Come evitare i vecchi errori nella formazione di animatori digitali e dirigenti scolastici

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Il PNSD ha molti meriti e il principale di questi è l’essere un piano di sistema. La fretta con cui sono però state avviate le azioni di formazione e la mancanza di linee guida ministeriali rischiano però di rovinare gli intenti migliori del Piano. Ecco alcuni suggerimenti

12 Maggio 2016

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Alessandra Rucci, dirigente scolastico IIS Savoia Benincasa di Ancona

La lettura dell’articolo di Giovanni Biondi, di cui condivido le perplessità e i timori, mi ha fornito lo spunto per esprimere una riflessione che ho maturato già da un po’.

Indubbiamente il Piano Nazionale Scuola Digitale ha molti meriti rispetto alle azioni di digitalizzazione della scuola intraprese in passato e il principale di questi è senza dubbio il fatto di essere un piano di sistema, che prevede una serie di azioni coerenti, inquadrate in una cornice pedagogica di riferimento che aiuta a dare un senso a tutto e funge da bussola al cammino che ciascuna scuola dovrà percorrere. Il passato ha dimostrato con chiarezza che senza azioni di sistema si rischia di complicare ulteriormente una situazione già in sofferenza. Il frutto dei percorsi precedenti, condotti in ordine sparso, è purtroppo un panorama assai disomogeneo, che risente in parte di azioni ministeriali di cui hanno beneficiato in modo molto consistente un numero bassissimo di scuole (Azioni Scuol@ 2.0), in parte di sensibilità politiche territoriali che hanno dato una spinta notevole almeno all’introduzione delle macchine (Generazione Web Lombardia), in parte di innovatori naturali che, attraverso uno studio attento, una radicata sensibilità culturale e una buona dose di tenacia, hanno provato, con esiti a volte anche notevoli, a cambiare la scuola (Avanguardie Educative, Impara Digitale).

Nel Piano Nazionale Scuola Digitale l’orizzonte c’è, ed è mostrato con chiarezza, ma non per questo le scuole possono essere lasciate sole: non tutti i Dirigenti Scolastici, non tutte le comunità professionali hanno maturato la sensibilità necessaria per comprenderlo, una sensibilità che ha bisogno di tempi distesi, di azioni convinte e sistematiche, di essere digerita e di entrare nella quotidianità.

Le macchine da sole non cambiano nulla, lo sappiamo bene. La tecnologia da sola non cambia la didattica, ma è solo un fattore abilitante, indubbiamente molto potente, per mettere in atto l’apprendimento attivo e per competenze. E’ per questo che servono le persone, la loro sensibilità, serve un expertise professionale maturo e critico, che sappia portare in luce i vantaggi del digitale per la didattica che serve alla generazione del XXI secolo.

Le azioni formative previste dal PNSD puntano sulla competenza delle risorse umane e sono per questo un’opportunità preziosa che non possiamo permetterci di sciupare. La fretta con cui sono state avviate e la mancanza di linee guida ministeriali rischiano però di rovinare gli intenti migliori del Piano e se si perderà la partita in questo settore strategico, a poco purtroppo saranno serviti gli investimenti sulle risorse materiali, ambienti e tecnologie.

Non dobbiamo ripetere, con le azioni formative ancora da realizzare, gli errori commessi in passato, ad esempio con la formazione realizzata a valere sul D.M. 821/13. Questa ha sofferto di almeno due importanti criticità: un format molto rigido ma centrato pochissimo sulla didattica e prevalentemente sulle tecnologie, la necessità per i poli formativi di avvalersi di albi di formatori esclusivamente territoriali, basati su autodichiarazioni e non sui curricola, impedendo di fatto di avvalersi di formatori di competenze riconosciute a livello nazionale che avrebbero conferito un diverso spessore alle azioni. Nulla in contrario rispetto alla possibilità di impiegare i docenti innovatori nelle azioni formative, sicuramente vi è il pregio di un taglio fortemente operativo, con ricadute pratiche sulle classi, ma deve esservi parimenti la certezza che le azioni proposte poggino su robuste basi didattiche e su una progettualità coerente con un determinato paradigma pedagogico, altrimenti si rischia di scadere in una fiera delle apps e dei software, come purtroppo è spesso accaduto.

