Bene il Piano Scuola Digitale: il cambiamento è della didattica non della tecnologia
11 Novembre 2015
Dianora Bardi, ImparaDigitale
Sto leggendo con molto interesse i vari commenti al PNSD varato dal ministro Giannini il 27 ottobre. Soprattutto nella rete.
I giudizi sono mediamente molto buoni, si enfatizza la positività della concretezza delle azioni presenti nel documento; su un solo punto, che mi ha visto coinvolta in prima persona, appaiono perplessità: la formazione. Ho avuto il grande piacere di partecipare al tavolo del Ministero per l’elaborazione di questo piano e ho cercato di dare contributi proprio su questa tematica che sento particolarmente vicina, considerata l’attività che io svolgo insieme ai formatori di ImparaDigitale ormai da anni in tutta Italia. Non posso dire di essere delusa da quanto scritto nel documento, anzi sono rimasta molto piacevolmente colpita dalla sintesi finale.
E’ evidente che il focus sia il cambiamento della didattica e non solo le competenze digitali che i docenti devono/possono acquisire a diversi livelli, con diversi scopi. Una anziana docente di latino come me probabilmente potrà opporre resistenza, forse non vorrà neppure avvicinarsi… ma anche la giovane maestra che si trova a dover insegnare coding e non ha mai avuto la possibilità di confrontarsi adeguatamente con le ICT potrebbe avere delle reazioni non certo positive. Ancor più se si sostiene che si deve cambiare metodologia didattica e si attribuisce la responsabilità della richiesta di cambiamento alla digitalizzazione della scuola…
Cambiare? A causa delle tecnologie? Basta rifiutarle e rimanere ancorati ai vecchi ma sani metodi, una bella lezione frontale che nei decenni ha sempre dato risultati positivi.
Credo
che gran parte di queste reazioni siano indotte anche da un grave
errore di comunicazione.
La tecnologia certo c’entra, ma il cambiamento deve avvenire indipendentemente dal suo inserimento nelle classi. Ma perché? Questa è la domanda che gran parte dei docenti si pone…
Le risposte per molti sono ovvie e scontate, perché è mutata la società, il modo di comunicare dei nostri ragazzi, perché la tecnologia c’è, esiste, non è più in discussione e nessuno la può mettere più in dubbio ma… perché in classe? Perché si chiede di cambiare la didattica? Perché si devono abbandonare i nostri cari libri di carta e soprattutto: cosa vuol dire scendere dalla cattedra (così rassicurante) e porsi a lavorare con e per i ragazzi rendendoli protagonisti del proprio percorso di apprendimento? Cosa vogliono dire queste parole che ovunque nella rete, nei testi, nelle conferenze, nei corsi vengono ripetute come messaggi terrorizzanti per il docente che da 40 anni insegna nella stessa identica maniera con risultati dal suo punto di vista eccellenti?
Il Ministero dà risposte concrete con il suo PNSD, ottimo lavoro, ma il docente non capisce, non è ancora pronto e penso che passerà ancora tempo prima che ci si metta in movimento verso l’effettivo cambiamento. Il problema sono i fondi che stanno già arrivando: ed ecco che le aule aumentate diventano aule con la LIM e la rete, oppure con un PC e un proiettore e tutti saranno molto contenti perché finalmente si potrà compilare il famigerato registro elettronico direttamente dalla classe.. Vedremo molti laboratori di informatica e poco si capirà di come veramente si dovranno cambiare i setting d’aula. Anzi meno si cambieranno, meno si metterà in discussione il ruolo del docente. Ci si affiderà a qualche azienda che darà banchi un po’ colorati, tavoli che contengono pc, si seguirà un po’ la moda, si riprodurranno aule come quelle che si vedono nelle immagini delle scuole definite più all’avanguardia e improvvisamente si sarà convinti che basterà tutto questo per sentirsi sicuramente innovativi.
Ci si recherà nelle aule 3.0, si metteranno i ragazzi seduti in cerchio intorno a tavoli ad isole, si avranno a disposizione ben 3 LIM e… miracolosamente la lezione, pur sempre frontale, assumerà un altro sapore perché si permetterà ai ragazzi di fare qualche ricerca, di navigare, sotto controllo ferreo dei docenti, un po’ in internet, si discuterà su un video trovato in Youtube, si apriranno gli ebook. Ma questa non è innovazione, il PNSD ce lo dice, bisogna saperlo leggere, con attenzione, comprendere cosa vuol dire far acquisire competenze digitali per raggiungere le meta-competenze, cosa significa veramente cambiare metodologia didattica, cosa comporta la trasversalità, la collaborazione e la condivisione nella rete. Il sapere collettivo e connettivo, il profondo cambiamento del ruolo del docente e soprattutto perché bisogna guardare la scuola con gli occhi dei ragazzi ascoltandoli e rendendoli partecipi anche della nostra progettazione. Intanto iniziamo il nostro percorso di aggiornamento andando a leggere il report del WEF.
Da qui si potrà incominciare a comprendere come fare per rendere la nostra scuola veramente nuova. Abbandoniamo l’idea che il digitale sostituisca il tradizionale e che i libri di carta non debbano più esistere, anzi teniamoceli ben stretti, certo integrati da fonti digitali validate scientificamente.
Ben altri sono i percorsi, ben più profondo e pedagogicamente complesso il cambiamento. Sarà soprattutto grazie agli “innovatori digitali” che per anni hanno sperimentato, provato, documentato, riflettuto, discusso, creando comunque una interessantissima letteratura che la scuola ce la farà…e anche grazie al nostro nuovo PNSD.