Una riflessione condivisa su un futuro in cui l’intelligenza artificiale non sia una minaccia per l’occupazione umana, ma piuttosto uno strumento per migliorarne la qualità e la produttività, creando nuove opportunità di crescita e benessere per tutti. Ne parliamo con Massimo Alberti, Giornalista specializzato in economia e lavoro Radio Popolare, Barbara De Micheli, Coordinatrice area Giustizia Sociale, Fondazione Giacomo Brodolini, e Sergio Bellucci, Responsabile Accademico Dipartimento Intelligenza Artificiale dell’Università per la Pace dell’ONU
25 Ottobre 2024
Redazione FPA
Come l’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo del lavoro? L’AI rappresenta una minaccia o un’opportunità per l’occupazione umana? A queste domande si è cercato di dare risposta durante il talk “Intelligenza Artificiale: alleata o nemica del lavoro umano?”, in occasione della Maratona FORUM PA per Smart Life Festival 2024, la diretta no-stop che FPA ha dedicato il 16 ottobre allo SML di Modena.
Il dibattito, moderato da Eleonora Bove, Digital Content Strategist di FPA, ha coinvolto diversi esperti del settore, tra cui Massimo Alberti, giornalista specializzato in economia e lavoro presso Radio Popolare, Barbara De Micheli, Coordinatrice dell’area Giustizia Sociale della Fondazione Giacomo Brodolini, e Sergio Bellucci, Responsabile Accademico del Dipartimento Intelligenza Artificiale dell’Università per la Pace dell’ONU.
L’AI come forza di trasformazione del lavoro
È indubbio che l’intelligenza artificiale è una forza trasformativa che sta cambiando profondamente il mondo del lavoro. Fin dalle prime battute dell’incontro, Eleonora Bove ha messo a fuoco la questione che ci coinvolge tutti in questo momento storico: “L’intelligenza artificiale è una minaccia per l’occupazione o un’opportunità per migliorarne la qualità?”. Un quesito tanto attuale quanto scottante, che riflette le preoccupazioni di molti settori riguardo all’automazione e all’eventuale perdita di posti di lavoro.
Barbara De Micheli, che da anni studia le condizioni di lavoro e l’impatto delle nuove tecnologie, ha offerto una panoramica dettagliata su come già da tempo la Gig Economy e il lavoro digitale abbiano già iniziato a modificare il panorama occupazionale.
“Uno dei più grandi problemi è la definizione stessa di chi sono i lavoratori oggi”.
La distinzione tra lavoratori subordinati e autonomi si sta facendo infatti ormai sempre più sfumata. “L’introduzione delle piattaforme digitali ha reso molto più labile il confine tra chi lavora per un datore di lavoro e chi invece è self-employed”, ha proseguito, ricordando anche come molte persone che lavorano per piattaforme come Uber o Deliveroo lo facciano ormai come attività principale e non come lavoro aggiuntivo.
Lavoro digitale e diritti dei lavoratori
La discussione si è poi concentrata sulla questione dei diritti dei lavoratori, in un’epoca in cui l’IA e le piattaforme digitali stanno ristrutturando profondamente le modalità occupazionali. Massimo Alberti ha ricordato come, in Italia, il lavoro non sia più una garanzia di emancipazione sociale:
“Siamo in un paese dove l’aumento della povertà riguarda anche chi lavora”.
Citando una serie di dati recenti, ha spiegato che il problema è amplificato dall’emergere di nuove forme di sfruttamento come il “caporalato digitale”, che replica vecchi schemi di sfruttamento traslandoli nel contesto delle piattaforme digitali.
Alberti ha inoltre criticato la lentezza del legislatore nel rispondere a questi cambiamenti, sottolineando che, mentre i sindacati hanno iniziato a ottenere vittorie legali importanti (citiamo, ad esempio, il riconoscimento dello status di lavoratore dipendente per alcuni rider), la politica non ha ancora regolamentato adeguatamente il settore. Ma le criticità non risparmiano nessun ambito lavorativo. Pensiamo, ad esempio, al diritto alla disconnessione. “È fondamentale”, ha affermato, mettendo in evidenza come il confine tra lavoro e vita privata stia diventando sempre più sottile e labile per tutti.
L’IA e le professioni qualificate
L’intelligenza artificiale non impatta solo sui lavori a basso valore aggiunto, ma sta anche cominciando a trasformare le professioni più qualificate. Valentina Cillo, Professore associato presso l’Università Pegaso, ha spiegato come l’IA stia iniziando a influenzare settori altamente specializzati. “Le imprese che riusciranno ad avere più successo nel futuro sono quelle che sapranno trasformare i dati in informazioni e le informazioni in conoscenza”. L’IA, secondo Cillo, ha il potenziale per migliorare il processo decisionale all’interno delle imprese, ma solo se sarà utilizzata in combinazione con competenze umane come il decision making e la capacità di gestire situazioni impreviste.
