App Hour, la formazione diventa conviviale

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Il progetto App Hour mette insieme in modo virtuoso l’esperienza di fare rete tra scuole per uno scopo comune e condiviso, l’attenzione alla didattica innovativa attraverso l’uso di applicazioni digitali, la valorizzazione del ruolo degli Animatori digitali in una logica di formazione tra pari per una diffusione capillare dell’azione formativa sul territorio dei Castelli romani

10 Novembre 2016

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Ezia Palmeri, Dirigente scolastica, Liceo Scientifico “Vito Volterra”, Ciampino

Il Piano Nazionale Scuola Digitale, nel descrivere sinteticamente lo stato della scuola digitale, alla voce Formazione docenti si rifà all’indagine Talis dell’Ocse i cui risultati sono riportati nella pubblicazione Education at a glance del 2014: “I dati dell’indagine OCSE TALIS 2013 vedono l’Italia al primo posto per necessità di formazione ICT dei propri docenti: almeno il 36% ha infatti dichiarato di non essere sufficientemente preparato per la didattica digitale, a fronte di una media del 17%. L’Italia è inoltre il primo Paese dell’OCSE, con distanza rispetto agli altri, per percentuale di docenti oltre i 50 anni – il 62%, rispetto a una media OCSE del 35% nella scuola secondaria”. Tali dati descrivono perfettamente anche il contesto delle scuole dei Castelli romani.

Lo stimolo ad investire in un disegno organico di innovazione che comprenda gli ambienti di apprendimento, la didattica, le metodologie ed ovviamente la formazione dei docenti, ha condotto gli animatori digitali del Liceo Foscolo di Albano, del Joice di Ariccia, del Vailati e del Pertini di Genzano, del Touschek di Grottaferrata e del Volterra di Ciampino, a cogliere l’opportunità data dal corso di formazione per Animatori digitali di mettersi alla prova, di sperimentare sul campo e far sperimentare ai colleghi delle loro scuole, le proprie capacità di innovazione.

Il progetto App Hour parte dall’esigenza di realizzare all’interno del corpo docente dei sei istituti di scuola secondaria superiore, riunitisi nella rete di scopo denominata Castelli in rete, l’azione #25 del PNSD ( Formazione in servizio per l’innovazione didattica ). Le scuole coinvolte appartengono agli ambiti territoriali 14 e 15 della provincia di Roma (area comunemente denominata dei Castelli Romani), con una popolazione scolastica di circa 6000 alunni ed un corpo docente che, mediamente, è costituito per quasi il 45% da personale al di sopra dei 55 anni di età. Quest’ultimo dato appare interessante, perché, salvo le dovute eccezioni, l’avanzare nella carriera dell’insegnante spesso coincide con una minore disponibilità a rivedere il proprio modo di fare didattica (con tutto quello anche che ne consegue in termini di ostilità e pregiudizi verso l’utilizzo delle nuove tecnologie in classe).

Il progetto App Hour: una formazione conviviale ed itinerante

La rivoluzione rappresentata dal digitale nelle nostre vite, ma soprattutto nel campo dell’ educational technology è indiscutibile.

Una scuola, nel voler assolvere al suo compito primario, non può non tener in conto che lo studente del XXI secolo vive in una sorta di ecosistema digitale, indipendentemente dalla scuola: dal pc al cellulare, dai più moderni elettrodomestici all’ultimo modello di smartwatch, infatti, non esiste contesto in cui la relazione tra l’uomo e l’ambiente non sia mediata da uno strumento digitale.

