Conoscere e misurare il Capitale Naturale in Italia

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Il Capitale Naturale è un patrimonio fondamentale che l’uomo utilizza per il proprio benessere. Promuovere una contabilità economico-ambientale consente di misurare il contributo che l’ambiente dà al sistema economico-produttivo e, viceversa, l’impatto che le politiche hanno sull’ambiente. Nel 2° Rapporto 2018, il Comitato per il Capitale Naturale incrementa le conoscenze, approfondisce le metodologie per valutare i servizi ecosistemici e propone importanti raccomandazioni per integrare il Capitale Naturale nei processi economici e decisionali

3 Maggio 2018

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Maria Carmela Giarratano, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

L’Italia è dotata di un’incredibile ricchezza e diversità di ecosistemi. Dai processi naturali di interazione degli asset del Capitale Naturale (CN) all’interno degli ecosistemi si ottengono flussi di Servizi Ecosistemici (SE) come ad esempio la purificazione naturale dell’acqua che beviamo o dell’aria che respiriamo, la formazione di suolo fertile da coltivare, la conservazione della diversità genetica per il cibo e la ricerca medica e industriale, la fauna ittica per nutrirci, le fibre tessili per produrre abiti, i paesaggi, i parchi urbani per passeggiare, la biodiversità degli insetti necessaria all’impollinazione.

Il CN è una dotazione fondamentale offerta dalla natura che l’uomo usa per il proprio benessere.

L’insostenibilità del sistema socio-economico e la mancata valorizzazione delle risorse naturali
Come confermato dalla ricerca scientifica su questi temi, non è possibile avviare percorsi di sostenibilità dei nostri modelli di sviluppo se non manteniamo sani, vitali e resilienti i sistemi naturali dai quali deriviamo e che garantiscono il livello di qualità di vita.
L’uso eccessivo, le pratiche di gestione insostenibili, il cambiamento del suolo o gli effetti del cambiamento climatico sono pressioni antropiche che incidono sul potenziale di offerta di SE da parte degli ecosistemi. Il degrado osservato degli ecosistemi e degli asset naturali è conseguenza stessa anche del non aver esplicitato o di avere sottovalutato il ruolo centrale di tale dotazione pregiudicandone, in alcuni casi, la fruibilità e causando l’insostenibilità dell’attuale sistema socio-economico.
Purtroppo i Sistemi Tradizionali di Contabilità Nazionale (SNA) con cui viene calcolato il PIL, non sono in grado di riportare né lo sfruttamento quantitativo, né il degrado qualitativo dei beni e servizi ambientali, né tutte le possibili tipologie di transazioni di carattere ambientale determinate dalle attività antropiche. Partendo da questo approccio che non produce i risultati voluti è necessario promuovere una contabilità economico-ambientale in modo da misurare il contributo che l’ambiente dà al sistema economico-produttivo e, viceversa, l’impatto che l’economia ha sull’ambiente.

Lo sviluppo di un sistema contabile e statistico organico e completo è sempre più possibile grazie anche allo sviluppo delle indicazioni internazionali.

Quali azioni sono mancate. La valutazione degli effetti delle politiche sul Capitale Naturale

Negli ultimi anni sono stati varati in Italia nuovi provvedimenti normativi che evidenziano la volontà di potenziare le valutazioni delle politiche pubbliche sul Capitale Naturale.

In particolare, la Riforma del Bilancio dello Stato (Legge 163/2016), prevede l’inclusione degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) nel ciclo di programmazione economico-finanziaria, che consente di superare la tradizionale identificazione del benessere con il solo aspetto economico. Gli indicatori BES sono un’importante base conoscitiva anche per la valutazione dello stato del CN in Italia.

In tale contesto, l’inserimento di indicatori BES rappresenta un’opportunità per valutare preventivamente anche l’impatto potenziale delle previsioni della Legge di Bilancio su alcune dimensioni importanti del CN.

Tra le novità normative si ricordano: il nuovo regolamento di riforma dell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e della Verifica di impatto della regolamentazione (VIR), le attività di valutazione dei programmi comunitari e le nuove Linee Guida del MIT per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche.
L’aspetto critico su cui più dobbiamo agire è sicuramente il tempo. Sono passati 50 anni da quando il Club di Roma ha pubblicato il Rapporto sui limiti dello sviluppo. Da allora abbiamo fatto tanti passi avanti importanti. Ma lo sviluppo di modelli sostenibili richiede cambi di paradigmi e l’avvio di processi di trasformazione, dai modelli di produzione, a quelli del consumo e all’educazione.
Per raggiungere gli obiettivi globali tracciati dall’Agenda 2030 e dalla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, il Comitato per il Capitale Naturale propone nel Rapporto 2018 importanti raccomandazioni finalizzate all’integrazione del Capitale Naturale nelle valutazioni e nei sistemi di monitoraggio delle politiche, nelle politiche economiche e nella pianificazione territoriale, per una crescita sostenibile che l’Italia deve perseguire per le generazioni presenti e future.

Quale iniziativa va proseguita e valorizzata. L’attuazione dell’art. 67 della legge n. 221/2015 che consente di valorizzare e proteggere il Capitale Naturale e i Servizi Ecosistemici

Il Rapporto sullo stato del Capitale Naturale in Italia viene elaborato in adempimento del c.d. Collegato ambientale, normativa nella quale è stata disposta l’istituzione di un comitato presieduto dal Ministro dell’Ambiente e composto da 10 Ministri, dall’ANCI, dalla Conferenza delle Regioni, 5 Istituti pubblici di Ricerca e 9 esperti della materia nominati dal Ministero dell’Ambiente.

Dopo il Primo Rapporto, pubblicato lo scorso anno, questa nuova edizione 2018 ha consentito di arricchire il patrimonio di dati sul capitale naturale in Italia nonché di approfondire le metodologie per calcolare il valore fisico e monetario degli ecosistemi e dei servizi ecosistemici anche in considerazione della crescente attenzione riservata a livello internazionale su questi temi. Ampia attenzione è stata dedicata all’impatto dei cambiamenti climatici sulla capacità degli ecosistemi di continuare a garantire Servizi Ecosistemici, anche attraverso focus su alcune criticità ambientali di grande attualità per l’Italia: incendi e siccità.

Sono stati approfonditi alcuni elementi di pressione sugli asset del Capitale Naturale quali il consumo di suolo e la frammentazione degli ecosistemi naturali e semi-naturali, sia su scala nazionale che eco-regionale da cui emergono territori fortemente caratterizzati da alta frammentazione ed artificializzazione del suolo.

La direzione che dobbiamo seguire è quella di rafforzare il più possibile l’integrazione del Capitale Naturale nei processi decisionali di ogni livello, dalla programmazione economica nazionale ai processi decisionali di pianificazione locale. Solo includendo gli effetti negativi e positivi sui servizi ecosistemici saremo in grado di assumere decisioni ottimali e sostenibili per il nostro benessere. Basti pensare ad esempio al consumo del suolo e alla frammentazione degli ecosistemi quali conseguenze stanno generando in termini di dissesto idrogeologico, di erosione e di perdita della biodiversità.

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