Industria energetica, perché pensare a una imprenditoria sostenibile

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Le differenti situazioni economiche e politiche esistenti su scala mondiale determineranno uno sfasamento temporale nelle decisioni, che si tradurrà in un allungamento dei tempi di riconversione. E’ giunto il momento di mettere da parte le indecisioni e di avviare in tempi rapidissimi un programma moderno e sostenibile di ripensamento e di rilancio della produzione energetica, che tenga conto delle istanze popolari diffuse. Aspettando FORUM PA Sud una riflessione a firma di uno dei protagonisti del festival

10 Ottobre 2019

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Roberto Vona

Direttore Dipartimento Economia, Management, Istituzioni, Università di Napoli Federico II

Photo by Andreas Gücklhorn on Unsplash - https://unsplash.com/photos/Ilpf2eUPpUE

Lo sviluppo industriale, alimentato dalla spinta dei consumi e dal desiderio di benessere, ha generato progressi innegabili, evidenti ingiustizie sociali e un’insaziabile fame di energia; energia umana, intelligenza tecnica, sapienza manageriale, ma anche in grandissima quantità “semplici” flussi di energia funzionali alla alimentazione delle risorse tecniche, utilizzate dalle aziende per attuare i processi produttivi, dalle famiglie per le esigenze del vivere quotidiano, dalla società più in generale per rendere possibile il proprio cammino verso un mondo migliore. Senza energia non ci sarebbe vita, vita naturale e vita sociale.

Il tema verrà approfondito nel dibattito in programma il 13 novembre a FORUM PA Sud: “Economia circolare: competitività del sistema produttivo e sviluppo sostenibile“.

Il controllo delle fonti energetiche

Ciò detto, è innegabile che l’innalzamento dei fabbisogni energetici provocato dai continui progressi delle economie industrializzate, accompagnati dall’accelerazione esplosiva dei processi di modernizzazione delle società rurali, sospinta dalle logiche della globalizzazione, sia la causa prima delle ricorrenti crisi energetiche che il mondo intero si trova a dovere fronteggiare periodicamente, con effetti certamente potenti sugli equilibri economici e politici internazionali.

Se a questi cambiamenti strutturali si assommano gli effetti di evoluzioni climatiche cicliche o anche più o meno direttamente indotte dallo sviluppo industriale, le catastrofi naturali imprevedibili, le crisi politiche e, non ultimo, le pesanti e violente azioni speculative condotte da sapienti e potenti mani invisibili, si comprende facilmente come la tematica del “controllo” delle fonti energetiche rappresenti un ambito di straordinaria importanza strategica nel più ampio quadro delle politiche di sviluppo globale finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità e dell’equità sociale.

Gli squilibri del mercato

Senza volere approfondire tematiche e problematiche di ben più ampia portata, che sovente sfuggono alla lettura senz’altro parziale di chi è concentrato per ragioni di competenza disciplinare in via prioritaria sulle dimensioni economico-aziendali di tali fenomenologie, può comunque risultare utile una breve riflessione focalizzata sulle problematiche di gestione della efficienza delle risorse energetiche.

Prescindendo dagli effetti contingenti derivanti dal “raffreddamento” dei consumi e dal conseguente temporaneo ridimensionamento della domanda di energia dovuto alla pesante e perdurante crisi finanziaria e industriale delle economie occidentali, che inevitabilmente determina anche un rallentamento dello sviluppo in atto nei Paesi cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), è fin troppo evidente che in situazioni di mercato in cui gli equilibri strutturali si caratterizzano per lo sbilanciamento netto a favore dell’offerta, una benché minima contrazione della disponibilità di prodotto in vendita finisce per causare un innalzamento (industriale o semplicemente speculativo) dei prezzi di acquisto; ciò determina effetti a cascata sui costi di approvvigionamento delle risorse energetiche, a parità di qualità e quantità di materie prime acquistate, trasferiti con velocità e intensità differenti nei prezzi di vendita e via via, globalmente, nei diversi settori produttivi dell’economia utilizzatori di prodotti e servizi che, in misura più o meno rilevante, incorporano questa potente scintilla inflattiva.

