Le sfide del settore energetico per un futuro più sostenibile
La visione e i progetti di Eni: intervenire sul mix energetico, lavorare sulla gestione dei rifiuti, investire in ricerca e sviluppo
9 Maggio 2019
ENI
Redazione FPA
La sfida che il settore energetico si trova di fronte è duplice: soddisfare i fabbisogni energetici di una popolazione in crescita, riducendo al contempo le emissioni immesse in atmosfera per evitare danni irreversibili all’ambiente.
Da un lato c’è un limite di emissioni, il cosiddetto carbon budget, pari a 2.900 Gton, limite oltre il quale si rischia un innalzamento della temperatura terrestre oltre ai 2°C con conseguenti impatti ambientali, e di cui oggi abbiamo già esaurito circa il 70%; dall’altro lato la popolazione mondiale nei prossimi due decenni è destinata a crescere di circa 2 miliardi di persone, con un aumento concentrato prevalentemente in Africa e Asia, e la domanda energetica è prevista aumentare del 30% al 2040, principalmente guidata dai Paesi non-OECD.
Per poter rispondere a queste sfide nel breve termine la soluzione più efficace è quella di intervenire sul mix energetico. Questo non vuol dire fare leva sulle sole fonti rinnovabili, che oggi presentano ancora diversi limiti, fra cui l’intermittenza, il basso fattore di utilizzo, lo spazio disponibile per la loro installazione e il misfit geografico (limiti che hanno fatto sì che, per esempio, nonostante i grandi investimenti fatti per favorirne lo sviluppo, oggi eolico e solare, a livello mondiale, rappresentino solo il 2% del mix energetico). Ma vuol dire favorire l’utilizzo del gas, una fonte largamente disponibile e con un minor impatto ambientale rispetto al carbone. Carbone che oggi produce ancora circa il 45% delle emissioni di CO2 del settore energetico e il 72% delle emissioni da generazione elettrica. In assenza di un salto tecnologico, oggi non possiamo prescindere dal gas, il miglior partner delle rinnovabili nel percorso di transizione energetica.
Un tema strettamente interconnesso alle emissioni è poi quello dei rifiuti. Un’errata gestione dei rifiuti ha infatti importanti impatti, non solo in termini di inquinamento atmosferico, ma genera anche un problema di gestione del territorio.
Per porsi come parte attiva nel fondamentale percorso di transizione energetica che siamo chiamati a percorrere, Eni ha deciso di investire nella costruzione di un modello che punti all’efficienza, non solo industriale ed economica ma anche ambientale. Un modello che, attraverso lo sviluppo di tecnologie innovative e la ricerca scientifica, favorisca il ricorso alle fonti più pulite, la minimizzazione degli sprechi e la valorizzazione dei rifiuti e dei materiali di scarto. Questo principio di efficienza è stato alla base della trasformazione di business, processi e prodotti che Eni ha portato avanti negli ultimi cinque anni, attraverso la quale abbiamo riconvertito e trasformato i nostri impianti e i nostri terreni dando continuità e valorizzando l’immenso patrimonio di asset e competenze che ha rappresentato la nostra forza in passato.
Come parte integrante della propria strategia, Eni ha definito un percorso di decarbonizzazione che quest’anno si è rafforzato con un nuovo target ancora più sfidante: raggiungere le zero emissioni nette dell’upstream entro il 2030. Questo target verrà raggiunto, da un lato, come introdotto in apertura, con progetti di conservazione delle foreste, dall’altro con importanti interventi mirati ad aumentare l’efficienza al fine di minimizzare le emissioni dirette di CO2 dell’upstream. Entro il 2025, Eni punta a ridurre di circa il 45% l’intensità emissiva delle sue attività upstream, ad annullare il flaring di processo e ridurre dell’80% le emissioni di metano. Altri elementi della strategia di Eni saranno la crescita delle fonti low carbon, con un aumento della quota di gas e biofuel nel nostro portafoglio; un aumento delle fonti a zero emissioni, come il solare, l’eolico e i sistemi ibridi; e un approccio circolare che massimizza l’uso dei rifiuti come feedstock, e che trasforma ed estende la vita utile degli asset.
Nel corso dei quattro anni del nuovo Piano strategico, Eni investirà oltre 950 milioni di euro, più altri 220 milioni in ricerca e sviluppo, per sviluppare soluzioni industriali circolari. E il percorso di Eni nell’ambito dell’economia circolare ha già raggiunto primati e risultati importanti. Per fare alcuni esempi, nel campo della raffinazione, oltre a essere la prima compagnia al mondo ad avere convertito una raffineria tradizionale in bioraffineria (Venezia e presto anche a Gela), Eni è impegnata nel recupero degli oli vegetali usati e di frittura per produrre green diesel a supporto della mobilità sostenibile e sta sviluppando soluzioni tecnologiche che consentono di generare olio microbico da rifiuti di biomassa lignocellulosica (per esempio la paglia di grano o quella del mais). Sempre nell’ottica di spingere la filiera dell’economia circolare, Eni ha poi sviluppato e brevettato la tecnologia waste to fuel, che consente di utilizzare la frazione organica dei rifiuti urbani per produrre energia, trasformandoli tramite un processo di liquefazione in un olio da utilizzare per produrre biocarburante avanzato da impiegare per il trasporto marittimo. Un circolo virtuoso che è stato avviato con un impianto pilota a Gela finalizzato alla realizzazione di impianti industriali presso altri siti italiani di Eni, tra i quali Porto Marghera.
Eni sarà presente a FORUM PA 2019 (Roma, 14-16 maggio)