Da Lisbona, quando è la comunità che gestisce l’energia
Qualcosa sta cambiando in merito alla gestione delle fonti energetiche. Non parliamo semplicemente di un passaggio alle rinnovabili, ma di come queste fonti vengono gestite da una comunità di utenti. Si volge verso una dimensione micro, dove è la piccola comunità che si occupa della propria fornitura e della distribuzione, consumando tanta energia quanta ne serve fino ad arrivare all’azzeramento dei costi. Di efficientamento energetico parleremo a #SCE2014, nell’attesa scopriamo i nuovi modelli che arrivano dall’Europa.
15 Settembre 2014
Jesse Marsh
Qualcosa sta cambiando in merito alla gestione delle fonti energetiche. Non parliamo semplicemente di un passaggio alle rinnovabili, ma di come queste fonti vengono gestite da una comunità di utenti. Si volge verso una dimensione micro, dove è la piccola comunità che si occupa della propria fornitura e della distribuzione, consumando tanta energia quanta ne serve fino ad arrivare all’azzeramento dei costi. Di efficientamento energetico parleremo a #SCE2014, nell’attesa scopriamo i nuovi modelli che arrivano dall’Europa.
Uno dei problemi principali delle fonti di energia rinnovabile è che non producono energia quando serve, bensì (tranne che per l’energia geotermale o idroelettrica) quando lo dice la natura con il sole, il vento o le onde. Quando l’offerta di energia è superiore alla domanda, l’eccesso prodotto è ancora difficilmente conservabile, nella maggior parte dei casi viene perso. Con una propensione sempre maggiore ad utilizzare fonti rinnovabili, la strategia per ora dominante è quella di immettere questa energia nelle reti a grande diffusione territoriale, così che più grande è il bacino di utenza più probabilità c’è che qualcuno da qualche parte voglia usare l’energia in eccesso; quando manca il vento invece basta accendere un vecchio centrale fossile per colmare il buco.
Questa è in sostanza la logica dietro il cosiddetto Smart Grid, una rete di distribuzione di energia elettrica capace di raccogliere energia non soltanto dalle centrali, ma anche da tanti punti diffusi sul territorio (i panelli solari istallati sui tetti ad esempio), per poi distribuirla a chi ne ha bisogno in quel momento. La rete è smart in quanto ri-disegna i percorsi di distribuzione – bidirezionali oltretutto, come i nuovi contatori Enel – in tempo reale, a seconda di dove si è alzato il vento o dove qualcuno ha acceso la lavatrice.
Finora il passaggio allo Smart Grid ha richiesto investimenti notevoli per sostituire l’intera rete elettrica con una dotata di sofisticati sistemi di gestione e controllo, e la crisi ha iniziato ad arenare i progetti più grandi. Un nuovo movimento invece sta ribaltando la questione, riportando il modello alla scala della comunità e trasferendo la fornitura e gestione di energia agli utenti stessi: il micro-grid. Se l’energia viene prodotta e distribuita localmente, l’immissione di energia dall’esterno serve soltanto quando la produzione non è sufficiente, ma normalmente il bilancio è positivo.
Ma non serviva un grande bacino di utenti per distribuire la domanda di energia? Sì, ma soltanto quando coloro che richiedono energia sono esterni al sistema. Quando sono gli utenti a gestire la rete, è nel loro interesse fare di tutto per far sì che la domanda corrisponda all’offerta. C’è quindi una motivazione più forte ad adottare comportamenti di risparmio energetico, compreso l’uso di sistemi ad esempio che accendano gli elettrodomestici di un condominio in sequenza, o comunque quando l’elettricità viene prodotta non contemporaneamente. Così si riduce al minimo la necessità di ricorre all’acquisto di energia dalla rete tradizionale.
Anche se di entità molto minore dei grandi progetti di Smart Grid, l’acquisto dei componenti di un micro-grid – per non parlare anche di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili – rimane un problema per la maggior parte delle comunità. A questo fine si stanno formando, anche con il supporto della Commissione Europea, delle Energy Cooperatives (cooperative per l’energia) per il finanziamento e la gestione di reti comunitari. A seguito della formazione di un gruppo locale di gestione di energia, i tipici sistemi di crowdfunding permettono a diversi membri della comunità di decidere in autonomia quanto investire. L’investimento iniziale viene gradualmente ripagato con la vendita di elettricità alla rete tradizionale.
Il modello della Energy Cooperative si sta diffondendo in maniera particolare in Belgio, dove trova sede il Ecopower, capofila del progetto UE ResCoop, e in Portogallo con ad esempio Coopernico, la prima impresa sociale a vendere elettricità in quel paese. Infatti, l’esempio forse più interessante di integrazione del modello Micro-grid nelle politiche Smart City si trova a Lisbona. Sul rilievo tridimensionale del tessuto urbano (in particolare la tipologia, superficie ed eventuale inclinazione dei tetti) viene applicato un semplice algoritmo che calcola il potenziale rendimento energetico per ogni unità immobiliare. La mappa viene pubblicata come Open Data, per permettere ai cittadini di valutare la possibilità di costituire una Energy Cooperative, inoltre il Comune ha da poco emanato un decreto che regolarizza l’autoproduzione di energia. Manuel Nina di Alfamicro racconta come questo ha convinto il condominio dove abita – 600 condomini circa – a sviluppare un progetto e lanciare un’iniziativa di crowdfunding per circa € 160.000, dopodiché per lui ed i suoi vicini l’energia sarà gratis.