Ma dalla crisi usciremo in macchina?
Leggendo le misure anticrisi approvate dal Governo è lecito porsi delle domande che provo a girarvi: siete certi guardando le strade delle nostre città, come sto facendo io dalla mia finestra d’ufficio, che abbiamo bisogno di aumentare/sostituire il nostro parco macchine (e non continuino a raccontarci che abbiamo il parco macchine più vecchio d’Europa senza dirci che abbiamo anche il maggior numero di automobili per abitante) incentivandolo con i pochi soldi a disposizione? Siamo certi che, uscita dalla crisi, l’Italia che vogliamo è questa?
24 Febbraio 2009
Leggendo le misure anticrisi approvate dal Governo è lecito porsi delle domande che provo a girarvi: siete certi guardando le strade delle nostre città, come sto facendo io dalla mia finestra d’ufficio, che abbiamo bisogno di aumentare/sostituire il nostro parco macchine (e non continuino a raccontarci che abbiamo il parco macchine più vecchio d’Europa senza dirci che abbiamo anche il maggior numero di automobili per abitante) incentivandolo con i pochi soldi a disposizione? Siamo certi che, uscita dalla crisi, l’Italia che vogliamo è questa?
Siamo certi (magari chiedetelo a qualche amico inglese o francese o ricordatevi dell’ultima visita in casa loro) che abbiamo bisogno di migliorare la nostra dotazione di mobili o di elettrodomestici?
Qualcuno si ricorda, invece, dei dati dell’eurobarometro che vi ho presentato a fine anno? Del fatto che tutti i Paesi nostri concorrenti hanno più Internet, più larga banda, più servizi online (e li usano ben di più)?
Mi pare che, come non mai, siamo ad un bivio tra un’Italia che vuole a tutti i costi far finta di nulla e tirare a campare con quello che ha sempre fatto e un’Italia digitale che non riesce a nascere. Il dramma è che chi sceglie è sommamente ignorante (avete capito bene, sostengo che è ignorante) e quindi sceglie sulla base del già conosciuto, del consolidato, dei posti di lavoro da salvare, piuttosto che di quelli da creare.
Mi si dirà che anche le industrie automobilistiche degli altri Paesi europei sono aiutate: in parte è così, ma perché allora non confrontate le grandi campagne per portare le reti di nuova generazione che stanno facendo Francia, Spagna, UK, Germania, per non parlare del piano Obama? Noi in Italia possiamo fare tutto? Possiamo permetterci tutte e due le priorità: garantire l’industria matura e scegliere insieme il nuovo?
Se possiamo farlo allora facciamolo; se, come credo, la mole del debito pubblico ce lo impedisce allora, cari miei, hic Rhodus, hic salta: è il tempo delle scelte. E le scelte che vedo non mi piacciono per nulla: all’innovazione toccano le briciole, alla scuola e all’Università manco quelle, agli investimenti per la larga banda e per l’accesso universale alla rete fondi incerti e procrastinati.
Eppure tutti gli esperti conoscono bene e hanno ricordato più volte l’effetto moltiplicatore in PIL e in occupazione degli investimenti in innovazione, in ricerca, in rete, in servizi avanzati. Non ci mancano studi né proposte: potete leggere sul nostro sito una sintesi di quello che hanno detto i capi azienda dei principali operatori di ICT, che abbiamo chiamato a discutere del futuro della rete in un incontro informale con il Presidente della IX commissione della Camera On.le Mario Valducci.
Nonostante questo, quando si parla di incentivi alle imprese l’accesso alla rete non viene neanche nominato, quando si parla di infrastrutture vengono sempre prima le opere di cemento, quando si parla di posti di lavoro vengono sempre prima quelli che già lavorano e non i giovani della nuova economia, che aspettano alla porta.
Ma, statene certi, dalla crisi non si esce in macchina: quelli erano gli anni ’60 ragazzi!