Naturalmente, questi effetti reali si possono in parte attenuare con l’intervento di politiche pubbliche sapienti e tempestive, che mirano a introdurre maggiore efficienza nella rete distributiva dell’energia e delle risorse energetiche, ovvero introducendo provvedimenti di contenimento della pressione fiscale (Iva, accise, ecc.) finalizzati a stabilizzare il costo complessivo degli acquisti, sebbene con la conseguenza di sottrarre risorse al bilancio pubblico.

Senza considerare gli effetti delle rivalutazioni monetarie, che attenuano le spinte inflattive, ma che non tutti i Paesi possono controllare direttamente; è questo il caso dei Paesi dell’Unione monetaria europea che, adottando l’Euro come moneta unica, hanno delegato alla Banca Centrale Europea il potere di regolare autonomamente la politica monetaria nazionale, sacrificando la possibilità di azionare singolarmente le potenti leve della svalutazione o del rafforzamento valutario.

Un programma moderno e sostenibile per l’energia

La prospettiva di riuscire ad attenuare il grado di dipendenza dalle risorse energetiche di origine fossile, per natura scarse e in progressivo esaurimento rispetto ai potenziali fabbisogni, nonché inquinanti e costose, che vengono prodotte e distribuite in condizioni di sostanziale monopolio da realtà industriali di dimensione e potere straordinario, rappresenta un’ottima motivazione a sostegno di fonti energetiche alternative, caratterizzate da costi di produzione più contenuti e da barriere all’accesso teoricamente meno stringenti.

Interessante al riguardo l’analisi dei comportamenti e delle decisioni assunte in questi ultimi anni da potenze industriali fortemente impegnate da decenni sul versante della produzione e del consumo di energia nucleare come la Germania che ha annunciato di abbandonare la produzione di energia nucleare, dismettendo le proprie centrali, chiudendo le frontiere agli approvvigionamenti esteri di fonti di origine nucleare, cancellando ogni progetto di sviluppo e di rinnovamento industriale avviato negli ultimi anni in materia di energia nucleare.

Detto ciò, come si può fare a disegnare un futuro conveniente e sostenibile senza nucleare? Come si potranno gestire i fabbisogni energetici attuali e nell’immediato futuro se tutti o quasi tutti i paesi a tradizione nucleare come la Germania imboccheranno (si spera) una strada similare?

E’ evidente che le variegate sensibilità nazionali, nonché le differenti situazioni economiche e politiche esistenti su scala mondiale, determineranno uno sfasamento temporale nelle decisioni, che si tradurrà in un allungamento dei tempi di riconversione; ma in ogni caso è giunto il momento di mettere da parte le indecisioni e di avviare in tempi rapidissimi, ogni Paese senza rinunciare alle sue specificità, evidentemente, un programma moderno, affidabile, razionale e sostenibile di ripensamento e di rilancio della produzione energetica, che tenga conto delle istanze popolari diffuse che rifiutano le opzioni nucleari e che con forza sempre maggiore chiedono energia pulita e rinnovabile.

Ed in questo scenario il nostro Paese potrebbe forse anche trarre vantaggio dalla sua arretratezza sul versante nucleare, per intraprendere con forza e convinzione un cammino originale verso un futuro alimentato da energia verde. La Germania infatti, pagherà questo improvviso e imprevisto cambiamento di rotta con un aumento drastico e immediato dei consumi di fonti energetiche di origine fossile (petrolio, gas ed in particolare carbone, in sostituzione di quelle nucleari), con un inevitabile aumento delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera.

Ma in pratica cosa si potrebbe concretamente fare, da dove potrebbe cominciare una nuova politica economica dell’energia?

