Sviluppo sostenibile: tra allarmi globali e criticità italiane, l’Agenda 2030 è a rischio

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Quasi due milioni di famiglie vivono in condizione di povertà assoluta, 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano, male la gestione degli ecosistemi. Passi avanti si registrano sulla digitalizzazione e sulla sanità, anche se continuiamo a investire meno della media europea. Dal Rapporto ASviS 2023 emerge un’Italia che non accelera sullo sviluppo sostenibile, anzi, in molti casi arretra. È necessario un cambio di approccio a tutti i livelli in cui (anche) la PA e gli operatori economici svolgono un ruolo cruciale. In generale, risulta indispensabile l’adozione di un approccio politico-culturale che consideri la sostenibilità il fulcro di ogni scelta effettuata nel Paese, sia pubblica sia privata

26 Ottobre 2023

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Ivan Manzo

Redazione ASviS

Foto di Jilbert Ebrahimi su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/macrophotographie-decran-en-verre-fissure-pVEcNabAg9o

L’Agenda 2030 è in pericolo”, a ricordarlo è stato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, durante l’ultimo SDG Summit di settembre. Parole che sintetizzano bene lo studio dell’Onu, “Progress towards the sustainable development goals: towards a rescue plan for people and planet”, capace di fornire una panoramica sullo stato dell’arte dello sviluppo sostenibile nel mondo. Secondo tale valutazione su 140 dei 169 Target dell’Agenda 2030 (quelli per cui sono disponibili dati affidabili) solo il 12% è sulla buona strada per essere raggiunto. Più della metà, invece, nonostante qualche progresso, sono valutati “moderatamente o gravemente fuori strada”. Circa il 30% dei target, infine, non ha fatto registrare alcun progresso o si trova oggi in una condizione peggiore del 2015.

Il risultato è che di questo passo 575 milioni di persone vivranno ancora in povertà estrema nel 2030 e solo un terzo dei Paesi che hanno sottoscritto l’Agenda 2030 – nella migliore delle ipotesi – raggiungerà l’obiettivo di dimezzare i livelli nazionali di povertà. Desta preoccupazione poi il dato sulla fame nel mondo, tornata oggi ai livelli del 2005, e quello sull’aumento della temperatura globale – siamo oggi a +1,1°C rispetto al periodo preindustriale – trainata dall’incessante uso dei combustibili fossili.

Segnali poco incoraggianti arrivano anche sul divario di genere, al ritmo attuale ci vorranno almeno 286 anni per vivere in un mondo più equo e inclusivo, e sul settore dell’istruzione: gli impatti generati da anni di politiche e investimenti insufficienti hanno fatto sì che entro il 2030 circa 84 milioni di bambini non andranno a scuola, e 300 milioni di bambini (o giovani che frequentano la scuola) non saranno in grado di leggere e scrivere.

Insomma, lo sviluppo sostenibile vive una situazione difficile, esacerbata dalle crisi energetiche e pandemiche, dai drammatici conflitti in Medio Oriente e in Ucraina.

Sviluppo sostenibile: come sta l’Italia

La situazione appena descritta tocca da vicino il nostro Paese, come ricorda l’ottavo Rapporto “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, realizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e pubblicato il 19 ottobre.

Lo studio sottolinea che dal 2015 al 2021 la quota di famiglie in condizione di povertà assoluta è salita dal 6,1% al 7,5% – quasi 2 milioni di famiglie con 1,4 milioni di figli minori vivono oggi nel nostro Paese in condizioni di povertà assoluta -, mentre restano irrisolti i fenomeni dell’abbandono scolastico e della disoccupazione giovanile, rispettivamente all’11,5% e al 23,7%, inoltre 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano.

Si registrano una serie di difficoltà anche sul fronte ambientale dove soffriamo di un’alta percentuale di perdite idriche, pari circa al 42%, e dove solo il 21,7% delle aree terrestri e solo l’11,2% di quelle marine hanno oggi qualche forma di protezione. Lo stato ecologico delle acque superficiali risulta ‘buono’ o ‘superiore’ per il 43% dei fiumi e dei laghi. Non riusciamo, poi, a contrastare i fenomeni del consumo e del degrado del suolo, quest’ultimo per esempio interessa il 17% del territorio nazionale. Anche sul fronte delle emissioni climalteranti le cose non vanno come dovrebbero, basti pensare che attualmente le energie rinnovabili rappresentano il 19,2% del totale energetico del Paese, una quota che non consente di intraprendere il processo di decarbonizzazione su cui ci siamo impegnati.