Partendo da questa premessa, App Hour vuole appunto fornire all’insegnante di oggi gli strumenti necessari ad inserirsi pienamente in questo contesto, in modo che egli sappia utilizzare le nuove tecnologie nella didattica, conferendo ad esse un valore pedagogico. Il raggiungimento di questo obiettivo appare assolutamente prioritario, viste le conclusioni cui è giunto l’ultimo rapporto OCSE dell’ottobre 2015 “Studenti, computer e apprendimento”, denunciando il mancato sviluppo di una pedagogia che sappia integrare al meglio le TIC (Tecnologie per l’informazione e comunicazione) nella didattica. Nello stesso tempo, questa proposta di formazione ha come suo altro obiettivo prioritario quello di diffondere all’interno del corpo docente degli istituti aderenti alla rete, le buone pratiche già esistenti nell’ambito territoriale di riferimento. Tutto questo attraverso la promozione tra i docenti di forme di educazione tra pari ( peer learning ), nella convinzione che il vero cambiamento nel mondo dell’educazione debba necessariamente avvenire attraverso il coinvolgimento di chi la scuola la fa tutti i giorni. Difatti, il ruolo di formatore in questi incontri viene ricoperto dagli animatori digitali delle scuole coinvolte e/o da docenti esperti del territorio. Con il perseguire questi fini, inoltre, si riduce quella distanza spesso evidente tra studenti e docenti nell’uso delle cosiddette TIC, mostrando il valore aggiunto che ciascun docente può dare nell’indirizzo delle nuove generazioni verso un uso consapevole e proficuo degli strumenti digitali. L’oggetto della formazione sono dunque quegli strumenti che, in un modo o nell’altro, “costringono” la didattica a ripensare i suoi spazi e i suoi tempi, pur nella convinzione che la tecnologia senza il “fattore umano” non crea innovazione. I nostri animatori digitali vogliono così aiutare i loro colleghi a sfruttare le potenzialità di applicazioni quali Google Drive (per la condivisione di contenuti digitali), Google Moduli (per creare test, quiz e sondaggi), Google Presentazioni (per la presentazione di contenuti multimediali sfruttando le potenzialità BYOD dell’applicazione), ScreenCast-O-Matic (per la creazione di video lezioni secondo la logica della didattica capovolta), EdPuzzle (per la creazione di video interattivi), Weebly (per costruire un sito personale e/o blog didattico).

Gli incontri di formazione nascono mutuando una metodologia già sperimentata con successo in altri contesti territoriali (cfr. Bassano del Grappa-Asiago ). Si tratta precisamente dei caffè digitali: incontri di natura laboratoriale, in un clima conviviale e collaborativo tra docenti, per diffondere buone pratiche di didattica davanti ad una tazza di caffè. In ciascuno di questi incontri è presente un relatore, il quale conduce un workshop su tematiche legate alla didattica digitale, davanti ad un uditorio disposto in un setting d’aula non formale (con sedie e tavolini disposti in stile bar) e fornito di propri dispositivi mobili (secondo la logica del BYOD). L’esistenza di una rete di scuole a supporto consente di scegliere a turnazione una sede diversa per ciascun incontro, portando in tal modo docenti dello stesso territorio, ma non appartenenti alla stessa istituzione scolastica, a fare conoscenza reciproca, anche degli ambienti di apprendimento delle diverse realtà scolastiche. Rispetto a questo modello di formazione, però, App-Hour prevede l’aggiunta di un secondo momento, il quale mira a ridurre il rischio che l’incontro di formazione si riduca ad un appuntamento sì stimolante, ma senza la possibilità per il docente che partecipa di una messa in atto immediata di quanto appreso. Così, si è pensato di aggiungere alla prima fase del workshop un momento laboratoriale, in cui il partecipante possa immediatamente prendere confidenza con l’applicazione didattica presentata durante l’incontro. Secondo l’ottica del blended learning, inoltre, il docente sarà invitato a progettare una lezione con l’ausilio delle nuove tecnologie didattiche, trovando all’interno del sito sites.google.com/site/retecastelli e della classe virtuale creata appositamente sul social didattico Edmodo sia l’assistenza online del relatore del workshop sia materiali su cui approfondire il tema dell’incontro (videotutorial, articoli di approfondimento ecc.). La partecipazione a questi incontri avviene in maniera abbastanza semplice: gli istituti della rete, attraverso i propri canali di comunicazione (circolari interne, sito web ecc.) pubblicizzano gli incontri e i docenti interessati si prenotano attraverso il sito apposito del progetto. Il numero massimo di partecipanti previsto, vista la natura laboratoriale degli incontri, è di 30 persone. Gli animatori digitali (con i loro team d’istituto) partecipano agli incontri stessi, affiancando il relatore nella conduzione del suo laboratorio.

In conclusione, una proposta di formazione nata dal basso, ma con il supporto ideale e operativo di un modello di riferimento (quale quello del PNSD) importante per indirizzare le energie di quella parte del personale scolastico che crede fermamente nel proprio ruolo all’interno della realtà complessa e difficile della scuola italiana.

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