Una nuova politica economica dell’energia

Si potrebbe, innanzi tutto, dare un ulteriore impulso al superamento delle posizioni di monopolio detenute da pochi grandi operatori della produzione e distribuzione dell’energia, favorendo una discesa ancor più marcata dei prezzi di mercato a beneficio dell’intera collettività.

Per molti la via maestra da percorrere era e rimane quella dell’investimento massiccio nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili; si è assistito, infatti, ad una crescita, in alcuni casi forse squilibrata, degli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo industriale di tecnologie considerate verdi in quanto nemiche delle emissioni nocive in atmosfera, come il fotovoltaico, il geotermico, l’idroelettrico, il non poco “invadente” ma pulito eolico.

Alcuni Paesi hanno privilegiato soluzioni energetiche incentrate sull’uso di risorse biologiche come i cereali, per ottenere, mediante processi industriali il più possibile meno inquinanti, carburanti per autotrazione cosiddetti ecologici, in quanto capaci di generare a seguito della combustione un minore quantitativo di anidride carbonica; talune di queste scelte, però, hanno sortito l’effetto, anch’esso disdicevole, di attivare la speculazione internazionale sugli scambi di beni destinati all’alimentazione, che ha causato ingenti danni (deforestazioni) e drammatici impoverimenti per le popolazioni abituate a sostenersi in modo quasi esclusivo con alcuni di questi prodotti.

Di grande interesse il percorso intrapreso da coloro che hanno puntato sullo sviluppo delle fonti energetiche prodotte mediante la fermentazione delle biomasse ottenute dai residui della lavorazione della canna e della barbabietola da zucchero, ovvero dalla cellulosa contenuta negli scarti dell’industria della carta e del legno; così come, non meno promettenti e meritevoli di attenzione e sostegno istituzionale si presentano le innovazioni tecnologiche e gli investimenti industriali che hanno costruito il proprio sviluppo sulla capacità di “estrarre” energia dal trattamento biologico della frazione organica dei rifiuti solidi urbani differenziati.

Ciò detto, gli esperti del settore sembrano convergere unanimi verso convinzioni che vedono come assolutamente prioritario, oltre al potenziamento degli investimenti nella produzione di fonti energetiche alternative a quelle fossili e nucleari, un altrettanto imponente e determinato programma di ricerca e sviluppo finalizzato a creare innovazioni idonee a ridurre drasticamente il fabbisogno energetico strutturale di determinate fonti di energia a parità di “lavorazioni” e prestazioni effettuate, mediante l’applicazione diffusa di soluzioni e materiali via via sempre più efficienti e a basso consumo di risorse, accompagnata di pari passo da un rafforzamento della cultura della sobrietà e della coscienza ecologica del rispetto della natura.

Conclusioni

Da ognuno di questi interventi, dosato sapientemente e calibrato rispetto alle proprie capacità economiche e scientifiche, i diversi governi del Pianeta potranno ricavare preziosi miglioramenti nella gestione dell’annosa emergenza energetica, con impagabili benefici per la qualità della vita delle future generazioni, alleggerita dalle devastanti pressioni politiche e finanziarie derivanti dalla scarsità delle fonti energetiche di origine fossile e dalla terribile minaccia dell’apocalisse climatica.

Naturalmente alla base di tutto questo forse troppo ottimistico scenario di cambiamento c’è una risorsa rara e preziosa, la conoscenza; solo incentivando la produzione e la diffusione ampia di nuova conoscenza combinate con la sperimentazione di nuove forme di sostegno al consolidamento e al trasferimento di saperi creativi e allo sviluppo delle opportunità imprenditoriali ad essi correlate, potremo sperare con fiducia in un futuro migliore.


Festival della coesione per la sostenibilità

FORUM PA SUD

Festival dedicato allo sviluppo del Mezzogiorno

Napoli, 13 – 14 Novembre 2019

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