Passando alla dimensione economica, va ricordato che la ripresa registrata nel biennio 2021-2022 in seguito alla pandemia presenta ora segnali di debolezza. Per l’occupazione, per esempio, risulta evidente che da una parte vi è una crescita, ma dall’altra persiste una forte componente di lavoro irregolare. Bene invece il campo dell’economia circolare, dove sono stati compiuti passi avanti importanti, e il fronte dell’innovazione nonostante vi sia una parte del tessuto industriale che continua a opporre resistenza alla trasformazione digitale ed ecologica.

In generale, va sottolineato che il Paese è vittima di un sistema che alimenta la forbice delle disuguaglianze tra ricchi e poveri. Un elemento che si ripercuote anche sul Goal 3 dell’Agenda 2030 (salute e benessere) che, nonostante registri una riduzione dei comportamenti a rischio (come il consumo di alcol e fumo) e un aumento della speranza di vita unita a una diminuzione della mortalità per malattie non trasmissibili, continua a soffrire di una spesa pubblica inferiore alla media europea.

Nell’ultimo quinquennio, infine, l’Italia ha fatto registrare un’evoluzione senza precedenti nell’ambito dell’identità digitale, soprattutto grazie all’introduzione dello SPID che ha raggiunto 35,5 milioni di utenze (luglio 2023) e rappresenta uno strumento indispensabile per l’accesso ai servizi digitali offerti dalla Pubblica Amministrazione (PA). Parallelamente, sono stati varati diversi interventi legislativi per rendere più trasparente, accessibile ed efficiente il processo di reclutamento nella PA.

Le proposte dell’ASviS

La complessità e l’urgenza di imprimere un’accelerazione alla transizione ecologica rendono necessario un cambio di approccio a tutti i livelli in cui (anche) la PA e gli operatori economici svolgono un ruolo cruciale. Il loro compito è infatti quello di attuare politiche e strategie di produzione e di acquisto, sia di beni sia di servizi, in grado di generare comportamenti virtuosi lungo l’intera catena del valore. In generale, risulta indispensabile l’adozione di un approccio politico-culturale che consideri la sostenibilità il fulcro di ogni scelta effettuata nel Paese, sia pubblica sia privata.

L’ASviS per rendere concreto questo processo di transizione avanza una serie di proposte, alcune anche a “costo zero” o quasi, in linea con le raccomandazioni UE. Di seguito quale esempio.

Lo scorso mese il Governo ha approvato la nuova Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile: si tratta di una misura tanto importante quanto attesa a cui, però, bisogna dare il prima possibile attuazione. Le bozze del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e del Piano Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) devono poi essere finalizzate e utilizzate per guidare un ampio insieme di politiche economiche, sociali e ambientali che vanno sostenute con risorse finanziarie adeguate alla sfida. Sul tema, si avverte inoltre la mancanza di una Legge sul clima già adottata da diversi Paesi europei.

La lotta a tutte le forme di disuguaglianza dovrebbe poi essere un’altra bandiera dell’azione governativa dei prossimi anni: occorre redistribuire il carico fiscale ottimizzando le risorse e l’organizzazione dei servizi sanitari. Al contempo, va aumentata l’occupazione giovanile e femminile combattendo qualsiasi tipo di discriminazione, va accelerato il processo di innovazione tecnologica, organizzativa e sociale, e va promossa la sostenibilità ambientale e sociale all’interno della Pubblica Amministrazione.

Ma la partita dello sviluppo sostenibile non si gioca solo in casa. L’Italia dovrà essere infatti protagonista sia nell’imminente COP28 sul clima di Dubai (dal 30 novembre), assumendo una posizione chiara sulla messa al bando dei combustibili fossili, e sia in occasione del G7 di cui avrà la presidenza nel 2024. Servirà un’Italia propositiva, capace di ricordare in ogni concesso, internazionale e non, che il cambiamento è ancora possibile, è alla nostra portata, ed è sempre più conveniente: non solo dal punto di vista sociale e ambientale ma anche sul piano economico.

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