 invece i capoluoghi che non raggiungono nel 2012 il 15% di differenziata: 8 dei nove siciliani (solo Ragusa raggiunge il 19,9%, con un incremento di 3,1 punti percentuali rispetto al 2011), i due capoluoghi molisani e Foggia. A Catanzaro, Vibo Valentia, Taranto Siracusa e Messina, la quota di raccolta differenziata è addirittura scesa rispetto all’anno precedente.
Acqua, erogazione fortemente inefficiente
Prosegue la contrazione dei consumi di acqua per uso domestico: da 206 litri/abitante/giorno del 2001 a 172 del 2012. Tuttavia nel nostro Paese la dispersione dal momento dell’immissione nella rete comunale, al momento in cui l’acqua raggiunge l’utente finale è elevata (33,9%). Praticamente dei 403 litri immessi se ne erogano 267. Questa forte dispersione è presente in più del 80% dei Comuni. Ricordiamo che D.P.C.M del 4 Marzo 1996, indica che tali perdite non devono superare il 20%. C’è allora evidentemente una criticità che va affrontata. Inoltre ancora in 14 comuni si ricorre a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile domestico. Soluzioni innovative che monitorino il flusso idrico, potrebbero in questo caso sopperire a quello che è uno spreco di risorse per una città.
Energia, tendenza rinnovabile
Il piano relativo all’uso delle fonti rinnovabili di energia – Pec viene approvato in 49 comuni, tra questi anche Biella, Lecco, Lodi, Mantova, Macerata e Carbonia che non erano tenuti a farlo (la legge n10/1991 infatti obbliga solo i Comuni con popolazione superiore ai 50mila abitanti ad adottare all’interno del proprio Piano regolatore generale, il PEC). Le amministrazioni comunali incrementano la produzione di energia da fonte rinnovabile: la potenza installata per gli impianti fotovoltaici raggiunge i 2,4 kW ogni 1.000 abitanti (+22% rispetto all’anno precedente); per il solare termico, ogni 1.000 abitanti, sono circa 1,3 m2 di pannelli installati sugli edifici comunali (+3,8%). Sono 77 le città che dichiarano di aver installato pannelli solari termici su edifici di proprietà del comune, 6 in più rispetto al 2011. Nel corso dell’ultimo anno hanno fatto ricorso per la prima volta a questa forma di produzione di energia da fonte rinnovabile le amministrazioni di Brescia, Massa, Pescara, Barletta, Lecce e Potenza .
Mobilità, nessuna novità
I mezzi alimentati a benzina e/o gasolio rappresentano ancora circa l’82% del parco veicoli delle nostre amministrazioni. Una tendenza negativa, che segna addirittura un incremento, nonostante si possano rilevare quote superiori alla media. Reggio Emilia con il 53,3% dei mezzi a basso impatto ambientale spicca in questo quadro, dimostrandosi un’eccellenza del territorio.