Cillo ha anche parlato della crescente integrazione tra settori diversi, come la sanità e i trasporti, che richiederà ai lavoratori di acquisire sia hard skills che soft skills.
“L’AI potrà supportare i lavoratori, ma solo se riusciremo a integrare le competenze tecniche con quelle umane, mantenendo la capacità di prendere decisioni che solo l’uomo può garantire”.
La necessità di una regolamentazione
Un tema ricorrente, emerso durante il talk, è quello della regolamentazione delle nuove tecnologie. Sergio Bellucci, dell’Università per la Pace dell’ONU, ha descritto il contesto attuale come una fase di transizione verso un nuovo modo di produzione, dove il lavoro salariato, così come lo conosciamo, potrebbe non essere più il modello dominante. Questa transizione richiederà un forte intervento politico per evitare che l’intelligenza artificiale amplifichi le disuguaglianze già esistenti. “L’intelligenza artificiale ci apre a un futuro meraviglioso, ma solo se sarà governata adeguatamente”, ha dichiarato Bellucci, aggiungendo poi che senza una regolamentazione adeguata il rischio è quello di aumentare la concentrazione di ricchezza nelle mani di poche, grandi aziende tecnologiche, a discapito di milioni di lavoratori.
Un altro tema sollevato da Bellucci è stato quello del lavoro implicito, ovvero il lavoro non riconosciuto che milioni di persone svolgono ogni giorno producendo dati per le grandi piattaforme digitali. “La produzione dei dati non è neutra, è lavoro vero e proprio”, ha ricordato, sottolineando che la mancanza di riconoscimento di questa attività contribuisce a una distribuzione iniqua della ricchezza.
Verso un nuovo welfare per un mondo automatizzato
Uno degli argomenti più interessanti sollevati durante il talk è stata la questione del reddito universale. Con l’aumento dell’automazione e la riduzione della domanda di lavoro umano in alcuni settori, si fa sempre più strada l’idea che, in futuro, sarà necessario introdurre forme di reddito universale per garantire a tutti un livello minimo di sussistenza. Sergio Bellucci ha ipotizzato che il reddito universale potrebbe essere una risposta a una società in cui il lavoro salariato diventa sempre più marginale.
“Sam Altman, uno dei principali sviluppatori di intelligenza artificiale, ha parlato della necessità di un reddito universale proprio per affrontare l’impatto di queste tecnologie”.
Anche i leader tecnologici, dunque, stanno iniziando a riconoscere l’impatto sociale dell’automazione. Tuttavia, Bellucci ha anche sollevato una questione non trascurabile: se il reddito universale sarà offerto dalle stesse grandi aziende tecnologiche che traggono profitto dall’IA, il rischio è quello di creare una situazione di dipendenza economica. “L’intelligenza artificiale è una tecnologia meravigliosa, ma dobbiamo assicurarci che venga utilizzata per migliorare la qualità della vita e non per rafforzare le disuguaglianze esistenti”, ha concluso.
Il potenziale creativo dell’AI
L’intelligenza artificiale ha il potenziale per stimolare la creatività umana. Barbara De Micheli ha tenuto a sottolineare come, se utilizzata in modo corretto, l’IA possa liberare i lavoratori da compiti ripetitivi, consentendo loro di concentrarsi su attività a maggior valore aggiunto. Tuttavia, ha anche avvertito che, per sfruttare appieno questo potenziale, è necessario che ci sia una maggiore alfabetizzazione digitale. “Abbiamo bisogno di una consapevolezza più profonda di cosa possa fare l’IA e di come funzioni”, ha affermato, facendo un paragone tanto semplice quanto efficace tra l’introduzione delle automobili e l’uso attuale dell’intelligenza artificiale: “Quando abbiamo iniziato a guidare, abbiamo dovuto imparare le regole della strada. Allo stesso modo, dobbiamo imparare a usare l’intelligenza artificiale in modo responsabile”.
Conclusioni
In conclusione l’intelligenza artificiale può rappresentare sia una minaccia che un’opportunità per il mondo del lavoro. Da un lato, vi è il rischio che l’automazione e l’uso crescente dell’IA amplifichino le disuguaglianze, concentrando la ricchezza nelle mani di poche aziende tecnologiche. Dall’altro lato, l’IA ha senza dubbio il potenziale per migliorare la produttività, stimolare la creatività umana e liberare i lavoratori da compiti ripetitivi.
Come ha osservato Massimo Alberti, è essenziale che la politica e le istituzioni intervengano per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale, garantendo che i benefici siano distribuiti in modo equo. Il dibattito, per quanto acceso, è ancora solo all’inizio, per discutere su come trasformare le sfide in corso in nuove e preziose opportunità di sviluppo per tutti.