Fotovoltaico: quando il Comune rema contro

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Le inutili peripezie vissute per tentare l’installazione di un impianto d’energia alternativa: due anni passati a combattere intensamente, per poi perdere una battaglia etica ed ecologica in base a motivazioni inesistenti se non ridicole. Tutto questo mentre nel nostro Paese continuano per fortuna a crescere attenzione e impegno verso tutto il settore, e addirittura Comuni e Province ottengono menzioni speciali per il loro grande impegno. Con tanto di quasi-beffa finale, “territoriale” e personale.

3 Aprile 2012

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Tiziano Marelli

Articolo FPA

Risale a circa due anni fa il mio “incontro ravvicinato” con il fotovoltaico e i problemi connessi alla sua installazione. Fu allora che mia moglie decise di ristrutturare una casa che possedeva in Sabina, in provincia di Roma; a lavori terminati ci saremmo poi trasferiti lì (e da qualche settimana è così). Una delle cose che avevamo ben chiara era quella di puntare sulle energie alternative. Ci informammo subito, e ci volle poco a capire che l’impresa si poteva rivelare titanica. In Comune ci dissero che bisognava parlarne con il tecnico, un architetto che non era presente tutti i giorni; dopo una serie di telefonate per fissare un appuntamento riuscimmo finalmente ad incontrarlo. Era evidente la sua perplessità, anche se non supportata da argomenti convincenti. Che, in ordine sparso, erano più o meno questi: dovrebbero esserci dei vincoli che impediscono lo stravolgimento (?) dei palazzi del centro storico, bisogna chiedere il parere alla Sovrintendenza delle Belle Arti, ma chi ve lo fa fare, cosa diranno gli abitanti del luogo di forestieri che arrivano e subito impiantano qualcosa di inedito (sì, saremmo stati i primi)… e via di questo passo. Comunque, il professionista preposto promise di informarsi e – meglio ancora! – di documentarsi. Da allora, per mesi, le telefonate a lui dirette andarono a vuoto, al massimo furono interlocutorie e a nulla valsero nemmeno alcuni miei appostamenti a mò di staffetta partigiana per avvisare mia moglie del suo arrivo negli uffici comunali e procedere noi con un blitz. Comunque, per noi l’intenzione rimaneva ferma, tanto che contattammo una società “ecologica” specializzata in energie alternative, commissionammo – con tanto di congruo anticipo – uno studio di fallibilità e bloccammo anche il materiale occorrente che “sennò aumenta, con il tempo che passa” (un consiglio extra-argomento: mai fare cose del genere, soprattutto con società che si spacciano alternative, eque e solidali, ma è molto meglio rivolgersi a chi si occupa di business puro e basta e non si traveste da “ecologico” finto; quanto versato allora non lo abbiamo naturalmente mai visto indietro, e probabilmente mai lo vedremo).

Il tempo passava e i consigli a desistere ci arrivavano da sempre più parti. Le ultime due eccezioni sollevate riguardavano il “decoro” del centro che sarebbe così stato “devastato” dai pannelli scuri (abbiamo risposto che in tutto il resto d’Europa una dichiarazione del genere sarebbe stata considerata una bestialità, ma che allora avremmo semmai puntato su tegole fotovoltaiche di ultima generazione, e che comunque le decine di padelle da parabola presenti anche in quella zona un po’ dovunque non avevano sollevato nessuna rivolta popolare), e il fatto che dal vicino castello (vanto e pregio del paese) avrebbero potuto protestare perché la vista, ai clienti che lo frequentano (da qualche anno è diventato un albergo di lusso), sarebbe potuta risultata fastidiosa e avrebbe provocato nel tempo un calo delle presenze e una perdita economica secca per tutta la comunità. Di stupidaggine in stupidaggine del genere, senza che nel frattempo mai l’architetto di cui sopra ci avesse dato conto della sua ricerca di “informazioni” (quali mai fossero queste, a tutt’oggi non ci è dato sapere), gli operai che procedevano alla ristrutturazione arrivarono al tetto: fra impalcatura e rifacimento incombente non c’era molto più tempo a disposizione per rimandare il da farsi, e questo accadde proprio nel periodo che lo scorso Governo stava traccheggiando sull’opportunità o meno di concedere ancora gli incentivi per le energie alternative, e in che quantità. Vista l’urgenza di dover prendere una decisione in poco tempo, a malincuore per non poter concorrere al riequilibrio energetico del Paese (con la “P” maiuscola, inteso come Italia) fummo costretti a rinunciare al progetto, ripiegando sulla “classica” energia elettrica, senza da allora riuscire a liberarci dalla sensazione di aver mancato una grande opportunità, se non anche ad un preciso dovere civico ed etico.

Bene, ho raccontato tutto questo perché da quando ho saputo che il prossimo stangatone governativo in programma a breve, e riferito all’aumento della bolletta della luce (si parla più o meno del 10%!) è in gran parte dovuto al bisogno di sostenere in maniera concreta gli incentivi per chi decide di passare al fotovoltaico e al solare, passo facilmente dalla risata più sfrenata all’incazzato nero tout court. Perché l’equazione facile facile è questa: succederà che contribuirò corposamente al finanziamento di qualcosa che volevo anch’io e non sono riuscito a portare termine “grazie” a chi ha osteggiato fino all’ultimo proprio quel qualcosa che invece il mio Governo vuole a tutti i costi che si espanda il più possibile, com’è giusto e sacrosanto.

Non solo. Proprio in queste ore leggo su Repubblica che secondo “Comuni rinnovabili”, il dossier annuale di Legambiente, grazie a oltre 400 mila impianti distribuiti su tutto il territorio nazionale, la produzione da fonti rinnovabili “nel 2011 ha raggiunto il 26,6% dei consumi elettrici complessivi italiani (eravamo al 23% nel 2010), e il 14% dei consumi energetici finali (eravamo all’8% nel 2000)”. L’articolo spiega anche che “Grazie a un mix di fonti pulite (…), ben 279 Comuni soddisfano una percentuale compresa tra il 50 e il 79% delle loro necessità, 1338 coprono tra il 20 e il 49%, mentre quelli autosufficienti per la sola elettricità sono oltre 2mila. E se (attenzione!, ndc) siete preoccupati per gli impatti sul paesaggio, è il caso di citare anche i 109 municipi dove questo obiettivo è centrato grazie esclusivamente al fotovoltaico installato sui tetti degli edifici”.
Il colmo per quanto mi riguarda è comunque raggiunto quando Legambiente, fra i tanti riconoscimenti da sottolineare cita anche quello andato alla Provincia di Roma per gli impianti fotovoltaici posizionati nelle scuole del territorio. Non eravamo i primi e non saremmo stati gli unici, quindi, a metterne uno da queste parti, ma si vede che ai tecnici della Provincia non sono bastate (se mai ha avuto il coraggio di farle) le fantasiose obiezioni di un altro tecnico – comunale e a mezzo servizio – per evitare di portare a termine un’impresa così doverosa, necessaria e rivolta al domani. Sorrido e basta, stavolta, così mi consolo e penso anch’io a quello che potrà succedere in futuro: magari prima o poi mi vien voglia di rimettere mano alle tegole, senza che nessuno abbia più la forza, la spocchia e l’ardire di metterci anche solo minimamente becco.

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