PA: la rivoluzione energetica non si fa senza le persone, non si fa senza l’energy manager
Ci sono troppe pubbliche amministrazioni che ancora non nominano l’energy manager. Un dato rilevante, perché impatta sul raggiungimento di obiettivi nazionali ed europei sempre più stringenti. Tra questi, quelli fissati dalla direttiva UE 2023/1791, che dovrà essere recepita nel nostro Paese entro ottobre 2025 e che prevede tra l’altro l’estensione a tutte le amministrazioni dell’obbligo (attualmente riferito solo a quelle centrali) del 3% annuo di riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, insieme a un obiettivo di riduzione dei consumi per il settore pubblico dell’1,9% annuo
14 Dicembre 2023
Micaela Ancora
FIRE - Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia
Ascolta l’articolo in podcast
Un quadro aggiornato sugli energy manager in Italia, per valutare l’evoluzione di questa figura professionale sotto i diversi aspetti, far comprendere meglio chi sono questi professionisti ed evidenziare quali sono le potenzialità di tale figura nel panorama energetico. A questa fotografia sta lavorando FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia), che presenterà a breve il suo Rapporto annuale sugli energy manager. Nel frattempo, sul sito dedicato è disponibile il Libro Energy manager nominati nel 2022 da soggetti obbligati e non obbligati: i dati forniti durante la nomina e le indagini condotte saranno la base per il Rapporto, il cui primo obiettivo è fornire un quadro statistico, ma dettagliato, delle nomine. Un quadro che presenta una costante: l’elevato tasso di inadempienza della pubblica amministrazione.
Pochi energy manager nella PA, significa più difficoltà a stare al passo con gli obiettivi nazionali ed UE sempre più stringenti. Tra questi, gli ultimi sono fissati dalla direttiva UE 2023/1791, che dovrà essere recepita nel nostro Paese entro ottobre 2025. Prevede una riduzione al 2030 dei consumi finali di energia dell’11,7% rispetto a ciò che era stato fissato per il 2020. Da notare che il target diventa vincolante a livello comunitario, traducendosi per gli Stati membri in un impegno maggiore per raggiungerlo. E per la Pubblica Amministrazione? È prevista l’estensione dell’obbligo (attualmente riferito solo a quelle centrali) del 3% annuo di riqualificazione energetica del patrimonio pubblico a tutte le amministrazioni, insieme a un obiettivo di riduzione dei consumi per il settore pubblico dell’1,9% annuo.
Sono obiettivi sfidanti. E le rivoluzioni e le transizioni non si fanno senza le persone, senza i professionisti e senza gli energy manager. Probabilmente la ventata di novità portata dalla direttiva UE, assieme al nuovo PNIEC, potrà essere una spinta per incrementare la presenza di energy manager nel pubblico, la cui attività professionale nell’ultimo decennio è andata sempre più ad intrecciarsi con quelle legate alla sostenibilità, in particolar modo dopo la definizione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e l’impulso dei Sustainable Development Goal. La realtà è che non si può più pensare che l’energia sia un aspetto secondario. Con la transizione energetica diventa ancora più un obiettivo centrale e la PA ha un ruolo fondamentale in questo scenario unendo due ruoli: privatistico, perché ha la gestione del proprio parco immobiliare e delle proprie utenze tecniche, e pubblico, perché va a sensibilizzare, pianificare e regolare a livello territoriale, passando per la gestione delle risorse e della povertà energetica.
La PA è inoltre un esempio per tutti. Un sindaco e un’amministrazione che puntano sulla riduzione della spesa energetica dell’ente che gestiscono, correlando azioni di supporto a chi è in povertà energetica, azioni di sensibilizzazione verso la comunità, di educazione, di informazione, aumentando il senso di appartenenza (tipico scopo dell’istituzione delle comunità energetiche), fanno la differenza. Diventano promotori di una cultura della sostenibilità e del risparmio energetico, producono affiatamento fra cittadini e imprese. Ed è proprio l’efficienza energetica, combinata con l’adozione di fonti rinnovabili, ad essere lo strumento principale per ridurre le bollette delle amministrazioni pubbliche (le riduzioni potenziali possono stimarsi fra il 20% e il 40% dei costi energetici di un ente locale). L’uso razionale dell’energia porta, inoltre, con sé un’alta intensità occupazionale perché coinvolge produttori di tecnologie, società di servizi, installatori e manutentori, progettisti e studi tecnici. E l’energy manager? È il collante, il professionista che si interfaccia con uffici, giunte, imprese.
Chiudiamo ricordando che gli energy manager nominati possono essere dipendenti (opzione comune nelle grandi imprese e nei grandi enti) o consulenti esterni (scelta più comune per soggetti di media e piccola dimensione, dove è più difficile trovare in organico persone con le competenze richieste). Negli Enti locali è opportuno che la funzione di energy manager sia riconosciuta attraverso un’apposita delibera di giunta, al fine di garantire un ruolo più trasversale e una maggiore capacità di operare in collaborazione con i diversi assessorati. Negli enti medio-grandi il punto di partenza dovrebbe essere l’individuazione di un dirigente responsabile per l’uso razionale dell’energia, che abbia obiettivi definiti in tal senso e bonus collegati ai risultati raggiunti. Ovviamente l’ideale è un dirigente competente nella gestione dell’energia, ma laddove ciò non fosse possibile l’importante è che sia affiancato da altre figure esperte all’interno dell’organizzazione. Negli enti di piccola dimensione la strada più comune è quella di nominare come energy manager un consulente esterno, che è bene sia un EGE certificato.