Oggi siamo di fronte ad un’opportunità preziosa; l’azione che ha portato un animatore digitale in ogni scuola potrebbe davvero essere l’impalcatura solida sulla quale costruire una digitalizzazione significativa, nel senso di portare aiuto vero alla didattica e spostarla dall’orizzonte trasmissivo. Ma chi sono gli Animatori Digitali, come li stiamo formando e soprattutto, cosa ne sarà di loro dopo la formazione? Gli Animatori Digitali italiani rappresentano una categoria molto eterogenea. Basta visitare il gruppo Facebook nazionale che ne riunisce una gran parte per accorgersi che sono spesso accomunati da ottime intenzioni, notevole motivazione, ma sono molto diversi fra loro per competenze e formazione. Le azioni formative che li riguardano devono pertanto puntare a costruire quelle solide basi didattiche e quelle competenze progettuali coerenti con il paradigma pedagogico di cui abbiamo già detto. A poco servono le competenze tecnologiche, che questi docenti possiedono già per la maggior parte; ciò che serve è formarli come agenti di cambiamento, costruendo in loro una grande motivazione, allargando i loro orizzonti di riferimento con studi di caso di realtà all’avanguardia nel panorama europeo e mondiale (ma basterebbe l’Europa in cui abbiamo esempi di eccellenza da vendere) e soprattutto far sì che la formazione non resti un episodio isolato, una formalità da espletare, ma crei in sostanza le basi per la costruzione di una community territoriale che agisca come un’avanguardia con grande forza propulsiva.

E’ questa la via che abbiamo scelto nel polo formativo delle Marche e che speriamo possa essere realizzata appieno. Una comunità formata da innovatori naturali, che costruisca le sue pratiche innestandole su una progettualità coerente, che si sostenga nella motivazione e nella soluzione di problemi, che abbia in un sito istituzionale la propria vetrina in cui raccogliere e mostrare i prodotti della didattica innovativa che si realizza nelle loro scuole e soprattutto che possa fornire aiuto pratico alle scuole attraverso la messa a servizio e lo scambio delle diverse competenze, che sono davvero tante e variegate. La comunità degli Animatori Digitali avrà il compito di organizzare eventi culturali, con il sostegno di ciascuna scuola, eventi formativi interni che vedranno impegnati i diversi Animatori in base alle loro competenze e di elaborare progetti. La nostra comunità, nella sua articolazione provinciale di Ancona, ne ha già due in cantiere, il curricolo sperimentale delle competenze digitali dagli 11 ai 16 anni, per il quale è stato chiesto il coordinamento scientifico al gruppo dell’Università di Urbino guidato dal Prof. Giovanni Boccia Artieri e un progetto sperimentale di Social Reading con Twletteratura e Pierluigi Vaccaneo.

Anche la formazione dei Dirigenti Scolastici che sta per partire con fondi PON sarà una partita importante, da giocare con strategie vincenti. Molto più degli Animatori Digitali possono proprio loro, come ci dimostra la storia degli Istituti oggi all’avanguardia nel paese, che sono riusciti a realizzare grandi cambiamenti anche senza avvalersi di risorse dedicate. In quei casi è stata proprio la sensibilità e la tenacia dei dirigenti, la loro capacità di finalizzare ed allocare risorse in progetti strategici, in altre parole la loro leadership trasformazionale a rendere possibile la realizzazione di importanti innovazioni organizzative e didattiche. Anche qui avrà poco senso formarli solo sulla tecnologia digitale, mentre sarà fondamentale costruire la leadership per l’innovazione, formando le competenze ad incidere nella resistenza, a sostenere lo stress, a trasformare organizzazioni notoriamente statiche e ostili al cambiamento. Sarà importante guidare i Dirigenti ad accedere a nuove forme di fundraising, a sensibilizzare la comunità di riferimento per cercare l’alleanza economica degli stakeholders, a partire dalle famiglie, a finalizzare la progettualità di Istituto ad obiettivi strategici. Purtroppo queste linee guida non sono arrivate dal Ministero, forse non ancora, per questo ritengo importante che tutte le scuole polo, cui è demandata questa importante partita culturale, possano riflettere su queste considerazioni.

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