Le politiche del lavoro: un esempio di riforma strutturale
FORUM PA 2016 ospita l’intervento del
Presidente di Italia Lavoro, Paolo Reboani, in merito al Jobs Act e al nuovo
modello di governance delle politiche del lavoro.
18 Maggio 2016
Paolo Reboani
Il cambiamento dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione in direzione di una maggiore efficacia delle politiche che da essa vengono erogate è una delle riforme strutturali più importanti per portare l’Italia a competere in ambito europeo e in un mondo globalizzato. Lo è sia dal punto di vista del guadagno di produttività e competitività che il Paese deve conseguire, sia per la maturazione verso una democrazia più partecipata e consapevole, che sola può fare evolvere verso una società più giusta.
Su questo si sta esercitando il governo Renzi che ha promosso in questo primo biennio di amministrazione un piano molto ambizioso e vasto di riforme strutturali, la cui attuazione e implementazione devono essere seguite quotidianamente per evitare che le speranze di un cambio di passo non vadano deluse.
In questo quadro si colloca anche il complesso delle riforme del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, la cui implementazione è riuscita in alcune parti mentre ancora fatica ad essere acquisita in altri ambiti, in particolare quello delle politiche attive. Occorre ricordare, anzitutto, che con il Jobs Act il governo Renzi ha proseguito e dato consistenza allo sforzo già intrapreso nel corso del primo decennio di questo secolo per realizzare una riforma strutturale della regolazione del mercato del lavoro, in un’ottica di maggiore semplificazione e di facilitazione nelle transizioni da lavoro a non-lavoro. Allo stesso tempo la Riforma ha sottolineato l’importanza dell’adozione di un sistema di ammortizzatori sociali e di sussidi alla disoccupazione fondati sulla maggiore responsabilità dell’individuo e con l’obiettivo di aiutare effettivamente i processi di ristrutturazione aziendale. La politica di Governo ha inoltre riaffermato l’importanza della formazione e della valorizzazione del capitale umano, agevolando tutti i processi che possono intervenire all’interno delle aziende e contrastando la dispersione scolastica. In sostanza, un rafforzamento delle scelte che erano state delineate nel Libro Bianco sul mercato del lavoro del 2001.
Il disegno di riforma ha egualmente interessato le politiche attive del lavoro, incrociandosi con il progetto di riforma costituzionale, con l’obiettivo di riportare a livello di governo nazionale centrale il controllo degli strumenti fondamentali per l’erogazione delle politiche attive, per costruire un sistema più efficace di erogazione di servizi da parte degli attori del mercato del lavoro, col fine di garantire trasparenza e omogeneità delle regole a tutti e per tutti, pur nel rispetto delle pratiche avviate nelle singole realtà territoriali. Un disegno altrettanto ambizioso, forse ancor di più, perché per la prima volta è stato deciso di creare una Agenzia nazionale per le politiche attive (ANPAL), di consegnare a essa parte delle attività svolte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in materia di occupazione, con l’obiettivo di ristrutturare – almeno parzialmente – il sistema delle agenzie e degli enti che si occupano di politiche attive (Italia Lavoro e Isfol), e di recuperare alcune delle competenze delle Regioni. In definitiva, si è cercato di allineare l’Italia al resto dei Paesi dell’Unione europea, e non solo.
Il risultato della nuova macchina amministrativa, ma direi il nuovo modello di erogazione dei servizi che si delinea, è certamente quello di una maggiore vicinanza ai cittadini – lavoratori o disoccupati che siano – e alle imprese, unitamente alla necessità di una gestione della spesa più attenta ed efficace, capace di promuovere comportamenti attivi sia da parte delle persone sia da parte delle aziende. Quello che voglio sottolineare è che, al di là degli obiettivi in termini di politiche del lavoro che hanno propri strumenti di monitoraggio, una riforma strutturale deve essere valutata attraverso il risultato in termini di erogazione e fruizione di servizi; dunque Il miglioramento delle strutture pubbliche e il recupero di efficacia delle politiche attive per il lavoro deve essere il metro sul quale andremo a valutare la nuova struttura organizzativa.
In quest’ottica sarà fondamentale la capacità di utilizzo delle tecnologie digitali e di interconnessione tra le diverse banche dati per garantire trasparenza, velocità e accessibilità alle informazioni nei processi di ricerca di lavoro; sarà determinante il ruolo dei servizi privati che dovranno agire in complementarietà, ma anche in concorrenza, con i centri per l’impiego per coprire quanta più porzione possibile del territorio nazionale, ma anche soddisfare quante più esigenze possibili delle imprese e delle persone; avranno rilevanza i metodi con cui verranno remunerati agli operatori – sia pubblici sia privati – i servizi forniti: non più un generico “a piè di lista” ma in base ai risultati ottenuti. Tutti indicatori importanti per un’amministrazione moderna e vicina alle esigenze della società e dell’economia.
E’ evidente che il miglioramento dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione consentirà di promuovere politiche attive del lavoro più efficienti e di conseguire risultati significativi per la promozione dell’occupazione. Un tasso di occupazione più alto, un tempo più ridotto per il reinserimento lavorativo, una diminuzione dei sussidi di disoccupazione, il calo della disoccupazione: sono tutti indicatori il cui miglioramento comunque dipenderà dalle condizioni economiche di contesto ancor prima che dalla diversa capacità di incidere della macchina amministrativa. Ma è altrettanto chiaro che senza di essa non si potranno conseguire quegli obiettivi che il governo si è prefissato nell’ambito dell’agenda Europa 2020, che coniugano attenzione all’Amministrazione Pubblica e alla sua efficacia con capacità di nuove politiche del lavoro.
FORUM PA 2016 rappresenta l’occasione per riflettere su tutto questo, per valutare i progressi compiuti, per comprendere le criticità da superare, (che sono ancora molte). I prossimi anni saranno importanti per seguire il processo di implementazione e attuazione di queste riforme e per sapere se, finalmente, potremo riallinearci – anche in questo ambito – con i Paesi europei che oggi ci sopravanzano.
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